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Epidemia in Congo, è malaria? C’è il rischio di focolai infettivi in Italia? Il punto dell’Istituto Superiore di Sanità

Negli ultimi mesi, nella Repubblica Democratica del Congo, si è palesato un focolaio infettivo, una malattia contagiosa pressoché sconosciuta ha colpito centinaia di persone, in particolare bambini sotto i cinque anni. Con 527 casi registrati e 32 decessi, le autorità sanitarie internazionali sono in allerta. Ma cosa sappiamo realmente riguardo a questa malattia, e perché l’Italia ha deciso di innalzare i livelli di attenzione nei punti di ingresso?

La situazione
La malattia in questione presenta una sintomatologia che include febbre, mal di testa, tosse, naso che cola e dolori muscolari. La somiglianza con la malaria è evidente, tanto che le autorità locali hanno ipotizzato che una forma grave di questa patologia possa essere alla base del focolaio. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) non ha ancora confermato questa ipotesi, e le indagini sono in corso.

I medici stanno considerando altre possibili cause, tra cui polmonite acuta, influenza, l’ennesima variante del Covid-19, morbillo e malnutrizione. Quest’ultima, in particolare, gioca un ruolo cruciale, poiché molti dei casi gravi si sono verificati in individui defedati per grave malnutrizione, prevalentemente bambini.

L’ipotesi che si fa strada è che possa essere coinvolto anche il virus dell’influenza e il SARS-CoV-2. “Si tratta di un’influenza che è stata formalmente identificata”, ha affermato il portavoce del governo di Kinshasa. Circa il 28% dei campioni analizzati sono positivi all’influenza; frequentemente, inoltre, sono stati rilevati rhinovirus e SARS-CoV2. Ulteriori indagini sono in corso. Nei giorni scorsi gli esperti dell’Africa CDC avevano chiarito che le ipotesi su cui si stava indagando erano due: una forma severa di malaria insorta in persone con una situazione di malnutrizione e infezione virale o, viceversa, un’infezione virale che si è sovrapposta a una condizione di malaria e malnutrizione. L’Africa CDC (Africa Centres for Disease Control and Prevention) è un’agenzia sanitaria autonoma dell’Unione Africana.

Misure precauzionali
In risposta alla situazione in Congo, l’Italia ha attivato misure precauzionali nei porti e negli aeroporti, monitorando le persone in arrivo dal paese africano. L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha istituito un team di coordinamento con il Ministero della Salute per garantire un monitoraggio attento della situazione. È importante sottolineare che, al momento, non sono stati riscontrati focolai associabili a questa malattia in Italia, ma la cautela è d’obbligo.

L’ISS ha sottolineato che, sebbene il rischio di diffusione internazionale sia attualmente considerato basso, il rischio per le comunità colpite è elevato. Questa distinzione è fondamentale: un focolaio localizzato può rapidamente trasformarsi in una minaccia globale, specialmente in un mondo sempre più interconnesso.

Similitudini con la malaria
I sintomi della malattia in Congo sono allarmanti non solo per la loro gravità, ma anche per la loro somiglianza con quelli della malaria. La malaria, causata da parassiti del genere Plasmodium, è una delle malattie infettive più temute, specialmente nei bambini. I sintomi includono febbre alta, brividi, sudorazione, mal di testa e dolori muscolari. Anche se la malaria è ben conosciuta, la sua presenza in una popolazione già afflitta da malnutrizione e altre malattie può aggravare ulteriormente la situazione.

Questa somiglianza ha portato a interrogarsi su una possibile co-infezione o su un’epidemia di malaria acuta che potrebbe essere stata aggravata da una nuova malattia emergente. Le autorità sanitarie stanno quindi effettuando test approfonditi per identificare il patogeno responsabile, ma fino ad ora i risultati hanno escluso virus e batteri noti.

Perché temere una diffusione in Europa
La preoccupazione per una possibile diffusione della malattia in Europa è giustificata da diversi fattori. La prima è la mobilità umana: le persone viaggiano frequentemente tra continenti, e un virus o un patogeno potrebbe facilmente diffondersi. Inoltre, il cambiamento climatico sta modificando gli habitat di molti vettori, come zanzare e zecche, aumentando la possibilità di diffusione di malattie tropicali in regioni precedentemente indenni.

I test molecolari finora effettuati sui campioni prelevati dal primo paziente rientrato in Italia dal Congo e ricoverato a Lucca con sintomi caratteristici, sono risultati negativi per i seguenti patogeni: Arbovirus (Alphavirus, Flavivirus, Rift Valley virus), Lassa virus, virus respiratori (influenza A, influenza B, SARS-CoV-2, rhinovirus, coronavirus NL63, 229E, OC43 e HKU1, parainfluenza virus 1, 2, 3 e 4, metapneumovirus A/B, bocavirus, RSV A/B, adenovirus, parechovirus), Borrelia spp (Lyme group), Borrelia recurrentis LBRF (Louse borne relapsing fever), Borrelia duttoni TBRF (Tick borne relapsing fever), Borrelia TBRF group, Bartonella spp, Erlichia spp, Rickettsia spp, virus del morbillo, Plasmodium spp. Ma questo non esclude il fatto che la sintomatologia riportata possa essere stata correlata all’infezione causata da uno dei patogeni suddetti. Ancora in corso le analisi metagenomiche per ulteriori verifiche.

In un contesto di globalizzazione e interconnessione, gli uffici di igiene pubblica devono affrontare sfide senza precedenti, considerare la vulnerabilità dei sistemi sanitari, l’importanza di un monitoraggio costante e affinare le capacità di dare una risposta rapida alle emergenze improvvise. La cooperazione internazionale è una delle chiavi per affrontare questa sfida, in una ottica One Health.

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