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Un “Mental Act” in 10 punti per superare l’emergenza sanitaria e sociale

Da una parte, l’esplosione di un fenomeno che, dopo la pandemia, ha assunto i caratteri di una vera e propria emergenza. Dall’altro le difficoltà a farvi fronte, legate a vari fattori, dovuti alla mancanza di specialisti e di risorse adeguate, ma anche di una carenza nell’organizzazione che permetta di utilizzare al meglio quelle a disposizione. E intanto le richieste di aiuto continuano a crescere, con un aumento vertiginoso negli ultimi anni per problematiche legate alla salute mentale, con un picco soprattutto da parte di minori e giovani adulti.

L’emergenza salute mentale in Italia sta assumendo contorni sempre più preoccupanti. E per affrontare questa complessa realtà, Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Angelini Pharma, ha promosso una serie di think tank che ha coinvolto esperti, associazioni di pazienti, istituzioni e stakeholder con l’obiettivo di individuare azioni concrete e sostenibili per migliorare l’assistenza e ridurre lo stigma associato ai disturbi mentali.

La Road Map dei “Laboratori sulla salute mentale”, è partita da Roma per poi arrivare a Viareggio, Milano, Padova e tornare nella Capitale, dove oggi sono stati presentati i risultati di questo primo percorso in quattro Regioni italiane.

16 milioni di persone in Italia affrontano problemi di salute mentale

Per comprendere il fenomeno, occorre partire dai numeri. Con i disturbi mentali che stanno prendendo il sopravvento, superando per incidenza le malattie cardiovascolari e insidiando persino il cancro nell’immaginario collettivo. Lo dice l’ultimo World Mental Health Day Report, pubblicato da Ipsos, che svela un dato allarmante: per il 45% degli intervistati in 31 paesi, la salute mentale è oggi la preoccupazione sanitaria più urgente. Rispetto al 2018, questa consapevolezza è cresciuta di 18 punti percentuali, rivelando una pandemia silenziosa che investe ogni angolo del pianeta.

Le cifre sono spietate. Ogni anno, la depressione e l’ansia rubano al mondo 12 miliardi di giornate lavorative, con un costo di 1 trilione di dollari. In Italia, questa crisi vale il 4% del PIL, mentre chi ne soffre vede la propria vita accorciarsi di dieci anni. Eppure, le risposte non sembrano essere adeguate.

I numeri raccontano di un paese che arranca. I dipartimenti di salute mentale (Dsm) sono crollati, passando da 183 nel 2015 a 139 nel 2023. Un taglio che si accompagna a un esodo di professionisti, con 25.000 operatori attivi, 55 ogni 100.000 abitanti, molto al di sotto degli 83 previsti dagli standard dell’Agenas e ratificati dal Ministero della Salute. La spesa pubblica per la salute mentale, intanto, rimane anemica: appena 3,6 miliardi l’anno, facendo dell’Italia il fanalino di coda tra i Paesi europei ad alto reddito.

Dietro questa cifra, però, si nasconde un vuoto doloroso: un 3,5% di italiani, oltre due milioni di persone, secondo le stime non riesce a trovare aiuto. Lo stigma, la paura, ma anche l’inefficienza del sistema li tengono lontani dalle cure. Intanto, i casi di disturbi mentali sono quintuplicati nell’ultimo decennio, con un impatto devastante soprattutto sui giovani e sulle categorie più fragili.

