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Rivisitare la figura dello psicologo, affinché venga percepita soprattutto in positivo             

Davide Pagnoncelli, Psicologo e Psicoterapeuta: “Dalla scuola è essenziale partire per costruire progetti di prevenzione e di formazione efficaci. La scuola è anche il luogo dove si affrontano (o si dovrebbero affrontare) tutte le emozioni, anche quelle spiacevoli come, per esempio, la paura, e dove si educano i sentimenti. Le emozioni sono variabili, fluide, passano; i sentimenti, invece, vanno coltivati con molta cura”

“Da numerosi anni opero nella scuola e per vent’anni sono stato responsabile di un Servizio Psicologico scolastico, unico nel suo genere, che ha garantito continuità di intervento dall’inizio di settembre alla fine di giugno di ogni anno scolastico”.  A parlare  il Dottor Davide Pagnoncelli, Psicologo e Psicoterapeuta, intervistato da Mondosanità. “La dicitura spesso usata di “sportello psicologico”, riferita all’intervento dello psicologo nella scuola, appare riduttiva, fredda e burocratica: è preferibile utilizzare l’espressione “Servizio Psicologico”, continua l’esperto. 

Strizzacervelli? Meglio “allargacervelli”

“C’è bisogno di rivisitare la figura dello psicologo, affinché venga percepita soprattutto in positivo. “Strizzacervelli” sa di stantìo e di negativo: il cervello ha necessità di essere “allargato”, ampliando prospettive e punti di vista. Pertanto, io preferisco denominarmi “allargacervelli”.  È meglio allargare il mio cervello e quello degli altri, piuttosto che strizzarlo. Credo che in ognuno esista questa possibilità; infatti il mio motto è: “Ognuno ha dentro un allargacervelli”, cioè possiede risorse interiori da conoscere e da sviluppare, con modalità ampie e creative. La mia attività si è articolata considerando cinque punti: 

  1. orientamento degli alunni al fine di favorire una migliore conoscenza di sé e stimolare uno sviluppo gratificante delle potenzialità e capacità personali;
  2. consulenza individuale, di coppia, genitoriale o familiare per precisare e ricercare strategie utili ad affrontare alcune problematiche;
  3. formazione di psicologia sociale e dell’educazione per i genitori attuata con lavori di gruppo e l’utilizzo di metodologie attive;
  4. collaborazione con i docenti e i consigli di classe per approfondire la conoscenza delle situazioni di disagio evolutivo degli alunni e per ricercare metodologie che favoriscano l’apprendimento e la crescita personale; 
  5. intervento nelle classi o in piccoli gruppi su varie tematiche con l’obiettivo di incoraggiare una maturazione individuale positiva, di sviluppare il sentimento sociale e di ricercare valori comuni di riferimento”. 

I criteri di riferimento sono stati i seguenti”, prosegue il Dottor Pagnoncelli: il Servizio Psicologico ha cercato di privilegiare, individualmente o in gruppo il “lavoro sulla relazione” docente-alunno, genitore-figlio, docente-genitore. Non è sufficiente, infatti, trasmettere informazioni ed insegnare senza tener conto delle variabili socio-affettive, senza educare anche l’intelligenza emotiva ed il sentimento sociale. Credo che all’interno della scuola sia importante che lo psicologo abbia meno il ruolo di colui che interviene direttamente e prevalentemente sui “casi specifici” (cosa spesso impossibile ed infruttuosa per esigenze di tempo) e più di colui che si focalizza su alcuni aspetti cruciali dal punto di vista comunicativo, sociale, emotivo, organizzativo e didattico per favorire – dal proprio punto di vista – i cambiamenti possibili o l’eliminazione di talune interferenze che frenano l’apprendimento e la maturazione globale degli alunni. Non è funzionale affrontare solo i problemi, ma è essenziale favorire progetti, relazioni significative e far venire alla luce potenzialità nascoste, sia dei singoli, sia dei gruppi, sia delle istituzioni.

Gli alunni di cui mi sono occupato e di cui mi occupo sanno molto bene che quando si costruisce un piano di una casa, pur bellissimo, occorre che sia inserito in una struttura portante precisa e che deve essere collegato al resto della struttura, possibilmente antisismica, cioè molto flessibile in previsione di possibili scosse di terremoto. Fuor di metafora, non è certo funzionale che i ragazzi siano coinvolti in ottimi e stupendi progetti, ma con interventi slegati tra loro e in città o paesi non comunicanti. 

