L’aspirina, a basse dosi, può essere un efficace antitumorale: arrivano nuove conferme di questo ruolo dell’acido acetilsalicilico, già studiato e ipotizzato in passato per il cancro del colon, dalla ricerca sul più antico degli antinfiammatori in grado di agire anche come antiaggregante piastrinico e per questo utilizzato in clinica per la prevenzione di ictus e infarti nei soggetti a rischio.
In un recente articolo pubblicato su Nature un gruppo di autori internazionali – tra cui gli italiani Annalisa Contursi dell’Università di Chieti-Pescara, Alberto G. Conti che lavora all’Università di Cambridge, Simone Puccio ricercatore presso il laboratorio di immunologia traslazione dell’Irccs Humanitas di Rozzano, Stefania Tacconelli che lavora a Cambridge e Chieti-Pescara, Annalisa Bruno, del dipartimento di tecnologie innovative in Medicine ed odontoiatria dell’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti-Pescara, Sara Di Berardino e Alessandra De Michele, entrambi dell’Università di Chieti Pescara, Enrico Lugli dell’Humanitas di Rozzano e Paola Patrignani che lavora a Cambridge e professore all’Università di Chieti-Pescara – hanno infatti dimostrato che l’aspirina previene le metastasi limitando la soppressione piastrinica dell’immunità delle cellule T, tramite il TXA2, il trombossano A2, un importante lipide responsabile dell’aggregazione piastrinica, coinvolto dunque nel processo dell’emostasi.
Le metastasi, come è noto, sono un passaggio critico della malattia tumorale che segnano il passaggio da una malattia localizzata ad una sistemica con il via al rilascio, da parte del tumore primario, di cellule cancerose nella via sanguina e linfatica per la perdita del controllo della inibizione da contatto (con altre cellule dello stesso tessuto) dando luogo a cloni di nuovi tumori a distanza. Una fase chiave dunque la metastasi per la cura del paziente che se si instaura aggrava fortemente la prognosi.
Un processo critico nella progressione del cancro, che rappresenta la principale causa di mortalità. Le ricerche sull’immunologia del cancro hanno rivelato che le cellule metastatiche possono essere vulnerabili all’immunità se non beneficiano dell’ambiente immunosoppressivo creato dai tumori in crescita. Una paralisi immunitaria, quest’ultima, che rimanda tra l’altro al paradigma dello sviluppo del tumore secondo un modello di crescita presente nello sviluppo embrionario, quando appunto la crescita di un organismo in parte estraneo nell’utero materno deve essere accompagnata da un blocco della risposta immunitaria della madre agli antigeni non self del padre.
Utilizzare questa vulnerabilità del tumore dunque è la base delle strategie immunoterapiche delle moderne terapie e l’aspirina potrebbe offrire nuove opportunità terapeutiche in questa scia specialmente nei pazienti con cancro in fase precoce per prevenire appunto le metastasi.
Un elemento chiave in questo contesto è il trombossano A2 (TXA2), prodotto dalle piastrine, che esercita un effetto immunosoppressivo sulle cellule T (effettori del sistema immunitario molto potenti contro non solo aggressori microbici come batteri e virus ma anche riconoscendo gli antigeni tumorali). Il trombossano limita la capacità dei linfociti T di attaccare le cellule tumorali metastatiche. Gli Inibitori della cicloossigenasi 1 (COX-1), come l’aspirina, possono dunque potenziare l’immunità contro le metastasi liberando le cellule T dalla soppressione indotta dal TXA2.
Lo studio ha dimostrato che la soppressione di ARHGEF1, un fattore di scambio della guanina e che media questa soppressione immunitaria, aumenta l’attivazione delle cellule T e facilita il rigetto delle metastasi. Limitare dunque il Trombossano A2 attraverso l’uso di aspirina o altri specifici inibitori di COX-1 ha mostrato di ridurre la frequenza delle metastasi, suggerendo un meccanismo immunologico che potrebbe essere sfruttato per sviluppare terapie più efficaci contro le metastasi tumorali.
In sintesi, la ricerca continua a esplorare come manipolare queste vie immunosoppressive per migliorare le strategie terapeutiche e per affrontare le metastasi e migliorare la sopravvivenza dei pazienti oncologici.
Paola Patrignani e il prof Patrono e alcuni loro colleghi spagnoli, intorno ad un tavolo a Madrid, già nel 2011 avevano deciso di sviluppare un lungo processo di ricerca traslazione (biomarker innovativi, modelli animali e studi clinici ed epidemiologici) per sostenere la loro ipotesi nel ruolo delle piastrine e del Trombossano A2 piastrinico nello sviluppo del cancro.