Grazie ad uno studio italiano, pubblicato sulla rivista scientifica “Journal of the American College of Cardiology”, cambiano le linee guida per la diagnosi e la cura in caso di un paziente con l’infarto.
Una coronarografia tempestiva, una procedura di tipo invasivo che consente di visualizzare direttamente le arterie coronarie che distribuiscono sangue al muscolo cardiaco e la compressa anticoagulante solo se serve, ma non in ogni caso.
Sono queste alcune delle nuove linee guida che cambiano, rispetto al passato, nel trattamento della forma più comune di infarto, quella in cui l’arteria non è completamente ostruita.
Questa ricerca, presentata durante il Congresso Europeo di Cardiologia (Esc) che si sta svolgendo in questi giorni, potrebbe cambiare in maniera sostanziale gli standard di intervento per quella che resta una delle cause più frequenti di ricovero ospedaliero.
“Dubius”, questo è il nome dello studio che ha coinvolto oltre 30 centri d’eccellenza italiani, coinvolgendo un totale di circa 1500 pazienti. Gli esperti, nell’affrontare la ricerca, hanno tenuto conto dell’aumento del rischio di emorragie collegato proprio all’utilizzo dell’antiaggregante, proponendo l’utilità di una somministrazione a tutti i pazienti ma solamente attraverso una strategia selettiva, cioè solo dopo che è stata confermata la certezza della diagnosi ottenuta dalla coronarografia.
Ciò che è emerso è che proprio grazie alla coronarografia, entro le 24 ore dall’evento cardiaco e con approccio radiale, ovvero dal polso (invece che dall’inguine), la somministrazione selettiva incide sui risultati più di quanto succeda somministrando immediatamente la terapia farmacologica.