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Trombocitopenia nel paziente epatopatico: come minimizzare i rischi

Fino a “ieri” si parlava di infusione piastrinica. Oggi la ricerca offre, per la trombocitopenia, nuove opportunità terapeutiche, in grado di garantire vantaggi per la salute e la sicurezza del paziente e non solo.

La trombocitopenia è una complicazione a cui va incontro circa l’80% dei pazienti affetti da malattia cronica di fegato (CLD), che ha un grande impatto dal punto di vista assistenziale ed economico. Basti pensare che in Europa ci sono circa 30milioni di pazienti con epatopatia cronica e di questi l’11% soffre di trombocitopenia.

Questa patologia può avere diverse cause (sequestro splenico, ridotta produzione di trombopoietina) e l’11-13% dei pazienti va incontro a una forma più grave (conta piastrinica minore di 50mila unità per microlitro); tra i candidati a procedure invasive standard di diagnosi e cura (ad esempio biopsia epatica o procedure mediche elettive per pazienti cirrotici) esiste un aumentato rischio di sanguinamento traumatico o post-operatorio che può dare significative complicazioni, con il risultato di un trattamento tardivo o annullato.

Vincenza Calvaruso, Professore Associato Sezione Gastroenterologia presso Università degli studi di Palermo, è intervenuta a proposito delle evidenze della ricerca sui quadri della piastrinopenia nella cirrosi.

“Il quadro da cui partiamo del paziente cirrotico di fatto è un quadro in cui le piastrine sono ridotte. Questo si traduce in un fenomeno che tutti gli ematologi conoscono: la piastrinopenia”, ha spiegato la professoressa Calvaruso. “Le piastrine rappresentano un elemento fondamentale per qualunque setting di malati di fegato, per lo più sul rischio sanguinamento da varici.”

“Quando il paziente soffre di malattie di fegato, cominciano alcuni fenomeni che inibiscono la trombosi e sono a favore del sanguinamento, contro una serie di altri fenomeni che favoriscono invece la trombosi. Per cui il paziente con malattia cronica di fegato compensata riacquisisce un nuovo equilibrio, che però è diverso da quello del paziente sano, perché è instabile. Basta un’infezione, un’anemia, un danno renale, per cui il paziente di trova di nuovo ad avere un altro rischio emorragico o trombotico”. 

“Se partiamo dal passato, parliamo nella media di procedure in pazienti con piastrine al di sotto di 50mila”, incalza Stefano Rodinò, Primario Direttore SOC di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell’AO “Pugliese-Ciaccio” Catanzaro: “Nella mia struttura parliamo di circa 200 procedure all’anno, dove negli Anni 2000 utilizzavano nell’80% dei casi la trasfusione di piastrine.”

“Nel 2019 siamo passati al 25%, perché ci siamo accorti che la trasfusione di piastrine non era la risposta. Sappiamo che le piastrine non sono funzionanti, abbiamo visto le problematiche enormi nell’approvvigionamento e nell’esecuzione di piastrine e della necessità di ripetere le trasfusioni anche dopo aver attivato la procedura. Questo ci ha reso più prudenti e ci ha costretto a usare dei presidi che ci garantivano una sicurezza maggiore nell’emostasi, che però avevano costi altissimi. “

“L’introduzione adesso di una nuova opportunità terapeutica ci fa nutrire grandi speranze. Ci ha spinti da una parte a programmare meglio le cose, percorsi ben scanditi nel tempo, dall’altra ci ha dato una sicurezza maggiore nell’effettuazione della procedura. Sicurezza data dalla programmazione e dall’evidenza scientifica con accessi importanti. Non solo. La nuova opportunità terapeutica ci dà una finestra più ampia ci 4/5 giorni e ci consente di trattare bene eventuali complicanze. “

“Sappiamo che il sanguinamento precoce nelle procedure invasive endoscopiche come le polipectomie non sono legate solo alla presenza di un numero adeguato di piastrine, ma anche ad altre problematiche coagulative che spesso in pazienti pluritrattati a maggior ragione sono importanti. Un altro aspetto importante è la riduzione dei costi. Il percorso inoltre non può coinvolgere solo il medico, ma tutto il personale paramedico, in accordo con la farmacia ospedaliera e territoriale che deve fornirci il farmaco nei tempi giusti”.

Ha parlato della nuova opportunità terapeutica anche Grazia Niro, Dirigente Medico Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza San Giovanni Rotondo, Foggia. Con una precisazione importante: “La variabilità clinica di pazienti che hanno la cirrosi e complicanze varie è tale che rende l’introduzione della nuova opportunità terapeutica una ricchezza enorme, ma questo significa essere sempre in grado di selezionare le situazioni in cui o il farmaco o le trasfusioni hanno la priorità”, ha puntualizzato la dottoressa Niro.

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