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“L’attività vaccinale sul territorio non deve lasciare indietro nessuno”. L’appello dell’Ufficio Pastorale della salute di Torino

Il nuovo piano nazionale di prevenzione vaccinale, pubblicato ad agosto in Gazzetta Ufficiale, sottolinea il valore etico e sociale delle vaccinazioni; chiede che vengano garantiti la salute pubblica e le coperture stabilite; chiede un governo sulle vaccinazioni per assicurare omogeneità di offerta; che venga monitorato lo stato dell’arte dell’attività vaccinale e che si faccia sistema con tutti gli attori del territorio che hanno in carico il paziente fragile. Perché nessuno deve restare indietro, perché c’è in ballo la salute pubblica. 

La politica, i decisori della sanità e chi tutela i diritti dei pazienti e sta al fianco dei più fragili, si incontrano all’evento organizzato da Motore Sanità, Percorso vaccinale per i malati cronici. Piano nazionale di prevenzione vaccinale e sue applicazioni regionali nell’ambito della vaccinazione dell’adulto – Piemonte”.

Il sistema salute fatica ad andare incontro ai bisogni delle persone, registra lunghe liste di attesa e la sanità privata tende a sostituirsi a quella pubblica. Ci sembra importante in questo momento storico riprendere la filosofia del no-profit che da troppo tempo è trascurata e che a Torino ha sempre avuto organizzazioni di punta a livello italiano, si pensi ai presidi del San Camillo, Don Gnocchi, Fatebenefratelli e, certamente, il Cottolengo: vanno valorizzati, sostenuti, incentivati e potenziati perché possano rendere il loro servizio” spiega don Paolo Fini, Direttore dell’Ufficio Pastorale della Salute della Diocesi di Torino. “Riteniamo che la scelta di una sanità pubblica non debba contrapporsi a quella privata ma chiedere ai servizi a gestione privata di partecipare alla rete dei servizi. Il concetto di rete dei servizi mette le diverse organizzazioni in una linea di collaborazione, è fondamentale partire dalla funzione che organizzazioni a gestione pubblica, no-profit e privata possono svolgere e cioè il loro servizio pubblico. Questa visione, forse, può ampliare il numero, il livello e la tipologia dei servizi, individua le carenze e può orientare la nascita e l’azione dei servizi laddove c’è bisogno”.

“Infine, ci sembra importante – conclude don Fini – prestare attenzione al personale, alla qualità degli ambienti di servizio; l’esodo dei medici e degli infermieri è preoccupante ma secondo noi ha molte cause che non possono essere risolte solo con un miglioramento (pur utile) dal punto di vista salariale. Riteniamo che ci siano difficoltà di organizzazione e cura delle équipe, problematiche formative che riguardano non solo il potenziamento delle capacità e abilità cliniche ma anche delle risorse personali, di senso del servizio, di appartenenza a una organizzazione, di riconoscimento degli sforzi di miglioramento, di formazione al lavoro in team, di azioni sistemiche per la prevenzione cura e riabilitazione dal bourn-out. È certo che il miglioramento delle molteplici condizioni di lavoro produca una diversa motivazione e disponibilità al lavoro personale e in équipe”. 

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