Una nuova visione per la Salute Mentale

Il dibattito che si è sviluppato nei Laboratori della Road Map ha sottolineato l’urgenza di cambiare prospettiva, passando da una visione limitata alle criticità a un approccio più propositivo e integrato. Si propone di abbracciare il concetto di One Mental Health, che considera la salute mentale come una questione non solo medica.  La salute mentale deve essere concepita come un aspetto fondamentale del benessere dell’individuo, secondo una accezione idonea ad abbracciare tutte le dimensioni della persona: fisica, psicologica, sociale ed economica. Il benessere psicologico non può infatti prescindere dalla capacità di lavorare e di abitare in un ambiente sano, oltre ad avere relazioni sociali appaganti. È essenziale, pertanto, sviluppare modelli di intervento che favoriscano il reinserimento sociale e lavorativo delle persone, con un’attenzione particolare alle politiche abitative e alle politiche attive del lavoro. Centrale, poi, è il superamento dello stigma, spesso alimentato da una narrazione che riduce la persona al “paziente”. Un’altra necessità emersa in tutte le Regioni è quella di migliorare la transizione dei pazienti dalla neuropsichiatria infantile ai servizi per adulti, spesso compromessa dalla mancanza di continuità e risorse. Le famiglie e le associazioni sono state riconosciute come partner cruciali. Iniziative di psicoeducazione e co-progettazione dei servizi possono garantire un’assistenza più inclusiva e personalizzata.

UN “MENTAL ACT” PER SUPERARE L’EMERGENZA SANITARIA E SOCIALE

Ai Laboratori sulla Salute Mentale hanno preso parte i massimi esperti, a livello regionale e nazionale, tra cui Alberto Siracusano, professore emerito di Psichiatria, Università Tor Vergata, coordinatore del Tavolo tecnico ministeriale sulla salute mentale, e Giuseppe Nicolò, Direttore DSM-DP Asl Roma 5, coordinatore vicario del Tavolo tecnico ministeriale sulla salute mentale, oltre ai rappresentanti delle associazioni di pazienti e delle istituzioni. I lavori hanno portato i partecipanti ad identificare una to do list concreta per migliorare l’attuale scenario raccolta in un “Mental Act” che comprende i seguenti punti:

  • Investire sui professionisti sanitari

In tutte le Regioni, i Dipartimenti di Salute Mentale risultano sottodimensionati in termini di personale sanitario e socio-sanitario. Sulla base delle analisi sul fabbisogno del personale SSN elaborate da Agenas e Conferenza Stato Regioni emerge la necessità di aumentare del 47% l’attuale dotazione di personale presso i DSM. In assenza di investimenti oggi l’assistenza viene garantita solo grazie all’impegno e disponibilità dei singoli. Si rende necessario un intervento organico che attraverso la misurazione dei carichi di lavoro ai quali tutti gli operatori sono sottoposti porti ad una revisione delle attuali piante organiche. Parimenti è assolutamente necessario garantire un’adeguata formazione così da migliorare diagnosi e percorsi di cura.

  • Adeguamento dell’offerta assistenziale e delle linee guida

Un adeguamento del numero delle strutture dedicate all’assistenza, cura e riabilitazione dei pazienti con disturbi mentali (i.e. CSM/CPS, CD, SR, ambulatori dedicati) e dei posti letto negli SPDC permetterebbe non solo di rispondere alla crescente domanda di pazienti che necessitano di una presa in carico in condizioni di emergenza-urgenza, ma di attuare un potenziamento dell’assistenza territoriale e dell’offerta sociosanitaria. Dovremmo incrementare del 20% il numero dei CSM; Aumentare del 36% gli attuali posti letto, così da rispettare quanto indicato nel Progetto Obiettivo “Tutela della salute mentale 1998-2000” (DPR 1.11.99).

Rinnovare il Piano di Azione Nazionale sulla Salute Mentale (PANSM) e creare nuove linee guida per la gestione della depressione. Migliorare la qualità dei percorsi di prevenzione, trattamento e riabilitazione a favore delle persone con disagio psichico a livello nazionale. L’obiettivo è quello di dare una risposta più moderna alle criticità dell’assistenza psichiatrica e dei bisogni sociali della salute mentale.

