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Le terapie contro il Coronavirus tra efficacia e false promesse

Nella prima ondata le terapie contro il Coronavirus erano sconosciute perché poco si sapeva del virus. Nel corso dei mesi sono state tentate terapie contro il Coronavirus che non hanno dato i risultati sperati come il tocilizumab, l’idrossiclorochina, l’azitromicina.

Alcune terapie contro il Coronavirus invece si sono dimostrate utili per contrastare l’iperinfiammazione causata dal virus a base di cortisone ed eparina, secondo le indicazioni che ha dato l’Agenzia italiana del farmaco.

Solo nella seconda e terza ondata sono stati introdotte terapie contro il Coronavirus specifiche, vale a dire farmaci antivirali specifici come il Remdesivir e gli anticorpi monoclonali da utilizzare però nei primi giorni dell’infezione, oltre naturalmente ai farmaci per eccellenza che sono i vaccini.

l nostro presente è rappresentato dai monoclonali e da Remdesivir, farmaci a vocazione territoriale ma a somministrazione ospedaliera, una situazione in qualche modo paradossale ma ben comprensibile dal momento che i prodotti approvati da AIFA richiedono la somministrazione endovenosa. 

Altre terapie contro il Coronavirus di largo uso non ci sono e bisogna fare attenzione a improvvise raccomandazioni non basate sui classici metodi con cui vengono introdotti i farmaci all’interno del prontuario.

I farmaci per essere registrati ed approvati dagli enti regolatori devono passare la fase di laboratorio, gli studi di fase 1 che ne valutano la necessità, gli studi di fase 2 che ne valutano l’efficacia e gli studi di fase 3 che ne valutano la possibile superiorità nei confronti delle terapie in uso. Se non si segue questa procedura alcune terapie proposte senza alcun fondamento non solo non sono utili ma possono essere pericolose.

È il caso di una ultima proposta che gira sul web dal nome Parvulan basato su un battere dal nome corynebacterium parvum. Tale farmaco non ha mai superato per quanto riguarda le infezioni gli studi di fase 1,2 e 3 ed è stato principalmente studiato in laboratorio negli anni dal 1960 al 1990 con qualche studio clinico sui tumori negli anni seguenti.

Non c’è nessuna evidenza dell’efficacia di tale farmaco che è stato registrato solo in Brasile, uno dei paesi con più alto numero di infezioni da Covid nel mondo.

Attenzione quindi alle false promesse non supportate dalla scienza perché oltre che inutili e costose, frutto spesso di speculazioni commerciali, possono essere pericolose allontanando la gente dalle vere terapie, in quanto caso in primis i vaccini.

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