La dizione “triplo negativo” contraddistingue una forma di tumore al seno tra le più difficili da trattare, denominata appunto tumore al seno triplo negativo (TNBC), una variante aggressiva che colpisce ottomila donne ogni anno in Italia. Questa tipologia si distingue dagli altri tumori mammari perché non esprime i tre principali recettori che solitamente guidano le terapie mirate: gli estrogeni (ER), il progesterone (PR) e il recettore HER2. Di conseguenza abbiamo neoplasie indifferenti alla terapia ormonale che nemmeno risponsono ai farmaci anti-HER2. Oltre al TNBC, esistono altre forme di tumore del seno particolarmente aggressive, tra cui quelle con mutazioni genetiche come Esr1 e Pik3Ca. Gli studi presentati al meeting ASCO di quest’anno hanno preso in considerazione le novità, e sottintendono la crescente importanza dei test genomici finalizzati al trattamento personalizzato.
Uno degli avanzamenti più significativi riguarda l’utilizzo degli anticorpi farmaco-coniugati, una tecnologia che combina la precisione degli anticorpi monoclonali con l’efficacia di un potente agente chemioterapico. Lo studio internazionale di fase 3 Ascent-04/Keynote-D19, presentato a Chicago, ha analizzato l’efficacia del trattamento con sacituzumab govitecan in combinazione con pembrolizumab, rispetto alla terapia standard (chemioterapia più pembrolizumab). I dati raccolti su 443 pazienti in 26 nazioni mostrano una sopravvivenza libera da progressione di 11,2 mesi, rispetto a 7,8 mesi nel gruppo trattato con la terapia standard, e riduzione del rischio di progressione della malattia del 35% rispetto allo standard di cura. “Quasi la metà delle pazienti con TNBC non riesce a ricevere un altro trattamento oltre la prima linea, evidenziando la forte necessità di cure innovative”, afferma Michelino De Laurentiis, uno dei principali autori dello studio. “Per la prima volta, una terapia basata su tecnologia Protac dimostra efficacia clinica. Questa nuova affascinante tecnologia farmacologica sfrutta il proteasoma, una sorta di spazzino naturale delle cellule, costringendolo a distruggere molecole che servono al tumore per crescere, in questo caso il recettore per gli estrogeni”. Questo nuovo modo di affrontare il cancro funziona e apre, in prospettiva, ulteriori nuovi scenari terapeutici sia nel tumore al seno, sia in altri organi o tessuti.
Oltre al tumore triplo negativo esistono forme di cancro al seno con una prognosi meno favorevole legate a specifiche mutazioni genetiche, e tra le più rilevanti possiamo citare le mutazioni dei geni Esr1 e Pik3Ca. In particolare il tumore al seno positivo al recettore degli estrogeni (ER+) e con mutazione Esr1 pone una questione cruciale: quando la malattia diventa resistente alle terapie endocrine tradizionali, le possibilità di trattamento si riducono drasticamente. Lo studio Veritac-2, condotto in 213 centri clinici in 26 nazioni, ha analizzato l’efficacia di vepdegestrant, il primo farmaco della nuova classe basata sulla tecnologia Protac, che sfrutta il proteasoma per eliminare molecole essenziali alla crescita del tumore. I risultati dello studio, pubblicati sul New England Journal of Medicine, indicano una riduzione del rischio di progressione della malattia o di casi a prognosi infausta del 43% rispetto alle terapie standard, e miglioramento della sopravvivenza libera da progressione, con benefici significativi per le pazienti. “Questi risultati rappresentano un grande passo avanti nel trattamento dei tumori al seno con mutazione Esr1,” afferma De Laurentiis. “La tecnologia Protac ha dimostrato di funzionare, aprendo la strada a nuove possibilità terapeutiche anche per altri tipi di tumore.”
Un altro tumore mammario avanzato positivo al recettore degli estrogeni (ER+), ma caratterizzato dalla mutazione del gene Pik3Ca, è anch’esso particolarmente difficile da trattare. Lo studio Inavo120 ha analizzato l’efficacia di inavolisib, un inibitore selettivo di Pik3Ca, combinato con le terapie standard. I risultati hanno evidenziato una riduzione del rischio di progressione della malattia del 33% rispetto alle terapie tradizionali, tanto è vero che il trattamento con inavolisib ha permesso alle pazienti di posticipare il ricorso alla chemioterapia di circa 35 mesi, rispetto ai 12 mesi del gruppo trattato con la terapia standard. “Riuscire a ritardare la chemioterapia di quasi due anni è un risultato straordinario”, sottolineano gli autori dello studio. “Le pazienti possono affrontare la malattia con un trattamento meno invasivo, mantenendo una buona qualità di vita per un periodo più lungo”. Queste indagini dimostrano il valore delle terapie mirate, senza trascurare l’importanza dei test genomici, che consentono di identificare quali pazienti possono trarre massimo beneficio da trattamenti specifici.
Tornando al cancro mammario denominato TNBC, “quasi la metà delle pazienti con tumore della mammella triplo negativo non riesce a ricevere un altro trattamento oltre la prima linea, evidenziando la forte necessità di cure innovative in questa popolazione”, ha sottolineato Giuseppe Curigliano, presidente eletto della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO). “Lo studio Ascent ha dimostrato l’efficacia della combinazione di sacituzumab govitecan con pembrolizumab in prima linea nella malattia avanzata Pd-L1 positiva”, continua Curigliano. “I risultati mostrano un miglior controllo della malattia e una migliore tollerabilità rispetto alla terapia standard”. La terapia basata su Sacituzumab govitecan cavalca un anticorpo per raggiungere un bersaglio specifico sulle cellule tumorali, trasportando un potente chemioterapico direttamente nel sito del tumore. Questo duplice meccanismo permette da una parte di ottenere un forte effetto antitumorale, dall’altra di ridurre la tossicità, poiché il farmaco colpisce meno cellule sane rispetto alla chemioterapia standard.
Oltre ai dati dello studio Ascent-04, il meeting ASCO ha anche anticipato i risultati dello studio Ascent-03, che verranno presentati al prossimo congresso ESMO. In questa analisi, sacituzumab govitecan ha mostrato un vantaggio significativo in efficacia rispetto alla chemioterapia, nel trattamento di prima linea delle pazienti con malattia metastatica non eleggibili all’immunoterapia. Secondo i ricercatori, questi risultati potrebbero portare sacituzumab govitecan a diventare la nuova colonna portante delle terapie per il tumore triplo negativo avanzato, ridefinendo gli standard di cura. Dunque, si è visto, il tumore al seno triplo negativo è una patologia complessa, ma le recenti innovazioni stanno cambiando le prospettive di trattamento. Nel 2024, in Italia, sono state stimate 53.700 nuove diagnosi di tumore al seno, confermandolo come il tumore più frequente nella popolazione. “Consideriamo che circa il 15% della casistica presenta un fenotipo triplo negativo, privo di espressione dei recettori ormonali e del recettore HER2”, ha dichiarato Francesco Perrone, presidente dell’Associazione Italiana Oncologia Medica (AIOM). “Questo tipo di tumore non risponde alla terapia ormonale né ai farmaci HER2-targeted, rendendo indispensabile la ricerca di strategie terapeutiche alternative”.
Grazie ai nuovi farmaci, in particolare l’immunoterapia e gli anticorpi farmaco-coniugati, il panorama terapeutico sta evolvendo rapidamente, con prognosi meno sfavorevoli rispetto a prima. Tali progressi segnano una nuova fase nella lotta contro il tumore al seno triplo negativo, offrendo speranza e prospettive migliori per migliaia di donne.