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Medicina rigenerativa: creato un biomateriale ispirato ai tessuti biologici

Un idrogel sperimentale in grado di autoripararsi apre prospettive per la rigenerazione dei tessuti e la biostampa 3D

Un gruppo di ricercatori della Penn State University ha sviluppato un biomateriale “vivente” con caratteristiche analoghe a quelle dei tessuti biologici, potenzialmente utile in medicina rigenerativa, nella simulazione delle patologie e nella robotica morbida. Lo studio, pubblicato sulla rivista Materials Horizons, descrive la creazione di un idrogel nanocomposito dotato di capacità di autoriparazione e di un comportamento biomeccanico che rispecchia in modo dinamico quello delle matrici extracellulari (ECM).

Le ECM sono strutture che forniscono sostegno e elasticità ai tessuti, regolando al contempo processi come la proliferazione, la comunicazione cellulare e la differenziazione. La complessità della risposta meccanica delle ECM naturali ha rappresentato a lungo una sfida nella progettazione di materiali che ne imitino le funzioni. Secondo quanto riportato nello studio, il nuovo idrogel potrebbe costituire un avanzamento rilevante, poiché riesce a riprodurre la reattività tipica di questi elementi biologici.

Il team guidato dal professor Amir Sheikhi, docente di ingegneria chimica presso la Penn State, ha presentato un idrogel privo di cellule viventi ma capace di comportarsi come se fosse parte di un tessuto naturale. Questa sostanza possiede due proprietà fondamentali:

Irrigidimento da deformazione non lineare: quando il materiale è sottoposto a stress, diventa progressivamente più rigido, come accade nei tessuti biologici che si adattano ai movimenti o alle pressioni esterne.

Autoriparazione: se la struttura viene deformata o danneggiata, è in grado di ristabilire la propria integrità in modo rapido, recuperando la resistenza e la forma iniziali.

La base di questa innovazione risiede nella natura degli idrogeli, sostanze composte principalmente da acqua intrappolata in una rete polimerica. In questo caso, i ricercatori hanno introdotto nanoparticelle “pelose” realizzate con nanocristalli di cellulosa (nLinker). La cellulosa è presente in molte piante ed è nota per le sue caratteristiche di robustezza. Le estremità disordinate di tali nanoparticelle consentono interazioni dinamiche con una matrice biopolimerica a base di alginato modificato, un polisaccaride spesso impiegato in campo medico e alimentare.

Questa configurazione crea una sorta di impalcatura che ricorda un tessuto biologico: da un lato, il materiale risulta flessibile e capace di alterare la propria forma quando viene sottoposto a deformazioni; dall’altro, mantiene sufficiente stabilità per riprendere le condizioni originarie una volta terminato lo stress.

Secondo i ricercatori, il comportamento non lineare del materiale significa che, quando sottoposto a pressione o stress, non si deforma in modo uniforme, ma diventa progressivamente più rigido. Questo meccanismo è simile a quello dei tessuti biologici, che si adattano agli stimoli meccanici rinforzandosi sotto carico. Questa caratteristica è fondamentale per imitare la risposta naturale delle ECM e rendere il materiale più realistico nelle applicazioni biomediche.

Per verificare le proprietà dell’idrogel, il team ha eseguito test reologici, volti a misurare la deformazione del materiale in funzione di diverse sollecitazioni. Gli esperimenti hanno evidenziato che la sostanza recupera rapidamente la propria coesione dopo un danno, ripristinando la resistenza meccanica necessaria a sopportare ulteriori sollecitazioni. Questo processo di “guarigione” interna è considerato paragonabile a quanto avviene nei tessuti, che ripristinano gradualmente la propria struttura in seguito a piccoli traumi.

Le peculiarità di questo biomateriale lo rendono adatto a una serie di possibili utilizzi:

Medicina rigenerativa: L’idrogel potrebbe fungere da impalcatura per la coltura di cellule destinate alla ricostruzione di cartilagini, muscoli o altri tessuti danneggiati.

Test sui farmaci: Nel campo della ricerca farmaceutica, i composti vengono spesso testati su colture cellulari in laboratorio. Un supporto che riproduca fedelmente l’ambiente biologico potrebbe fornire risultati più affidabili, riducendo in parte la necessità di sperimentazione su animali o esseri umani nelle prime fasi.

Robotica morbida: I robot costruiti con materiali flessibili beneficerebbero di una sostanza capace di autoripararsi e di irrigidirsi sotto stress, allungandone la durata e consentendo maggiore adattabilità a superfici irregolari o a movimenti imprevisti.

Biostampa 3D: La realizzazione di organi o strutture anatomiche attraverso la stampa 3D richiede idrogeli stabili ma reattivi. Questa nuova tecnologia potrebbe facilitare la creazione di impianti più “realistici” e funzionali.

Il prossimo obiettivo dei ricercatori sarà la personalizzazione chimica del biomateriale in funzione dei diversi tipi di tessuto, mediante l’aggiunta di fattori di crescita o di altre sostanze biologicamente attive. È prevista, inoltre, la valutazione dell’impiego in vivo, per stabilire se la sostanza sia effettivamente biocompatibile e in grado di interagire con le cellule senza provocare risposte immunitarie avverse.

Secondo il professor Sheikhi, l’obiettivo finale del gruppo di ricerca è mettere a punto “materiali che possano essere usati direttamente nella rigenerazione dei tessuti e in altre applicazioni mediche avanzate”. Questo concetto, ispirato alla natura, punta a unire flessibilità e resistenza in un’unica struttura, consentendo la realizzazione di dispositivi medici più affidabili e di ambienti di coltura cellulare che replichino fedelmente le condizioni dei tessuti reali.

Il biomateriale illustrato nello studio costituisce un esempio di come la combinazione di nanotecnologie e chimica dei polimeri possa generare soluzioni innovative per diversi settori, dalla robotica alla medicina rigenerativa. L’interesse da parte di ricercatori e aziende potrebbe tradursi, in futuro, nell’adozione di questi idrogeli come standard per la progettazione di materiali ispirati ai tessuti biologici, con implicazioni significative in ambito clinico e industriale.

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