Intelligenza artificiale e innovazione digitale in aiuto della Sanità ma servono regole per la disciplina dell’atto medico e la formazione.
L’aggiornamento dei contratti per l’area medica non può non tenere conto di alcuni aspetti fondamentali: l’irruzione sulla scena dell’assistenza ospedaliera e territoriale dell’Intelligenza artificiale e dei supporti digitali che da un lato riducono e ridefiniscono la funzionalità resa da un medico al letto del paziente ma dall’altro amplificano le necessità e urgenze nella disciplina dell’atto medico che è e resta, anche da un punto di vista legale e medico-legale, un caposaldo irrinunciabile e che va difeso da ogni punto di vista per non fare dei medici qualcosa che sfugge al loro controllo ma di cui si chiede solo l’assunzione della responsabilità legale.
Perché dobbiamo intenderci su una cosa: un uomo non è e non sarà mai una macchina sia nella relazione di cura e anche nelle infinite possibilità diverse di adattamento a una cura o nella genesi di una patologia.
C’è poi l’aspetto della formazione altrettanto centrale per una platea di colleghi che è mediamente anziana e che non saprebbe efficacemente utilizzare tutti i device oggi disponibili nel tumultuoso panorama dell’innovazione. Ciò detto vale la pena ricordare che il sistema sanitario italiano vive anni cruciali per la sua sopravvivenza e necessita di interventi tanto radicali, strutturali e trasversali quanto urgenti anche per scongiurare il rischio di una metamorfosi verso un sistema privatistico. Basta fare riferimento ai numeri: siamo al quattordicesimo posto come numero di medici in rapporto alla popolazione, i medici italiani sono i più anziani d’Europa il 56% dei medici ha più di 55 anni e 1 su 4 ha più di 65 anni, perdiamo ogni anno una parte degli investimenti nel formare i nostri medici che poi fuggono all’estero perché non trovano le condizioni lavorative ed economiche adeguate e in linea con gli altri paesi europei e di altri continenti (ogni anno si stima fuggano 1500 medici).
In questo scenario trovano terreno fertile le cooperative, segno tangibile della destrutturazione professionale. Medici pagati a cottimo, che lavorano in barba alla legge europea sui riposi e senza una verifica reale delle competenze rispetto agli ambiti di lavoro in cui sono chiamati a praticare la professione. Sono necessari interventi volti a far recuperare l’appeal al nostro sistema ospedaliero: valorizzazione economica (un medico italiano guadagna il 70% in meno di un collega tedesco e il 40% in meno di un inglese) e possibilità di far carriera sono i primi passi necessari a fermare la fuga dal pubblico. Inoltre è necessario ottenere la depenalizzazione dell’atto medico, percorso mai completato che comporta distorsioni come quella della medicina difensiva che assorbe qualcosa come 13-14 miliardi di euro annui che andrebbero rimessi sul sistema per garantire l’innovazione e la ricerca di nuove cure. Serve infine un nuovo modello di lavoro più flessibile, meno intricato e legato da burocrazie e vincoli. Una ricetta semplice, ma con tanti ingredienti che solo attraverso una vera presa di coscienza politica ed etica dei legislatori potranno essere miscelati. Oggi il diritto alla salute dei cittadini è strettamente intrecciato al destino professionale di tutti gli operatori sanitari del SSN. Perciò la battaglia in difesa della sanità pubblica è la battaglia di tutti”.