Il momento magico in cui un bambino si alza in piedi e muove i suoi primi passi non è solo frutto dell’ambiente, degli stimoli ricevuti e delle esperienze quotidiane. La genetica gioca un ruolo fondamentale, e ora la scienza lo ha dimostrato. Un ampio studio internazionale che ha coinvolto oltre 70.000 neonati, pubblicato su Nature Human Behaviour, ha identificato 11 marcatori genetici legati all’età in cui i bambini iniziano a camminare. Secondo gli esperti, circa il 25% della variabilità tra un bambino e l’altro è spiegabile attraverso il Dna.
I geni del cammino: un ponte tra sviluppo motorio e cerebrale
Fino ad oggi, si sapeva che i fattori ambientali influenzano quando un bambino inizia a camminare, solitamente tra gli 8 e i 24 mesi. Tuttavia, la base genetica di questo traguardo dello sviluppo non era mai stata mappata con precisione. Uno dei risultati più sorprendenti dello studio è che i geni coinvolti nel camminare sono sovrapponibili in parte agli stessi geni che determinano lo sviluppo del cervello, inclusi quelli legati alla conformazione della corteccia cerebrale. La ricerca ha anche fatto emergere anche un dato curioso: esiste una correlazione genetica tra un inizio più tardivo della deambulazione e un minor rischio di sviluppare l’ADHD (disturbo da deficit di attenzione/iperattività). Secondo Anna Gui, ricercatrice presso l’Università di Roma Tor Vergata e Birkbeck, Università di Londra, questa scoperta è rassicurante: “Spesso i genitori si preoccupano se i loro figli camminano prima o dopo rispetto alla media, ma questo studio dimostra che esiste una forte componente genetica dietro a questa variabilità, e che un inizio più tardivo non è necessariamente indice di problemi”.
Un nuovo orizzonte per la pediatria e la neurologia
Camminare è una tappa fondamentale nello sviluppo infantile e ha un impatto diretto sullo sviluppo neurologico e cognitivo. “I risultati dello studio offrono nuove strade per capire lo sviluppo motorio e cerebrale dei bambini e potrebbero aiutare a migliorare il sostegno per chi presenta disturbi del movimento o dell’apprendimento”, ha scritto Angelica Ronald, docente di Psicologia e Genetica presso l’Università del Surrey e coautrice dello studio. Questa ricerca apre scenari promettenti per la medicina e potrebbe portare a nuove strategie per individuare e supportare i bambini con difficoltà motorie, aiutandoli a trovare il proprio ritmo nel grande viaggio della crescita.
Immaginate un universo in continua espansione, un mondo in miniatura che si sviluppa nel giro di poche settimane. È questa la sorprendente realtà del cervello dei neonati. Un aspetto fondamentale di questa trasformazione riguarda i primi passi del bambino, strettamente legati alla maturazione del sistema nervoso. Inizialmente, i movimenti sono incerti e barcollanti, ma con il passare del tempo diventano sempre più sicuri e coordinati. Questo processo evolutivo non avviene casualmente: è il risultato della strutturazione delle sinapsi cerebrali e della maturazione della guaina mielinica, che rafforzano e isolano le fibre nervose, migliorando la trasmissione degli impulsi.
Recenti studi condotti presso New York University School of Medicine hanno documentato alcuni processi inerenti il cervello dei neonati, che si trasforma in un caleidoscopio di connessioni neurali, un’esplosione di crescita che prepara il terreno alle future capacità cognitive e comportamentali. Questa fase di sviluppo comporta anche i primi movimenti volontari: via via che le sinapsi si strutturano e la mielina si matura, i movimenti diventano progressivamente più precisi e sicuri.
L’interesse per questa indagine risiede nel fatto che, grazie all’uso di risonanze magnetiche funzionali (fMRI) effettuate su un campione di 140 bambini, i ricercatori sono riusciti a osservare direttamente come si organizza il cervello nei primi mesi di vita. La prima autrice dello studio, Lanxin Ji, ha sottolineato l’unicità di questo set di dati: “Con questa ricerca longitudinale, abbiamo l’opportunità di studiare per la prima volta i cambiamenti cerebrali a cavallo della nascita”. E il risultato è sorprendente. Le immagini rivelano che, nelle settimane successive al parto, si verifica una ondata di nuove connessioni neurali, che coinvolge diverse aree cerebrali in modo diverso. Le regioni sottocorticali primitive, responsabili di funzioni vitali come il controllo motorio, la respirazione, l’apertura e chiusura delle palpebre e la digestione, sono tra le prime a ricevere questa esplosione di connettività. È come se il cervello del neonato stesse installando un sistema di cablaggio di base, essenziale per la sopravvivenza.
Anche le parti del lobo frontale, coinvolte nelle funzioni cognitive superiori, sperimentano una crescita esplosiva subito dopo la nascita. E sono proprio i primi passi, incerti e barcollanti, a testimoniare questa fase di maturazione progressiva del sistema nervoso. Con il continuo sviluppo delle sinapsi e la mielinizzazione delle fibre nervose, i movimenti si fanno più sicuri e coordinati. Inoltre, i ponti neurali che collegano le regioni su entrambi i lati del cervello, come le aree sensomotorie bilaterali, si rafforzano e si espandono, creando una rete complessa.
Dopo questa fase di crescita frenetica, il cervello dei neonati inizia un processo di selezione: le connessioni inefficaci vengono eliminate, mentre quelle più utili e funzionali vengono rafforzate. È una sorta di cablaggio intelligente che permette al cervello di ottimizzare la coordinazione motoria, preparando il terreno per future performance sempre più complesse.