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Governo della Salute: una cura per il Servizio sanitario nazionale: parte da Napoli un laboratorio di idee per la sostenibilità.

In Italia ai 133 miliardi del Fondo sanitario nazionale si aggiungono circa 40 miliardi di spesa privata (dati Ocse) di cui solo circa il 18 per cento intermediato con casse professionali o assicurazioni. Nei fatti un sistema misto (pubblico-privato) che andrebbe meglio regolato per garantire l’accesso alle migliori cure da parte di tutti i cittadini

Risorse insufficienti, personale carente, disequilibri tra Nord e Sud del Paese, ritardi strutturali del Mezzogiorno, migrazione sanitaria, incognite del Pnrr, autonomia differenziata: sono queste le premesse di un futuro incerto per la tenuta della Sanità pubblica italiana (a gestione diretta e in regime di accreditamento) in particolare nel Mezzogiorno.

il Servizio sanitario nazionale in Italia si fonda sul principio di universalità che prevede di garantire prestazioni sanitarie a tutti senza distinzione di condizioni individuali, sociali e di reddito. A questo si affianca il settore privato che può essere accreditato o non accreditato: in tale contesto diventa sempre più urgente integrare questi settori nel Governo della Salute.

Federmanager, da anni presente nel campo dell’assistenza sanitaria Integrativa attraverso Fasi e Assidai, vuole creare un momento di confronto e riflessione circa l‘importanza, il ruolo e il rapporto tra la sanità pubblica e quella privata in Italia e nel Sud portando la sua esperienza come modello in grado di adeguarsi all’evoluzione della domanda dei servizi di assistenza.

Per delineare gli scenari presenti e futuri della sostenibilità del Servizio sanitario in Italia, in Campania e nel Sud, proporre idee e soluzioni ai nodi strutturali nell’ambito della riforma autonomista e degli scenari geopolitici dell’Europa

Federmanager di Napoli, Avellino, Benevento e Caserta in collaborazione con Fasi e Assidai promuove per mercoledì 7 febbraio al circolo Posillipo di Napoli (ore 18) un qualificato confronto a più voci sul Governo della Salute.

Partecipano: Luigi Bianco, presidente interprovinciale di Federmanager, Maria Triassi, già presidente della scuola di Medicina dell’Università Federico II, Giovanni Docimo, presidente Siuec, Società italiana di Endocrinochirurgia,  Bruno Accarino responsabile del sindacato nazionale radiologi settore privato, Daniele Damele, presidente nazionale Fasi, Maddalena Illario, Dipartimento di Sanità pubblica Ateneo Federico II, Gennaro Lamberti presidente di Federlab, Lorenzo Latella, segretario regionale di Cittadinanza Attiva Campania onlus, Tommaso Ricozzi vicepresidente Federlab e Alessandro Totaro Federazione regionale Azione sanitaria. 

I NUMERI

La Campania è la più popolosa regione del Mezzogiorno (terza in Italia per cittadini residenti dopo Lombardia e Lazio), la meno finanziata dello Stivale (50 euro in meno a testa sulla media italiana della quota procapite del fondo nazionale), quella con meno personale per 1.000 abitanti del Paese (10,91 contando il pubblico e il privato accreditato, contro una media italiana di oltre 15 camici bianchi per mille e 18,34 addetti dell’Emilia Romagna), quella con una dotazione di posti letto ospedalieri, rispetto allo standard nazionale di 3,7 per 1.000 abitanti, molto sotto la media (la Campania ne ha 2,96, la Puglia 3,08, l’Emilia 3,88, la Lombardia 3,76, il Piemonte 3,79 ed il Veneto 3,56), quella con la minore aspettativa di vita alla nascita (2 anni in meno in media).

La Campania inoltre pur in pareggio di bilancio del 2013 è ancora vincolata ai paletti del Piano di rientro relativi ai tetti di spesa per le assunzioni e alle tariffe delle prestazioni con norme di riferimento, volte al contenimento della spesa ed al rientro dai disavanzi pregressi, che assumono talvolta tenore punitivo, invece che di accompagnamento e di supporto allo sviluppo e al miglioramento dei Servizi ai cittadini. La migrazione sanitaria, che sottrae risorse agli investimenti, riguarda soprattutto strutture private accreditate del Nord, autorizzate ad applicare tariffe più elevate di quelle stabilite a livello nazionale, comprese prestazioni extra-LEA ad alto tasso di innovazione tecnologica mentre regioni come la Campania in Piano di rientro non possono provvedere ad aggiornamenti autonomi su base regionale nemmeno con la condizione del rispetto dell’equilibrio economico del settore sanitario o della garanzia della copertura a carico dei bilanci regionali (si veda l’art. 15, comma 17, del DL n. 95/2012). La sedimentazione di un quadro normativo di questo genere si è rivelata oltremodo penalizzante per le Regioni in Piano di rientro come la Campania e fonte di differenziazione e di divario, in termini di aggiornamento tecnologico e prestazionale e, quindi, di attrattività da parte degli operatori economici e della stessa utenza e oggi pongono il tema della sostenibilità delle cure e dell’integrazione dell’offerta tra Pubblico e Privato accreditato e non. 

UNA PROPOSTA

Alcune delle regioni ancora in Piano di rientro – è il caso della Campania – risultano ininterrottamente in equilibrio economico-finanziario strutturale fin dal 2013 (senza che sia stata utilizzata a favore della sanità la leva fiscale regionale), hanno azzerato le perdite pregresse all’epoca presenti nel patrimonio netto consolidato del settore sanitario. Una prima proposta potrebbe essere quella di dichiare conclusa la stagione del Pani di rientro abolendo i paletti e i tetti di spesa pur nel rispetto dell’equilibrio economico finanziario. Ciò a maggior ragione perché negli ultimi anni tante altre regioni, di norma ritenute “virtuose”, hanno chiuso i propri bilanci sanitari in perdita ed hanno dovuto provvedere a reperire coperture a carico dei bilanci regionali.

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