La questione delle lunghe liste d’attesa oggi è su tutti i giornali, rappresenta uno dei temi più controversi e sentiti per quanto riguarda la nostra salute. Attendere mesi per una visita specialistica o un esame diagnostico strumentale è, purtroppo, una realtà che fa venire meno la fiducia nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e mette in crisi la sostenibilità di un sistema che ambisce a essere equo e universale. E mentre i cittadini si lamentano, le Regioni cercano di rincorrere soluzioni improvvisate, spesso con risultati deludenti.
Il governo, a Roma, ha cercato di dare una risposta strutturata con il decreto che impone misure pratiche per la riduzione dei tempi delle liste d’attesa, l’anno scorso. Tuttavia, i progressi ottenuti sono ancora parziali o in divenire, la cartina di tornasole potrebbe venire con la piattaforma nazionale Agenas, che promette di monitorare e ottimizzare la gestione degli appuntamenti in tutte le Regioni, smascherando i motivi per cui si crea l’imbuto. Ma il problema resta complesso e sfaccettato, con alcune regioni più avanti nell’applicazione di nuove misure e altre che arrancano, frenate soprattutto dalla carenza strutturale di personale medico e infermieristico.
Le misure adottate e i primi risultati
Tra le strategie messe in campo per affrontare questa emergenza figurano orari estesi – visite ed esami effettuati anche in serata e nei fine settimana – e un maggiore coinvolgimento delle strutture private accreditate. Inoltre, si stanno sperimentando nuovi sistemi di ripescaggio per recuperare visite disdette all’ultimo momento, evitando che slot preziosi restino inutilizzati per dei forfait dati all’ultimo momento: succede infatti che un appuntamento arrivi mesi dopo la richiesta, e quando arriva il giorno fatidico della convocazione molti, nel frattempo, si sono dimenticati.
Gli espedienti adottati per lo smaltimento del lavoro arretrato sono tanti. In Piemonte, sono state effettuate 8.000 prestazioni aggiuntive tra gennaio e oggi grazie agli orari prolungati. Nel Lazio, la centralizzazione del Cup (Centro Unico di Prenotazione) ha portato a un recupero di produttività e a una riduzione dei tempi d’attesa. Il Veneto si distingue come esempio virtuoso: le prestazioni “B” (da erogarsi entro 10 giorni) sono state azzerate, e quelle “D” (entro 30 giorni) ridotte dell’87%. Questi risultati sono stati possibili grazie a un incremento del personale del 5% e all’apertura delle strutture serali e nel weekend.
Altre Regioni, come l’Emilia Romagna, hanno investito risorse significative per abbattere le liste: 50 milioni di euro hanno permesso di erogare 1,5 milioni di prestazioni aggiuntive nel 2024 rispetto al 2023. In Basilicata, invece, i 4,6 milioni di euro stanziati sono stati utilizzati sia per il pubblico sia per il privato accreditato, pur continuando a soffrire la carenza di personale.
Il ruolo della carenza di personale
Nonostante gli sforzi, il vero nodo rimane la mancanza di medici e infermieri. La pressione su un personale già ridotto all’osso ha portato a un aumento del carico di lavoro, rendendo difficile implementare in modo efficace i piani regionali. In Sicilia, ad esempio, nonostante iniziative mirate, si registrano ancora criticità significative, come gli arretrati nei referti istologici e decine di migliaia di persone in attesa di ricovero o visite diagnostiche. Una situazione analoga si verifica in Trentino-Alto Adige, dove malgrado i miglioramenti per le visite prioritarie, le liste per quelle non prioritarie restano lunghe.
Il coinvolgimento degli specializzandi, come accade in Calabria, rappresenta un tentativo di tamponare l’emergenza. Tuttavia, questo approccio non è sostenibile nel lungo periodo e rischia di sovraccaricare giovani professionisti alle prime armi.
La piattaforma nazionale: una soluzione all’orizzonte?
Il progetto della piattaforma nazionale Agenas, atteso a breve, è visto come uno strumento cruciale per uniformare e razionalizzare la gestione delle liste d’attesa. Il ministro, Orazio Schillaci, ha evidenziato che questa piattaforma permetterà di monitorare in tempo reale la situazione in tutte le Regioni, intervenendo laddove ci sono problemi più critici. Tuttavia, la sua efficacia dipenderà dalla capacità delle Regioni di collaborare e implementare le soluzioni suggerite.
Sostenibilità e prospettive future
La questione delle liste d’attesa è, in ultima analisi, un problema di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale. Le Regioni hanno dimostrato che soluzioni creative e impegno possono portare a risultati tangibili, ma senza un intervento sistemico e un aumento delle risorse, il rischio è di ricadere nei soliti ritardi e disservizi.
In un contesto in cui le diseguaglianze territoriali sono ancora marcate, è essenziale che il governo centrale e le amministrazioni regionali lavorino insieme per garantire un servizio sanitario che risponda davvero ai bisogni dei cittadini. Solo con una visione condivisa e investimenti adeguati si potrà costruire un SSN più efficiente ed equo.