La chiamano pandemia perché ha tutte le sembianze di una emergenza pandemica. Questa pandemia è il diabete, una malattia subdola che fa paura: rappresenta la prima causa di cecità e di amputazione non traumatica degli arti inferiori, la seconda causa di insufficienza renale terminale fino alla dialisi o al trapianto e la concausa di almeno la metà degli infarti e degli ictus
Il diabete è diventato una vera e propria pandemia e i numeri nel mondo e in Italia lo dimostrano. Secondo l’International Diabetes Federation (IDF), nel mondo entro il 2045 saranno 700 milioni le persone con diabete, soprattutto per quanto riguarda il diabete di tipo 2. Secondo il bollettino epidemiologico nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), sarebbero tra 3,4 e 4 milioni le persone con diabete ma si pensa che ci sia una importante ulteriore quota di sommerso (circa 1,5 milioni non sanno di averlo e 4 milioni sarebbero ad alto rischio di sviluppare la malattia) e si prevedono 6 milioni di persone con diabete entro il 2050.
L’impatto economico per la collettività è enorme: 20 miliardi l’anno di cui circa 9 miliardi di costi diretti sanitari a carico del Servizio sanitario nazionale. I costi diretti crescono esponenzialmente in base alle comorbidità, da meno di 1.000 euro per i pazienti senza comorbidità a circa 6 volte di più per il paziente con 4 comorbidità, 7.500 euro l’anno. La voce preponderante di costo è rappresentata dalle ospedalizzazioni (circa il 50%), mentre il costo dei dispositivi pesa solo il 4% dei costi diretti complessivi.
Ad oggi molte evidenze cliniche continuano a dimostrare che l’utilizzo del dispositivo aiuta a migliorare il controllo glicemico e conseguentemente ridurre ospedalizzazioni e costi di gestione delle persone con diabete di tipo 2 in trattamento insulinico non intensivo (insulina basale associata o meno a farmaci orali e/o GLP1) e in pazienti non in trattamento con insulina garantendo sostenibilità al SSN.
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