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Inquinamento atmosferico e sviluppo cerebrale nei bambini: nuove conferme di effetti a lungo termine

Uno studio su 3.600 bambini nella coorte Generation R di Rotterdam mostra come l’esposizione precoce possa influenzare connettività e morfologia neurale

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Barcellona e dell’Instituto de Salud Global de Barcelona (ISGlobal), supportati dalla Fondazione “la Caixa”, ha evidenziato come l’esposizione all’inquinamento atmosferico nei primi anni di vita possa influire sullo sviluppo delle connessioni cerebrali nei bambini. Lo studio, pubblicato sulla rivista Environment International (Kusters et al., 2025), indica che il particolato fine (PM2.5 e PM10) e gli ossidi di azoto (NO₂ e NOₓ) possono alterare la connettività funzionale tra diverse regioni cerebrali, con potenziali conseguenze a lungo termine sulla maturazione neurologica.

La ricerca si è basata sui dati raccolti dal progetto Generation R di Rotterdam, che segue migliaia di bambini dal momento della nascita fino all’adolescenza, per capire come diversi fattori possano influenzare nel tempo la loro salute.Il team ha analizzato informazioni provenienti da oltre 3.600 bambini, focalizzando l’attenzione sui livelli di inquinanti atmosferici registrati nei primi tre anni di vita di ogni soggetto e sulle misurazioni di connettività cerebrale effettuate tramite scansioni di neuroimmagine a riposo. I ricercatori hanno valutato anche l’esposizione più recente, cioè l’anno precedente alla scansione, per comprendere se esistano effetti cumulativi o interazioni specifiche con lo sviluppo in corso.

Uno degli aspetti centrali dello studio riguarda la connettività funzionale tra regioni corticali e sottocorticali. Il gruppo di ricerca ha osservato che bambini sottoposti a più alti livelli di PM2.5, PM10, NO₂ e NOₓ mostravano una minore integrazione tra aree cerebrali importanti per l’attenzione, la percezione sensoriale e il controllo motorio. In particolare, è emersa una riduzione di connettività tra l’amigdala, coinvolta nella regolazione emotiva, e reti cerebrali legate alle funzioni somatomotorie e all’elaborazione uditiva. Le analisi suggeriscono che un’esposizione prolungata a determinati inquinanti, fin dai primi mesi di vita, possa predisporre a modifiche nella rete neurale, potenzialmente rilevanti per lo sviluppo di capacità cognitive e comportamentali.

Un ulteriore elemento osservato è la persistenza di tali alterazioni a distanza di anni. I ricercatori hanno eseguito scansioni cerebrali intorno ai 10 anni e di nuovo intorno ai 14, rilevando che la minore connettività nelle aree di salienza e medio-parietali, anch’esse esposte a livelli elevati di inquinamento, rimaneva evidente. Secondo la dottoressa Mònica Guxens, coautrice dello studio, questi dati suggeriscono un effetto a lungo termine, poiché le reti cerebrali restano parzialmente modificate anche durante l’adolescenza, fase in cui molte funzioni cognitive e socio-emotive subiscono un notevole rimodellamento.

Oltre a investigare la connettività, il gruppo ha pubblicato un secondo lavoro su Environmental Pollution (marzo 2025) che esamina la morfologia del cervello nei bambini. In questo caso, si è focalizzato in particolare sull’ippocampo, area cruciale per la formazione dei ricordi e l’apprendimento spaziale. Secondo lo studio, un’esposizione più intensa a PM2.5 e a sostanze come il rame (utilizzato come tracciante di attività antropiche) durante la gestazione era associata a un ridotto volume dell’ippocampo all’età di otto anni. Tuttavia, si è osservata anche una crescita compensatoria dell’ippocampo a lungo andare, suggerendo una certa plasticità del cervello nel recuperare il deficit iniziale. Nonostante ciò, i ricercatori sottolineano l’importanza di limitare l’esposizione, poiché rimane aperta la questione su quanto la compensazione risolva o attenui davvero le possibili ripercussioni funzionali.

Il coordinatore dello studio, Sampsa Vanhatalo, evidenzia che l’inquinamento atmosferico rappresenta un fattore di rischio spesso trascurato per le popolazioni infantili. Sebbene alcune aree del cervello mostrino la capacità di recuperare il ritardo di sviluppo, la connettività funzionale alterata suggerisce che l’inquinamento possa esercitare un’influenza meno reversibile su altre aree. Ciò mette in risalto l’urgenza di politiche ambientali più incisive per controllare i livelli di sostanze nocive nell’aria, soprattutto nelle aree urbane densamente popolate.

A sostegno di ciò, numerosi studi epidemiologici indicano una correlazione tra aria inquinata, deficit cognitivi e problemi di attenzione nei bambini. L’interazione tra inquinamento, predisposizioni genetiche e contesti socio-economici complicano ulteriormente il quadro, richiedendo un approccio interdisciplinare per la prevenzione e la mitigazione dei rischi.

Gli autori propongono di estendere la ricerca a gruppi di persone provenienti da popolazioni differenti, incluse regioni con livelli di inquinamento più elevati, per valutare la generalizzabilità dei risultati. Inoltre, intendono esplorare se modifiche dello stile di vita o interventi ambientali (quali la creazione di zone a traffico limitato) possano incidere positivamente sull’integrità delle connessioni cerebrali.

In conclusione, il lavoro del team di ISGlobal indica che l’esposizione all’inquinamento atmosferico, già nelle prime fasi di vita, potrebbe condizionare la formazione e la stabilizzazione delle reti neurali nei bambini, con effetti potenzialmente persistenti nell’adolescenza. Tale scenario rende ancora più urgente la promozione di misure di salvaguardia ambientale, al fine di garantire uno sviluppo cognitivo e cerebrale ottimale per le nuove generazioni.

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