La ricaduta formativa di vari progetti troppo spesso resta circoscritta a un contesto limitato e non si espande almeno a livello di tutto il territorio nazionale.

In un contesto educativo e formativo servono progetti che stimolino la connessione con vari ambiti di intervento e le diverse professionalità; servono normative adattabili ai vari contesti locali e progetti flessibili perché la società e le persone evolvono rapidamente; servono interventi che sostengano coloro che vivono con passione e con creatività la scelta di educare i giovani e le loro famiglie.

Dalla scuola è essenziale partire per costruire progetti di prevenzione e di formazione efficaci. Perché? Per il semplice motivo che la scuola è l’unico posto che frequentano tutti, proprio tutti. E tutti ci vivono per molti anni. 

Tutto ciò predisponendo e attuando progetti incisivi di prevenzione e di formazione.

Diversamente la prevenzione diventa pura illusione, mitologia consolatoria, pura petizione di principio; diversamente l’integrazione, l’inclusione si traducono in sterili fantasie; diversamente, per esempio, la prevenzione del bullismo, del cyberbullismo e di altri disturbi psicosociali risulterà inefficace, con conseguente spreco di risorse umane e finanziarie.

La scuola è anche il luogo dove si affrontano (o si dovrebbero affrontare) tutte le emozioni, anche quelle spiacevoli come, per esempio, la paura, e dove si educano i sentimenti. Le emozioni sono variabili, fluide, passano; i sentimenti, invece, vanno coltivati con molta cura. 

La scuola è il luogo dove ci si può sentire sicuri e accolti, è il posto privilegiato da cui si può guardare il mondo e costruire la propria identità, aumentando l’autostima.  

La scuola non è solo conoscenza e fare secondo un modello esclusivamente trasmissivo, ma è anche educazione dell’intelligenza emotiva, stimolo per essere se stessi in modo unico e irripetibile. Perché noi sappiamo più di quello che comprendiamo. 

La scuola è confronto dialogico. Prima dei contenuti, prima delle metodologie, prima della tecnologia, prima di tutto la scuola è relazione!  

Quello che non è possibile togliere alla scuola è la comunicazione tra persone, comunicazione che struttura relazioni. 

Per esempio, come noi ricordiamo i nostri insegnanti? Di solito per i “tipi” che erano, per la loro personalità, per come insegnavano e per come si relazionavano con noi; meno per cosa spiegavano, per i contenuti didattici.

Una società funzionale si costruisce sulla base di una rete di relazioni interpersonali caratterizzate meno dall’“io” e maggiormente dal senso del “noi”, della comunità. 

Ciò appare importante anche in ambito lavorativo, sportivo o in varie attività di gruppo e, a maggior ragione, in contesti educativi. In caso contrario si verificano legami che non collegano positivamente le persone, relazioni intergenerazionali superficiali, fredde, senza autentica compartecipazione emotiva. 

Occorre sviluppare con progettazioni puntuali e concrete, non solo con assunti teorici e generici, l’intelligenza emotiva e l’intelligenza sociale.

Il sociologo Zygmunt Bauman scomparso nel gennaio del 2017 ha scritto: “In questo mondo si chiede agli uomini di cercare soluzioni private a problemi sociali, anziché soluzioni di origine sociale a problemi privati”.

Non bastano iniziative – pur ben realizzate – isolate o slegate dal contesto, servono progetti comunitari, scevri da gelosie sterili e da diritti di primogenitura, da realizzare con modalità non competitive e non narcisistiche, ma con disponibilità alla interconnessione reciproca e alla positiva emulazione. 

Per ogni problematica serviranno certamente strumenti specifici e opportuna preparazione professionale ed educativa, ma sempre contestualizzata, nel contesto (con-textus), inserita all’interno di un progetto corale. 

È urgente che la società investa maggiormente, tramite la scuola, sullo sviluppo dell’intelligenza sociale, sul sentimento sociale, su comunità socialmente intelligenti, altrimenti la società sarà destinata – prima o poi – a deperire, preda di forti spinte conflittuali.

La malavita è ben organizzata, si suol dire; la… “benevita” dovrebbe organizzarsi di più e meglio!”. 

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