Intervista a Michele Carlucci, Primario dell’Unità Operativa Chirurgia Generale e delle Urgenze e dell’Unità Operativa Pronto Soccorso, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano e Presidente ISHAWS – Italian Society of Hernia and Abdominal Wall Surgery.
“La diastasi addominale non è solo disturbo estetico”, puntualizza Michele Carlucci, Primario dell’Unità Operativa Chirurgia Generale e delle Urgenze e dell’Unità Operativa Pronto Soccorso, IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e Presidente ISHAWS – Italian Society of Hernia and Abdominal Wall Surgery, in apertura dell’evento “LA GOVERNANCE DELLA DIASTASI ADDOMINALE” – promosso da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di BD. “Le donne che ne soffrono possono andare incontro a un vero e proprio disturbo funzionale – continua il Dottor Carlucci – perché il cedimento della parete addominale fa assumere posture sbagliate dando luogo a lombalgia, mal di schiena, incontinenza urinaria, alterazioni della normale funzione gastrointestinale, oltre al disturbo psicologico conseguente al fatto di non sentirsi a posto con il proprio fisico. Tutti questi aspetti impattano fortemente sulla qualità di vita delle pazienti e sulla conseguente decisione di rivolgersi al chirurgo per correggere questo tipo di patologia. Ma qui c’è ancora il problema della sostenibilità: oggi esistono diverse tecniche chirurgiche per correggere la diastasi addominale, ma non è chiaro come dobbiamo classificare questo tipo di malattia per poter avere poi un rimborso dalle regioni della prestazione data. Come se non bastasse, ci troviamo di fronte a donne giovani, spesso in età fertile, e quindi anche nelle scelte delle tecniche da utilizzare dobbiamo considerare il fatto che potrebbero avere un’ulteriore gravidanza nel tempo, successiva all’intervento. Tutti aspetti che vanno considerati per cercare di poter offrire la miglior cura minimizzando il danno estetico e pensando alle conseguenze che potrebbe avere mettere una rete, per esempio. Ritengo perciò molto utili incontri come questo di oggi, che mettono a confronto le istituzioni, le associazioni dei pazienti, i clinici e gli economisti, per trovare gli strumenti atti a gestire questo tipo di quadro clinico”.
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