Menti giovani in un mondo complesso. È questo il titolo della due giorni organizzata nei giorni scorsi alla Reggia di Caserta dall’Associazione italiana di psicologia (Aip) e dal dipartimento di Psicologia dell’Università della Campania Vanvitelli, in collaborazione con l’Ordine degli Psicologi della Campania. Fari puntati su disagio giovanile, violenza minorile, solitudine dei giovani e l’emergenza di disturbi da capire e intercettare con le armi della conoscenza. Obiettivo accendere i fari sulla condizione giovanile. L’evento è al centro della prima edizione delle Giornate nazionali della ricerca psicologica, nate con l’obiettivo di mettere le conoscenze scientifiche della psicologia al servizio della società e delle istituzioni. I principali protagonisti dell’iniziativa sono stati Armando Cozzuto, presidente dell’Ordine psicologi della Campania e Sergio Salvatore presidente dell’Associazione italiana psicologi. Ne proponiamo ampi stralci ai nostri lettori.
La violenza giovanile dilaga: come va affrontata? “Oggi assistiamo a un’escalation di violenza e anche per questo c’è più attenzione a questi fenomeni – avverte Cozzuto – viviamo in un periodo di importati cambiamenti, di fronte ai quali i principali contenitori sociali, scuola e famiglia, vanno supportati affinché possano svolgere un’azione di contenimento dei vissuti dei ragazzi, per evitare che forme di disagio reattive a momenti del loro ciclo di vita possano sfociare in vere e proprie psicopatologie”.
“Bisogna porre al vissuto in ambito scolastico e universitario dei giovani, alla precarietà nel campo lavorativo anche in una prospettiva di sviluppo sostenibile, per la ricerca del benessere psicologico e poi il rapporto con le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale, la consapevolezza relativa agli stereotipi di genere e alle diverse forme di violenza. Per ognuno di questi argomenti si partirà dalla condivisione delle evidenze scientifiche per arrivare alla definizione di proposte concrete per il rinnovamento e la crescita delle nuove generazioni”. L’evento si è concluso con la presentazione di un documento elaborato dalla Associazione italiana psicologi per la promozione della condizione giovanile e del benessere dei giovani”.
I giovani e il disagio giovanile, il contributo della psicologia all’interno del Sistema sanitario nazionale e la psicologia in rapporto alle istituzioni formative, scuola e università i punti cardinali che fanno da bussola al lavoro che psicologi italiani portano avanti. Fari puntati anche sull’esperienza della Regione Campania, prima in Italia a prevedere un servizio di Psicologia di base nei distretti Asl e un servizio di Psicologia scolastica. Un modello da seguire? “Senza dubbio – ha sottolineato Cozzuto, basta vedere i numeri e i risultati di queste azioni”. Ma cosa cova sotto la cenere del disagio giovanile? A detta degli esperti sono i vuoti, le mancanze, l’indefinitezza di sé a generare dubbi, paure, ansie che se intercettati in tempo possono evitare di evolvere in veri e propri disturbi. “L’assenza ha anche aspetti positivi – spiega Salvatore – è da essa che nasce il desiderio e la determinazione. L’ azione sociale va oltre il tempo di vita delle istituzioni scolastiche e serve per facilitare la programmazione del futuro. La nostra proposta è non solo di discutere modelli interpretativi ma definire una visione globale della questione giovanile, di quelle legate agli stereotipi di genere. A terra ci sono molte ipotesi, studi ma presenteremo un documento finale approvato dalla Commissione di studio che abbiamo istituito su questo tema per aprire una discussione allargata su strategie educative necessarie e sugli interventi e soluzioni concrete. Certo il dialogo con le istituzioni è importante ma non è sempre facile ottenerlo. Noi rappresentiamo 2500 iscritti tra ricercatori e docenti, la psicologia scientifica nel suo complesso. Un patrimonio di lavoro e conoscenze che non può essere ignorato”.
Nella devianza giovanile hanno influenza dunque i modelli negativi delle fiction e dei social Cozzuto: “Trovo riduttivo rifarsi a letture semplicistiche e lineari, del tipo causa-effetto. Semmai questi strumenti sono lo specchio della società e raccontano quello che accade. Anche se il racconto della violenza e della prevaricazione possono risultare seduttivi in questo contesto sociale, contano di più i contesti della criminalità organizzata, che occupano gli spazi che famiglia, scuola e istituzioni difficilmente riescono a occupare. La violenza non è di chi la racconta, ma di chi la agisce”. “Il problema è culturale, la scarsa conoscenza e capacità delle istituzioni che educano – aggiunge Salvatore – c’è una sorta di incompetenza diffusa nelle istituzioni educative. L’insegnante, il genitore senza un supporto profondo hanno un compito impossibile. nel perseguire il benessere e il successo formativo. Non riesce ad entrare in dinamiche e contesti più profondi”.
In sintesi per affrontare il disagio giovanile si tratta di sviluppare politiche educative basate sull’agire dei giovani, creare opportunità di partecipazione attiva coinvolgendoli nei processi decisionali, creare spazi di espressione all’interno dei contesti scolastici e istituzionali, offrire occasioni di impegno e sperimentazione e potenziare il supporto psicologico e sociale, attraverso servizi di consulenza per il benessere, anche nelle scuole e nelle università. Istanze che arrivano dal convegno organizzato alla Reggia di Caserta dall’Associazione italiana di Psicologia e dall’Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’, in collaborazione con l’Ordine degli Psicologi della Campania. Alle assise hanno partecipato accademici di molti dei principali atenei italiani a confronto tra di loro e con esponenti delle istituzioni e della società civile sulla condizione giovanile, analizzata partendo da diverse prospettive. Al centro dei panel e delle tavole rotonde ci sono state le problematiche che i giovani vivono in ambito scolastico e universitario, la precarietà nel campo lavorativo e l’importanza di cercare una realizzazione personale anche in una prospettiva di sviluppo sostenibile, la ricerca del benessere psicologico, il rapporto con le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale, la consapevolezza relativa agli stereotipi di genere e alle diverse forme di violenza.
“Il nostro intento è stato solo quello di discutere – conclude il presidente dell’Aip, Sergio Salvatore – ma anche avanzare delle proposte. Non a caso abbiamo elaborato un documento animato da due idee fondamentali: i giovani non vanno pensati solo in termini di scarto da ciò che dovrebbero essere, ma come una concreta e reale soggettività che va compresa e sviluppata. La loro condizione, inoltre, si sviluppa nella misura in cui si mettono i giovani nelle condizioni di agire nel e sul mondo, di partecipare ai processi e costruirli”.
Il presidente dell’Ordine degli Psicologi, Armando Cozzuto, conclude defininendo quella dei giovani come “una realtà complessa e incompresa. Oggi assistiamo a un’escalation di violenza – aggiunge – e anche per questo c’è più attenzione a questi fenomeni. Viviamo in un periodo di importati cambiamenti sociali e ci troviamo di fronte all’incapacità delle istituzioni di creare delle alternative e degli spazi dove i giovani possano essere valorizzati”.