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Cancro dell’ovaio e dell’endometrio: Nuove cure aumentano la sopravvivenza anche nelle forme metastatiche

Cancro dell’endometrio e dell’ovaio, ci sono nuove cure e approcci terapeutici innovativi su cui hanno acceso i riflettori diverse sessioni del congresso europeo di Oncologia che si è concluso nei giorni scorsi a Berlino sotto l’egida dell’Esmo la Società europea di Oncologia. Al congresso sono stati evidenziati i bisogni irrisolti dei pazienti oncologici lungo-viventi che in Europa sono oltre venti milioni. In Italia, nel 2024, circa 10mila donne hanno scoperto di avere un tumore all’endometrio, circa 2.500 al collo dell’utero (o cervice), più di 5.200 all’ovaio.
Tra questi molte donne che sono riuscite a cronicizzare una neoplasia all’utero e all’ovaio grazie al fatto che la clinica e la ricerca stanno comprendendo i più intimi meccanismi alla base del mantenimento e della perdita dello stato differenziato.

Ma andiamo con ordine: la premessa è che parliamo delle neoplasie più comuni della sfera genitale femminile, distinte ma altrettanto temibili ognuna con sintomi, cause e cure specifiche. Cure che sono in grado di allungare la vita o di cronicizzare la malattia e in alcuni casi anche di guarire le lesioni se praticate precocemente e insieme alla chirurgia. Ma la ricerca e l’innovazione fanno passi da gigante anche per il trattamento delle forme avanzate e metastatiche.

ENDOMETRIO
Il tumore dell’endometrio colpisce la mucosa che riveste la camera interna dell’utero: Il sintomo più comune è il sanguinamento non legato ovviamente al ciclo mestruale che invece è l’espulsione ciclica della mucosa dopo una preparazione ad accogliere il prodotto del concepimento quando questo non avviene durante la vita fertile di una donna. Si presenta soprattutto dopo la menopausa. Il tumore dell’ovaio invece colpisce le cellule delle ovaie ((epiteliali, germinali o stromali) e può manifestarsi con dolore addominale, gonfiore o avanzare in maniera asintomatica e dare segni di sé solo in fase avanzata. I fattori di rischio sono l’età avanzata, obesità, diabete, familiarità, sindrome dell’ovaio policistico, terapia ormonale sostitutiva ma anche uso di farmaci come il tamoxifene. Oltre al aanguinamento anomalo sono utili nella diagnosi gli esami ginecologici, l’ecografia transvaginale per valutare lo spessore dell’endometrio e la biopsia per conferma istologica. Il pap test non è sempre affidabile e dirimente per questo tipo di tumore.

OVAIO
Il tumore dell’ovaio dà segni di sé solo in fase avanzata con dolore e gonfiore addominale, si accompagna a disturbi digestivi e presenta fattori di rischio
Sono meno chiari rispetto al tumore dell’endometrio, ma includono fattori genetici e storia familiare. Spesso la diagnosi avviene solo dopo la rimozione chirurgica del tumore e l’esame istologico. Esiste una possibile correlazione istologica in alcuni casi tra le due condizioni: un tumore dell’ovaio può essere di tipo endometrioide, con caratteristiche dunque simili a un tumore dell’endometrio. In quel caso non ha senso differenziare nelle cure tra i due organi. Talvolta una storia familiare di tumore dell’endometrio o dell’ovaio può essere un fattore di rischio per lo sviluppo dell’altro tumore.

Gli attuali trattamenti si basano per l’endometrio sulla chirurgia (isterectomia) seguita in molti casi da terapie adiuvanti come chemioterapia o radioterapia a seconda dello stadio e dei fattori di rischio. Nel cancro dell’ovaio invece, che sconta una maggiore letalità ma minore incidenza il rimedio principe è l’intervento chirurgico per rimuovere l’ovaio colpito è l’approccio principale, eventualmente seguito da chemioterapia.
Le nuove cure più efficaci per diversi istotipi di tumori dell’endometrio e dell’ovaio stanno allungando la sopravvivenza e il tempo libero da malattia prima che la malattia torni ad avanzare.
Nel carcinoma ovarico in cui il rimedio terapico di prima scelta è ancora il cis platino si affaccia ora una nuova promettente possibilità di cura. E’ in fase 3 di sperimentazione (quella tesa a misurare l’efficacia del farmaco e a definire il rapporto tra rischio e beneficio), lo studio KEYNOTE-B96 (anche noto con la sigla ENGOT-ov65) che ha valutato pembrolizumab, un farmaco immunoterapico, in combinazione con chemioterapia (paclitaxel) con o senza bevacizumab per il trattamento delle pazienti affette da recidiva di carcinoma ovarico platino-resistente. Attualmente la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi del tumore ovarico è piuttosto bassa poco oltre l’asticella del 43 in ragione del fatto che nella stragrande maggioranza delle donne la diagnosi viene effettuata in fase avanzata. La forma platino-resistente è la più difficile da trattare e la remissione a lungo termine riguarda solo poche pazienti e una donna su 4 circa sviluppa resistenza entro sei mesi dal completamento della chemioterapia di prima linea a base di platino con poche opzioni percorribili nelle recidive. Il Pembrolizumab più chemioterapia (con o senza bevacizumab) ha dimostrato un netto miglioramento della sopravvivenza libera da progressione in uno studio su 643 pazienti riducendo del 30% il rischio di progressione di malattia o di morte del 30%) e migliora anche la sopravvivenza complessiva». Un altro studio di fase 3 su pazienti resistenti al bevacizumab utilizzato come antiangiogenetico dimostra invece, nello stesso tipo di tumore che il trattamento combinato con Relacorilant, una molecola sperimentale che agisce bloccando l’effetto pro-tumorale del cortisolo, unito a nab-paclitaxel, un agente chemioterapico migliora significativamente la sopravvivenza senza grandi effetti collaterali.

Anche per l’endometrio, in notevole aumento nella popolazione femminile italiana ci sono novità. Al congresso europeo oltre ad accendere i fari su fattori di rischio legati agli stili di vita) è stato rimarcata l’importanza della diagnosi precoce che fa lievitare la percentuale di pazienti libere da malattia dopo 5 anni dalla diagnosi ma c’è una donna su 5 che è colpita da una malattia di alto grado aggressiva. Su queste pazienti gli studi indicano la necessità di associare subito alla chemio anche il farmaco immunoterapico dostarlimab come nuovo gold standard di cura anche in fase metastatica. Questa combinazione fa infatti aumentare di tre anni sia la sopravvivenza libera da progressione sia quella globale nelle pazienti con tumori legati alla instabilità dei microsatelliti con beneficio anche per altri tipi di neoplasie dell’endometrio con una tendenza a personalizzare sempre più i trattamenti.

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