Scintille tra il ministro Orazio Schillaci e le Regioni. L’oggetto del contendere è la mancata applicazione del decreto sulle liste di attesa, un tema che ha provocato una lettera di richiamo inviata al presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga. In mezzo al botta e risposta, i medici di famiglia hanno scelto di schierarsi con Schillaci, mettendo in risalto una spaccatura profonda con le amministrazioni locali.
Nell’ultimo scambio epistolare Schillaci aveva definito “ormai intollerabile” la questione delle liste d’attesa, alla luce del fatto che il decreto imponeva regole precise per smaltire le code interminabili, e sembra come disatteso da tante amministrazioni. Un richiamo che ha suscitato profondo disagio tra i rappresentanti delle Regioni, in difficoltà nel far quadrare i conti. Questi accusano a loro volta il ministero di inerzia rispetto alla ventilata riforma della medicina generale, sostenendo che un intervento tempestivo poteva contribuire a sfoltire le liste di attesa in virtù di una maggiore appropriatezza nelle prescrizioni, e una presenza massiccia dei medici di famiglia nelle Case di Comunità. Tuttavia, il ministro ha risposto a stretto giro ricordando che, dopo un vertice a Palazzo Chigi, le Regioni avevano promesso di avviare un confronto tecnico e di presentare un documento al Governo, ma quel documento è ancora nel limbo.
Sulla questione delle cure primarie, fonti della Conferenza delle Regioni hanno sottolineato che un confronto con il ministero era già stato avviato, e che la promessa di intervento sul territorio risale a quasi due anni fa. A supporto del ministro, i medici di famiglia, per bocca di Silvestro Scotti, segretario generale della Federazione dei Medici di Medicina Generale (Fimmg), hanno dichiarato da che parte stare: “Noi siamo con Schillaci, l’unica inerzia è quella delle Regioni che vogliono sacrificare l’appropriatezza assistenziale ai tagli”. Scotti ha evidenziato come l’Accordo Collettivo Nazionale, e un precedente Accordo stralcio del 2020, avessero previsto la possibilità di realizzare negli studi medici una diagnostica di primo livello, strumento che avrebbe potuto migliorare l’assistenza e sfrontare le liste d’attesa.
Nonostante i fondi stanziati nel 2019, pari a 235 milioni di euro, le risorse per questa iniziativa non risultano ancora utilizzate. Scotti ha accusato le Regioni di voler trasformare il medico di famiglia in un dipendente, il cui operato è condizionato dal contenimento dei costi, e non dai bisogni dei cittadini. La situazione ha portato i medici a richiedere l’intervento della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici per difendere le prerogative della professione.
Diversi governatori si sono espressi nel merito. Attilio Fontana, governatore della Lombardia, ha assicurato un graduale miglioramento delle liste nella sua regione, mentre Vincenzo De Luca, governatore della Campania, ha sottolineato come la sua Regione sia la prima della classe nello smaltimento delle lunghe attese. La questione ha assunto anche una dimensione politica, con il Movimento 5 Stelle che ha giudicato inefficace il decreto per lo smaltimento delle liste d’attesa e il Partito Democratico che ha accusato il ministro di “scaricare la responsabilità sulle Regioni”, dimenticando le responsabilità a monte, visto che sono stati tagliati i fondi alla sanità.
Un ulteriore fronte di scontro è emerso in relazione alla retroattività del decreto sul payback sanitario. La Regione Lombardia, come noto, ha fatto ricorso al Tar, denunciando un danno di 130 milioni di euro. L’assessore al Welfare, Guido Bertolaso, ha parlato di iniquità, mentre Fontana ha rivendicato la “libertà di difendersi”, sostenendo che “la Sinistra è inginocchiata ai partiti, mentre nel centro-destra siamo autonomi”. Il Partito Democratico ha commentato il nuovo scontro sul payback, affermando invece che “sulla sanità ogni giorno si assiste a scontri interni e il caos regna sovrano”.
In questo scenario vengono a galla le fragilità e le incertezze sul futuro del Sistema Sanitario Nazionale in un’epoca di vacche magre. Mentre il ministro ribadisce la sua autorità e il suo approccio alla riforma della Medicina Generale, le Regioni si preparano a difendere la loro autonomia e rivendicare le scelte. I medici di famiglia, in mezzo a questo conflitto, si trovano a dover gestire una situazione complessa. La Fimmg giudica strumentali gli attacchi di chi afferma che il cambiamento dello status giuridico della medicina generale possa sfoltire le liste d’attesa. “Forse chi li sostiene considera appropriata solo una gestione amministrativa. Se invece si desidera una appropriatezza assistenziale, la faccenda cambia radicalmente”, commenta il segretario del sindacato dei medici di famiglia. Con una provocazione, Scotti conclude: “Se invece la riforma che qualcuno si aspetta nasconde il controllo gerarchico precostituito della risposta che un medico possa determinare al bisogno di un suo assistito, allora la suggeriamo noi la vera riforma: assorbiamo la medicina di famiglia come un corpo sanitario dell’Esercito Italiano, qualche presidente ne sarà contento ma bisognerà poi spiegare ai cittadini che come medico avranno un caporale di giornata”.