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Ecco gli internisti del futuro al via il 124° congresso della Società Italiana di Medicina Interna Simi in programma a Rimini dal 20 al 22 ottobre 2023

Tra necessità di nuove competenze e organizzazione sanitaria da rivedere

“Il programma del 124° congresso della Società italiana di Medicina interna rispecchia in pieno la visione della nostra società scientifica, la più antica d’Italia – sottolinea il professor Giorgio Sesti, presidente SIMI – uno sguardo al passato paleontologico per trarre insegnamenti dalla storia delle malattie che hanno influenzato l’evoluzione della umanità e una proiezione al futuro a iniziare dalle possibili applicazioni dell’intelligenza artificiale che potrebbero aprire nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche nei prossimi anni.

Il tutto tenendo conto del fattore umano ovvero della ricchezza costituita dai giovani Soci Internisti che partecipano con entusiasmo e spirito critico alle innumerevoli attività formative, cliniche e scientifiche della SIMI”.

Un programma variegato quello del 124° congresso della Società Italiana di Medicina Interna, con tante di digressioni nel futuro, ma anche con la barra dritta per navigare un presente fatto di criticità organizzative crescenti, perché il sistema è al collasso.

Crisi dei pronto soccorso, liste d’attesa impossibili, mancanza di posti letto a bassa intensità di cura, per completare l’iter terapeutico dei pazienti dimessi dagli ospedali per ‘acuti’, sono l’emblema di un servizio sanitario non al passo con la cronicità, ma disegnato 45 anni fa per affrontare i problemi dei pazienti ‘acuti’.

Certo l’SSN è un tesoro da conservare gelosamente. Ma anche da rivedere dalle fondamenta perché così non si riesce ad andare avanti. E intanto, bisogna pensare a preparare le nuove generazioni di medici, inserendo nel loro curriculum oltre alle competenze tradizionali, le hard skills, ovvero i ferri del mestiere di un bravo medico (anatomia, medicina interna, chirurgia, fisiologia, ecc.), anche le cosiddette soft skills, prime tra tutte l’empatia e la capacità di comunicare con il paziente, per evitare di incorrere in derive tipo Dr. House, l’estrema preparazione che diventa cinismo.

È arrivato insomma il momento di introdurre un insegnamento in ‘relazione medico-paziente’ già nel corso di laurea, ma da declinare poi in maniera specialistica negli anni della specializzazione, perché parlare di fine vita con un paziente oncologico o cardiopatico, non è come comunicare una diagnosi dermatologica o ortopedica.

Ma la vera rivoluzione della medicina passerà attraverso big data e intelligenza artificiale, forse al momento un po’ sopravvalutata, come tutto quello che riguarda l’innovazione, ma che di certo avrà un ruolo sempre più centrale nell’affiancare il medico nella sua pratica clinica e i ricercatori nel disegno dei trial clinici.

Lontani dagli incubi tipo ‘Odissea nello Spazio’, l’IA va vista come uno strumento da far gestire al medico che dovrà diventare sempre più ‘cyborg’ per dialogare con ingegneri e sviluppatori, instradandoli per colmare gli unmet need della diagnostica o della robotica.

E qualche università italiana ha infatti già introdotto corsi di laurea in medicina e ingegneria biomedica. Ma il congresso di Rimini, porterà sulle montagne russe i suoi congressisti; dopo avergli offerti assaggi di futuro con la sessione dedicata appunto all’intelligenza artificiale, li riporterà indietro nelle profondità dei secoli, come in una macchina del tempo, con la lettura inaugurale affidata quest’anno ad un paleopatologo, il professor Francesco Maria Galassi, una sorta di Sherlock Holmes delle malattie del passato.

È una disciplina quella della paleopatologia a metà tra la medicina e le scienze umanistiche, che non si insegna nei corsi di medicina e chirurgia, ma che potrebbe contribuire ad aprire la mente e insegnare a seguire le traiettorie delle malattie dal passato al futuro, per prevederne l’impatto e l’evoluzione. E anche questa suggestione verrà offerta agli internisti che seguiranno i lavori congressuali a Rimini, una platea sempre più giovane (il 72% dei soci ha meno di 40 anni) e numerosa perché la SIMI è in costante crescita: i suoi iscritti sono passati da 3.288 nel 2021, agli attuali 4.884, numeri che fanno di questa società scientifica una delle più grandi d’Italia e la prima in campo internistico.

Ed è sempre ai suoi giovani che la SIMI pensa anche per sostenere la ricerca italiana delle nuove leve. Non solo con premi alle migliori ricerche degli under-40, intitolati ai grandi internisti del passato (Licata, Malliani, Condorelli) ma anche assegnando ben 100.000 euro per co-finanziare 4 progetti di ricerca presentati da altrettanti giovani sotto i 40 anni.

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