La amiloidosi cardiaca, come altre patologie, può insorgere a causa di un accumulo scorretto di proteine.
Essa è determinata dall’accumulo dannoso nell’organismo di una sostanza che si chiama amiloide che è composta da proteine che, per cause diverse, si sviluppano in maniera anomala.
Esistono diverse forme di amiloidosi e ognuna è dovuta ad una specifica proteina difettosa. Uno degli organi principalmente coinvolti è il cuore, per questo motivo si parla di amiloidosi cardiaca.
Che cos’è, come si fa la diagnosi e come si può curare ce le spiega Paola Lusardi dell’Ambulatorio scompenso cardiaco e cardiomiopatie al Maria Pia Hospital GVM Care & Research di Torino.
«L’amiloidosi è una malattia sistemica di difficile diagnosi e complessità di trattamento. Il ritardo diagnostico fa sì che l’intervento del cardiologo si debba spesso limitare alle terapie di supporto, quando la malattia è già in fase avanzata. La tipizzazione in fase diagnostica è fondamentale al fine di impostare il programma terapeutico, estremamente differente nell’amiloidosi AL rispetto all’amiloidosi da transtiretina».
Andrea Vaccari è un paziente e presidente dell’Associazione fAMY nata 13 anni fa quando ha iniziato ad avere dei problemi all’età di 38 anni. Andrea spiega quali sono i bisogni dei pazienti con amiloidosi cardiaca.
«Sono anche un paziente con un interessamento cardiaco, oculare e neuropatico, per questo un paio di anni fa abbiamo deciso di interessarci anche alle amiloidosi “wild type”, che hanno le stesse problematiche di infiltrazione a livello cardiomiopatico. Si utilizzano praticamente gli stessi farmaci, le problematiche sono le stesse, così come gli stessi sono i medici, di conseguenza siamo orientati anche verso questa esigenza. All’epoca la malattia anche in Italia era sì conosciuta, ma ci trovavamo di fronte alla mancanza di farmaci. La situazione ad oggi è cambiata.I farmaci ci sono, ci sono aziende farmaceutiche che sono interessate alla nostra patologia e questo è una sorta di sogno. È il momento quindi di fare del tam-tam e di coinvolgere i pazienti con amiloidosi di transtiretina ereditaria, stimati in circa 500 pazienti, la malattia è estremamente rara, e altri pazienti con amiloidosi wild type. Bisogna lavorare con i medici, le istituzioni, le aziende farmaceutiche per cercare di creare attenzione su questa malattia che, potenzialmente, interessa 25-30mila pazienti in Italia e per la quale è fondamentale intervenire nel suo stadio iniziale».
Purtroppo moltissimi pazienti si trovano in uno stadio avanzato, dove la loro qualità di vita è molto compromessa. L’appello dell’Associazione fAMY: «Bisogna accelerare quando si va a fare una scintigrafia, occorre avere una diagnosi della malattia in tempi stretti e anche avere un accesso ai farmaci in tempi rapidi».
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