Solo un forte impegno di tutti gli attori della filiera di cura potrà essere efficace nel combattere le malattie del fegato e le loro ricadute cliniche, economiche, sociali.
Le malattie del fegato croniche rappresentano un’emergenza epidemiologica e clinica sia a livello mondiale che nazionale. I dati del Global Burden of Diseases indicano che nel 2016, nel mondo, sono decedute 828.940 persone per epatocarcinoma e 1.256.850 persone per cirrosi epatica, determinando nello stesso anno rispettivamente circa 20 e 37 milioni di anni di vita persi.
Lo stesso report stima per il 2040 un incremento del numero di decessi per carcinoma epatico e per cirrosi epatica rispettivamente del 100% e del 50%.
Le stime riferite all’Italia sulle persone colpite da cirrosi epatica, 180mila con un tasso di prevalenza dello 0,3% nella popolazione totale, fanno comprendere quale possa essere nel nostro paese l’impatto in termini di mortalità causato da questa malattia cronica multifattoriale, molto spesso sottovalutata a tutti i livelli: ogni anno, 10-15 mila decessi per cirrosi epatica dei 170mila previsti in Europa.
Il 64% di questi sono alcol correlati. Da sottolineare anche che in queste statistiche non sempre vengono considerati i casi di mortalità per cancro al fegato, in gran parte dovuti alla cirrosi.
A questo occorre aggiungere che se la battaglia contro l’Epatite C è vicina ad esser vinta, grazie alle nuove terapie introdotte nell’ultimo quinquennio, se i numerosi successi dei trapianti di fegato nei pazienti candidabili hanno salvato molte vite, questo ha portato e porterà un aumento della sopravvivenza dei pazienti con cirrosi.
Infatti sono oltre 100.000 i pazienti con cirrosi e malattia avanzata già curati dall’epatite C ma ancora a rischio di sviluppare un tumore del fegato, inoltre, ci sono almeno altri 100.000 casi correlati ad altre patologie come alcol, obesità, epatite B e certo non ultima la steatoepatite non alcolica (NASH) che segna un forte aumento.
La conseguenza è che nella vita restituita a molti cittadini, questa condizione di malattia cronicizzata, inciderà in maniera significativa sull’organizzazione socio-assistenziale e sull’impatto economico gestionale dei vari servizi sanitari regionali.
Dopo una fase asintomatica infatti, e proprio per questo pericolosa e spesso sottovalutata, la cirrosi diventa scompensata quando i pazienti sviluppano gravi complicanze come l’ascite, l’insufficienza renale, l’encefalopatia epatica, l’ipertensione portale, la peritonite batterica spontanea, fino ad arrivare all’epatocarcinoma (che nel 2018 secondo i dati del registro AIRTUM in Italia aveva una prevalenza di 33.000 casi accertati e stime di incidenza di 12.800/anno) e al trapianto (che nel 2019 sono stati 1.302 secondo i dati del Centro nazionale trapianti).
Inoltre anche l’impatto economico rappresenta fonte di grande preoccupazione: un dato raccolto negli USA nel 2014 stima i costi diretti annuali in 2,5 miliardi di dollari a cui vanno aggiunti costi indiretti per un ammontare di 10,6 miliardi.
A questo si aggiunga un’altra rilevazione significativa sull’importanza di un buon controllo della malattia ai fini della sostenibilità: nello stadio di malattia compensata (classe Child-Pugh A) i costi risultano 10 volte inferiori rispetto allo stadio di malattia scompensata (classe Child-Pugh C).
In funzione di questo scenario che si prospetta e per non rendere vani i tanti progressi portati dall’innovazione, i percorsi di cura andranno rivisti ed efficientati. Perché l’obiettivo è poter escludere che nel breve-medio termine, le complicanze citate e purtroppo comuni, legate al progredire e cronicizzare della cirrosi, portino il paziente a forme invalidanti o a mortalità.
Il paziente con cirrosi richiede interventi diagnostici e trattamenti profilattici e terapeutici i più vari.
La patologia è complessa, necessita di competenze specifiche e richiede la stretta collaborazione tra specialista, medico di famiglia e caregiver.
A questi ultimi spetta il compito di seguire il paziente, di cogliere per tempo segni e sintomi che denunciano la presenza di una delle pericolose, gravi complicanze che caratterizzano la storia naturale della malattia.
Lo specialista invece deve prestare il proprio intervento per trattare precocemente e al meglio le complicanze cui incorre il paziente cirrotico.
Certo che senza una forte connessione tra questi attori che porti a reciproco, continuo, scambio di informazioni sarà difficile portare evidenti benefici al paziente. Solo un forte impegno di tutti gli attori della filiera di cura potrà essere efficace nel combattere la malattia e le sue ricadute cliniche, economiche, sociali.
Le volete sfogliare il numero dedicato alla cirrosi epatica, seguite questo link.