Un sistema sviluppato da tre università statunitensi riesce a distinguere i pollini più simili, con possibili benefici per la salute pubblica, la ricerca ecologica e la pianificazione urbana
Distinguere i granuli di polline di abeti, pini e abeti rossi al microscopio è un compito difficile, quasi quanto riconoscere due gemelli identici. Le differenze tra questi minuscoli elementi sono così sottili che neppure le lenti più sofisticate bastano a classificarli con precisione. Tuttavia, una nuova tecnologia potrebbe rivoluzionare il settore: un sistema di intelligenza artificiale sviluppato da un team di ricercatori delle università del Texas ad Arlington (UTA), del Nevada e del Virginia Tech promette di facilitare l’identificazione del polline, con implicazioni rilevanti per la salute pubblica, la ricerca ecologica e l’agricoltura.
Il nuovo studio, pubblicato sulla rivista Frontiers in Big Data, è stato condotto da Behnaz Balmaki, docente di biologia alla UTA, in collaborazione con Masoud Rostami della Divisione di Data Science della stessa università. Utilizzando nove diversi modelli di deep learning, il team ha analizzato campioni storici conservati presso il Museo di Storia Naturale dell’Università del Nevada. I risultati hanno mostrato che l’intelligenza artificiale può classificare i pollini con una velocità e una precisione superiori rispetto ai metodi tradizionali.
Secondo Balmaki, avere accesso a dati più precisi su quali specie producano polline e in quali momenti dell’anno potrebbe aiutare a gestire meglio i problemi legati alle allergie stagionali. Gli urbanisti, per esempio, potrebbero selezionare specie vegetali meno allergeniche da piantare in aree sensibili come parchi, scuole e ospedali. Allo stesso tempo, i servizi sanitari pubblici potrebbero usare questi dati per programmare meglio le campagne di informazione e emettere allerte stagionali più precise, aiutando le persone allergiche a ridurre l’esposizione al polline e gestire meglio i sintomi.
Ma le applicazioni vanno ben oltre la salute umana. L’analisi del polline è da tempo utilizzata per ricostruire la storia degli ecosistemi. I granuli conservati nei sedimenti lacustri o nelle torbiere forniscono informazioni sulle comunità vegetali del passato, rivelando come esse abbiano reagito ai cambiamenti climatici naturali. La possibilità di identificare il polline più velocemente e con maggiore precisione potrebbe migliorare le capacità predittive degli scienziati sugli effetti futuri del cambiamento climatico.
“Anche con microscopi ad alta risoluzione, le differenze tra pollini sono minime”, spiega Balmaki. “L’uso dell’apprendimento profondo non solo accelera il processo, ma apre anche la strada a ricostruzioni più dettagliate e a un monitoraggio ambientale su scala molto più ampia”.
Tra gli altri benefici citati c’è anche il potenziale impatto in campo agricolo. Secondo gli autori, variazioni nella composizione del polline possono rivelare cambiamenti nella vegetazione, nei livelli di umidità del suolo e persino tracciare eventi passati come incendi boschivi, che alterano profondamente la flora locale. Gli agricoltori potrebbero utilizzare queste informazioni per monitorare le tendenze ambientali e adattare le loro strategie di coltivazione, contribuendo così a una gestione più sostenibile delle risorse naturali.
Inoltre, conoscere la distribuzione delle specie vegetali è utile per la conservazione di insetti impollinatori come api e farfalle, che dipendono da determinati habitat floreali. L’intelligenza artificiale potrebbe dunque diventare uno strumento chiave anche per proteggere la biodiversità e mantenere l’equilibrio degli ecosistemi locali.
Il sistema di classificazione basato sull’IA ha dimostrato prestazioni particolarmente promettenti quando applicato a campioni di polline di conifere. “Il deep learning ha superato le tecniche convenzionali non solo per velocità, ma anche per accuratezza”, afferma Balmaki. Tuttavia, precisa che la tecnologia da sola non basta: servono ancora campioni ben preparati e una comprensione approfondita del contesto ecologico. “Non si tratta solo di macchine: è una collaborazione tra tecnologia e scienza”, conclude.
Per il futuro, i ricercatori intendono espandere l’applicazione del loro sistema a una gamma più ampia di specie vegetali. L’obiettivo è creare una piattaforma di identificazione del polline utilizzabile in varie regioni degli Stati Uniti, in grado di supportare studi climatici, agricoli e sanitari su larga scala.
Combinare le conoscenze botaniche con l’intelligenza artificiale permette di interpretare il polline come un indicatore prezioso della salute ambientale, con applicazioni che vanno dalla gestione delle allergie alla tutela degli ecosistemi, tanto nelle città quanto nei paesaggi agricoli e boschivi.