Di Domenico Miceli*
L’ipertensione arteriosa non è una malattia, ma un fattore di rischio, analogamente alla familiarità per malattie di cuore, al colesterolo alto, al fumo, all’eccesso di peso e soprattutto al diabete.
La malattia che eventualmente si sviluppa a seguito di una ipertensione arteriosa non controllata da stile di vita corretto o terapia consiste nel cosiddetto danno d’organo, ovvero delle complicanze a carico essenzialmente di cuore (cardiopatia ipertensiva), rene (danno renale fino alla insufficienza ossia il malfunzionamento) e cervello (danno cerebrale dal decadimento cognitivo fino all’ictus).
I valori normali di pressione massima e minima per un individuo adulto vanno compresi fra 120/80 e 140/80. Uno scostamento verso l’alto di questi parametri, sia della massima che della minima o isolatamente solo dell’una o dell’altra, ci fa entrare nel campo della ipertensione che, a seconda dei valori, definiremo lieve, moderata o severa, definizione che comporta decisioni terapeutiche diverse. Ma proprio per l’ipertensione, che comporta l’assunzione del farmaco o dei farmaci per tutta la vita, esiste il problema dell’aderenza, ovvero un comportamento del paziente che rispetti tutte le indicazioni ed assuma i farmaci secondo quanto raccomandato dalla ricetta prescritta dal medico, ma in pratica una percentuale fino al 40% di pazienti riduce autonomamente o addirittura sospende la terapia. Per questo motivo sono nate le polipillole, cioè la combinazione di più farmaci in un’unica compressa, che
possono agevolare l’aderenza perché più facile, semplice e pratica da attuare, specie in quei casi in cui sono presenti più farmaci da assumere.
E’ importante che i pazienti sappiano che le terapie per l’ipertensione non vanno gestite in autonomia, che riduzioni e sostituzioni sono sempre possibili ma vanno concordati con il medico.
- specialista in cardiologia





