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Medicina di precisione: 4 malati su 10 potrebbero trarre beneficio in relazione al proprio profilo genetico

In Italia, il 78% dei pazienti viene sottoposto a test per la ricerca dei biomarcatori, con disparità tra le regioni dovute a differenze di finanziamenti, linee guida e formazione dei medici.

Sono oltre 100 i laboratori in grado di eseguire attività di diagnostica istopatologica e molecolare con test per la ricerca di un singolo marcatore (es. PDL-1, ALK, etc). Per quanto riguarda la rimborsabilità del “companion diagnostic” rispetto al resto dell’Europa, solo l’84% dei test è a carico del Servizio sanitario nazionale tramite i budget a disposizione delle Regioni per la sanità, ma in modo non uniforme, per le discrepanze a livello di procedure che regolano l’autorizzazione e la rimborsabilità, come anche a livello di finanziamenti. Di conseguenza, i pazienti devono contribuire alla spesa e/o le aziende farmaceutiche possono sponsorizzare i test in alcune regioni. Il 78% dei laboratori aderisce ad almeno uno schema di VEQ (vs. media europea dell’82%), i cui costi sono coperti attraverso i budget ospedalieri oppure tramite finanziamenti erogati dalle aziende farmaceutiche. Fatta eccezione per il test PD-L1, le percentuali di successo degli schemi di VEQ sono elevate (risultato favorevole nel 70-90% dei casi). I dati sono stati ottenuti dal Rapporto FAVO – Implementare le potenzialità della Medicina di Precisione in Italia. Ottobre 2021.

Quello dei “nuovi approcci antigenici e la diffusione dei companion test e il ruolo centrale del Molecolar Tumor Board” è il tema affrontato alla Winter School 2022 di Napoli, dal titolo “Cambia la Sanità. Reinventare Processi, Ruoli e Competenze”, organizzata da Motore Sanità, promossa e divulgata da Mondosanità e Dentro la Salute e realizzata con il contributo incondizionato di Gilead, Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, AlmavivA, Daiichi Sankyo, GSK, IBM, Sanofi, Angelini Pharma, Kyowa Kirin, Siemens Healthineers e Teva.

È intervenuta Anna Sapino, Direttore scientifico dell’Istituto per la Ricerca e la Cura del cancro di Candiolo (To). “Marcatori immunoistochimici che valutano la presenza di antigeni di significato predittivo (cd. companion diagnostic) è da considerarsi come fondamentale parametro nello studio “omico” dei tumori, in parallelo alle analisi in NGS. L’antigene può essere il target diretto della terapia a bersaglio molecolare. Paradigmatico è l’esempio del PDL-1 come “companion diagnostic” nel caso dell’immunoterapia. Inoltre, lo screening di marcatori con metodo immunoistochimico può essere un buon razionale per indirizzare indagini molecolari specifiche (MSI nel carcinoma del colon; TRK come bersaglio della terapia agnostica) in NGS

Questo è il quadro presentato da Rossana Berardi, Presidente Associazione Women for Oncology Italy, Professore Ordinario di Oncologia Università Politecnica delle Marche e Direttore della Clinica Oncologica Azienda Ospedaliero Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona.
Circa il 10% dei pazienti affetti da neoplasia in fase avanzata presenta alterazioni genomiche riconosciute come biomarcatori, utili per la selezione del trattamento antitumorale di precisione negli attuali standard di cura. Un ulteriore 27% è portatore di aberrazioni genomiche che rappresentano biomarcatori predittivi per la risposta ad una terapia farmacologica.
Sulla base dei dati di letteratura, quasi 4 malati su 10 potrebbero trarre beneficio da un trattamento della malattia più mirato, in relazione al proprio profilo genetico.

È oggi quindi fondamentale personalizzare la cura e soprattutto creare una mappatura biomolecolare dei pazienti. Esistono infatti casi che necessitano di un approfondimento biomolecolare più esteso, in sostanza serve uno studio dei geni volto a definire meglio la tipologia della patologia, spesso si tratta si malattie rare, per offrire opportunità terapeutiche ai pazienti, spesso già trattati con terapie standard che possono giovarsi, ad esempio, di soluzioni terapeutiche nell’ambito di un protocollo sperimentale per acquisire la possibilità di accedere a farmaci innovativi”.

Su queste premesse, nascono i Molecolar Tumor Board (MTB) gruppi multiprofessionali che mettono a disposizione le proprie competenze specialistiche al fine di interpretare i dati derivanti dai soggetti testati con le moderne tecnologie NGS e di fornire indicazioni all’utilizzo di farmaci personalizzati.

Già lo scorso novembre – aggiunge la Professoressa Berardi – l’AIOM ha divulgato le raccomandazioni per realizzare questa struttura, un Gruppo multidisciplinare costituito da oncologi, patologi, biologi molecolari, bioinformatici, data manager, ed anche altre professionalità che hanno il compito di valutare se il paziente necessita della mappatura più approfondita della sua malattia. In Ancona il MTB è attivo dal giugno scorso e già 40 pazienti hanno ricevuto una profilazione molecolare estesa e alcuni di questi hanno avuto accesso alla classe dei farmaci agnostici, che rappresentano la frontiera più avanzata dell’oncologia di precisione e possono essere definiti “jolly”, perché colpiscono in maniera selettiva alcune mutazioni genetiche, in particolare quelle di NTRK, indipendentemente dall’organo interessato dalla patologia”.

Sui farmaci a bersaglio molecolare si è soffermata Valentina Guarneri, Professore Ordinario, Direttore della Scuola di Specializzazione in Oncologia Medica, Università di Padova, evidenziando che la loro disponibilità ha rivoluzionato la cura dei pazienti oncologici, portando degli avanzamenti importanti in termini di sopravvivenza per i pazienti con diagnosi di malattia in fase avanzata e in termini di probabilità di guarigione per i pazienti diagnosticati in fase precoce.

È fondamentale tuttavia ricordare che la condizione necessaria perché questi farmaci abbiano un effetto terapeutico è la presenza di questi bersagli a livello tumorale. Sono quindi necessari test validati per la corretta identificazione dei pazienti da candidare ad un determinato trattamento. In questo contesto lo sviluppo di molti farmaci a bersaglio molecolare è andato in parallelo con un companion test, cioè un test diagnostico in grado di predire la sensibilità a quello specifico trattamento in quello determinato contesto clinico. La conseguenza è che molti nuovi farmaci richiedono oggi test specifici, per cui i sistemi sanitari devono mantenersi al passo con la necessità di offrire diversi test a seconda del farmaco, e talvolta test diversi per lo stesso farmaco ma in patologie diverse. Ricordiamo poi che, se pure solo una minoranza dei pazienti presenta delle alterazioni molecolari per cui è identificabile una terapia target, la corretta identificazione di questi casi passa attraverso l’offerta del test a tutti i pazienti potenzialmente candidabili. È quindi necessario assicurare la diffusione e la disponibilità dei test predittivi di efficacia. Vi sono poi situazioni più complesse come l’ambito dei tumori rari oppure situazioni cliniche inusuali per decorso o per sviluppo di resistenza ai farmaci dove un’analisi più complessa dell’intero profilo mutazionale del tumore potrebbe aprire ulteriori scenari terapeutici. In questo caso è necessario il governo del processo da parte di un Molecolar Tumor Board, che ha appunto un ruolo fondamentale nella corretta selezione dei casi, nonché dell’interpretazione in senso terapeutico di eventuali alterazioni molecolari diagnosticate”.

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