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Prevenzione, Italia fanalino di coda nel G7. Ma grazie alle vaccinazioni si può migliorare

La salute, un tema cruciale che merita attenzione continua, soprattutto in tempi di crisi. I vaccini, in particolare, sono una delle armi più efficaci nella prevenzione di malattie potenzialmente letali. Tuttavia, nonostante le raccomandazioni delle istituzioni sanitarie, l’Italia continua a investire poco nella prevenzione e nelle vaccinazioni.

Secondo dati aggiornati, l’Italia ha destinato alla prevenzione solo il 4,5% della spesa sanitaria nel 2023. Siamo ben al di sotto della media dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). L’Italia si colloca all’ultimo posto all’interno del G7. Per fare un confronto, spendiamo 193,26 euro per abitante, rispetto ai 213,18 euro della media europea. Questi sono i fatti, la spesa sanitaria per la prevenzione è calata del 18,6% nel giro di un anno, passando da 10 miliardi a 8 miliardi e 453 milioni di euro l’anno scorso.

La stretta sui fondi per la prevenzione ha implicazioni dirette sulla salute della popolazione, in particolare in una Italia che invecchia rapidamente. Più del 24% della popolazione ha più di 65 anni, e di questi, circa la metà soffre di malattie croniche. La mancanza di investimenti negli screening può portare a un maggiore carico per il sistema sanitario.

Esperti come Francesco Cognetti, presidente della Federazione tra Oncologi Cardiologi ed Ematologi, sottolineano che è prioritario potenziare le vaccinazioni per tutte le fasce d’età e migliorare i programmi di screening per il cancro. I tassi di adesione a questi programmi sono ancora insufficienti. Per esempio, nel 2023, solo un over 50 su tre ha partecipato alla ricerca del sangue occulto nelle feci. Le statistiche relative agli screening per il cancro al seno e al collo dell’utero sono analogamente preoccupanti: solo il 53% delle donne ha effettuato la mammografia e il 46% ha partecipato al test HPV o al Pap test.

L’Unione Europea ha fissato obiettivi ambiziosi nel suo Beating Cancer Plan, chiedendo a tutti di raggiungere una copertura del 90% per i programmi di screening entro il 2025. Tuttavia, l’Italia è lontana da questo traguardo. I dati mostrano che, nonostante gli esami siano gratuiti, la partecipazione rimane bassa, il che è inaccettabile considerando l’importanza cruciale della diagnosi precoce nella lotta contro i tumori.

Un esempio emblematico è la vaccinazione contro il Papilloma Virus (HPV), che potrebbe eradicare oltre 7.500 casi di tumore all’anno in Italia. Nonostante la gratuità della vaccinazione per gli adolescenti, la copertura rimane del 45% per la coorte del 2011 e del 60% per quella del 2010, ben lontano dalla soglia del 95% suggerita dall’OMS. Questo gap evidenzia la necessità di campagne informative più incisive e una mobilitazione collettiva per sensibilizzare la popolazione.

È evidente che la situazione attuale richiede un intervento deciso da parte delle istituzioni. Gli esperti chiedono politiche coerenti, con l’implementazione di campagne informative e un aumento dei fondi destinati alla prevenzione. La bocciatura in Parlamento di un emendamento che prevedeva uno stanziamento di 6 milioni di euro per estendere lo screening mammografico a fasce d’età cruciali è un esempio lampante degli effetti dei tagli, chi può paga di tasca sua liberando posti da riservare ai meno abbienti.

Veniamo al vaccino esavalente, che protegge i bambini da malattie potenzialmente letali come difterite, tetano, pertosse, poliomielite, epatite B e infezioni da Haemophilus influenzae tipo b. Questa immunizzazione di massa rappresenta un esempio emblematico della necessità di una copertura vaccinale adeguata. Con una raccomandazione di copertura del 95%, il dato del 91% raggiunto nel 2022 risulta insufficiente e preoccupante. “L’incremento di malattie come il morbillo, che può avere conseguenze gravi anche per gli adulti, è un chiaro segnale che non possiamo ignorare”, avverte Alberto Villani, Direttore della Pediatria dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma. La protezione dei giovani è una necessità collettiva che tutela la salute di tutta la comunità.

La prevenzione attraverso le vaccinazioni deve fare leva pure sugli adulti. Massimo Andreoni, Direttore Scientifico della SIMIT, sottolinea che le coperture vaccinali per l’influenza stagionale e il pneumococco sono ben al di sotto delle soglie raccomandate. “Solo poco sopra il 50% degli adulti si vaccina contro l’influenza, mentre per il pneumococco non arriviamo nemmeno al 30 per cento”, afferma lo specialista delle malattie infettive. La situazione è critica per l’Herpes Zoster, con una copertura di appena il 5%. Questi dati non solo evidenziano anche un potenziale spreco di risorse economiche: si stima che l’aumento delle coperture vaccinali potrebbe evitare costi fino a 10 miliardi di euro per il sistema sanitario.

Il Covid-19, sebbene percepito da molti come un problema ormai risolto, continua a richiedere attenzione. Giovanni Rezza, professore straordinario di Igiene presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, mette in luce che solo il 16% degli ultraottantenni si è vaccinato per la stagione 2023-24, un dato che pone l’Italia in una posizione critica in Europa. “La vaccinazione rimane un elemento chiave per proteggere i più fragili e ridurre il rischio di forme gravi della malattia”, afferma Rezza.

Sergio Abrignani, ordinario di patologia generale all’Università di Milano, evidenzia un problema ancora più ampio: l’ingiustificata diffidenza verso i vaccini. “È necessario sostenere il metodo scientifico e contrastare le teorie anti-scientifiche che si diffondono tra la popolazione”, afferma. La scienza ha dimostrato la sua efficacia nel combattere pandemie e malattie, eppure, la paura e la disinformazione sembrano aver preso piede, minando la fiducia nelle istituzioni sanitarie. In questo contesto, è cruciale promuovere campagne di sensibilizzazione che informino correttamente la popolazione.

La conclusione di Francesco Cognetti, primario di oncologia, è netta: la prevenzione è una Cenerentola, e non basta investire maggiori risorse economiche. “È necessaria una vera rivoluzione culturale”, afferma. Le campagne di informazione devono affrontare le false credenze e la diffidenza ingiustificata, come dimostrato dai ritardi nella vaccinazione di gestanti e neonati contro il virus respiratorio sinciziale, che hanno avuto conseguenze devastanti.

In definitiva, la prevenzione e le vaccinazioni rappresentano un presidio che va oltre il singolo individuo. È essenziale unire le forze tra esperti, istituzioni e cittadini per costruire una società più consapevole e protetta, capace di affrontare le sfide sanitarie del presente e del futuro. La salute è un bene comune, e investire nella prevenzione è il primo passo per garantirla.

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