  • Maggiori risorse

Attualmente abbiamo un forte sottofinanziamento della salute mentale. Da anni solo il 3,4% del FSN viene assegnato alla salute mentale, contro l’8,3% che rappresenta la media europea con la Francia che arriva al 15%. Le nostre stime prevedono una linea di investimenti tale da portare la percentuale del fondo sanitario almeno al 5%. Ciò rappresenterebbe il fattore abilitante per: intensificare l’attività territoriale, implementare l’assistenza ai giovani pazienti nella fase di esordio delle malattie, garantire la continuità della cura sia tra ospedale e CSM, migliorare l’appropriatezza dei trattamenti, l’aderenza e controllare il rischio di effetti collaterali.

  • Iniziative di awareness e lotta allo stigma

Oggi circa 200.000 pazienti sospendono il trattamento farmacologico, ed oltre 3.000 non si presentano agli interventi psicoeducativi o psicoterapeutici richiesti a causa dello stigma

Occorre avviare una campagna di sensibilizzazione volta a promuovere una corretta informazione sulla salute mentale, affrontando stereotipi e pregiudizi che spesso alimentano l’isolamento e la discriminazione. Attraverso media tradizionali, social media e iniziative locali, è necessario diffondere messaggi che favoriscano l’inclusione e il rispetto delle persone con disturbi mentali.

In base al roadshow nelle varie regioni abbiamo evidenziato la costante crescita dei pazienti che rifiutano di accedere a programmi terapeutico e socioriabilitativi per lo stigma associato. Parimenti abbiamo evidenziato che investire in campagne di social awareness, come previsto nel Report WHO «Investing in Mental Health», ridurrebbe lo stigma generando un incremento dei pazienti che ricevono le cure necessarie ed un reinserimento nelle scuole e nelle loro comunità, generando un ritorno positivo per la comunità.

Nella sola depressione il 50% dei pazienti si rifiuta di accedere a programmi per la percezione di stigma ed il timore di essere identificati come “malati mentali”.

  • Rafforzamento della medicina di prossimità e del territorio

Per garantire un’assistenza più vicina ai cittadini, è fondamentale rilanciare la medicina territoriale. Proponiamo di adottare nuovi modelli organizzativi che prevedano l’integrazione continua di professionisti della salute mentale, come psichiatri, psicologi e assistenti sociali, nelle unità sanitarie territoriali. Questo approccio consentirà un intervento precoce e multidisciplinare, facilitando la presa in carico tempestiva e il supporto integrato per i pazienti, con particolare attenzione alle situazioni di maggiore vulnerabilità.

  • Potenziamento della telemedicina

La telemedicina rappresenta una risorsa strategica per migliorare la continuità assistenziale e il follow-up dei pazienti, specialmente dopo le dimissioni ospedaliere. Nelle regioni abbiamo osservato che il 50% dei Centri assistenziali non utilizza la telemedicina a causa della carenza di linee guida regionali. Sarebbe opportuno definire specifiche linee guida regionali e specifiche piattaforme digitali che permettano consulti da remoto, monitoraggio costante e contatti frequenti con il personale sanitario. Questo garantirà una migliore continuità assistenziale, sostenibilità ed appropriatezza dei programmi individualizzati di cura.

  • Aggiornamento e formazione continua del personale sanitario

La qualità dell’assistenza dipende innanzitutto dalla preparazione degli operatori sanitari. Per questo, è essenziale aggiornare costantemente i professionisti con corsi di formazione specifici in ambito psichiatrico, che permettano di migliorare la tempestività e l’appropriatezza della diagnosi.

  • Prevenzione e cultura sulla salute mentale

La prevenzione e la promozione della salute mentale passano dalla conoscenza, dalla consapevolezza e dal riconoscimento precoce di alcuni fattori di rischio e vulnerabilità che possono rendere più probabile l’esordio di veri e propri disturbi psichici in un contesto di pressioni e sfide crescenti, con particolare attenzione ad adolescenti, giovani adulti e alle donne nel periodo del periparto. E’ fondamentale attuare sforzi per intercettare e individuare precocemente il disturbo psichico e dare risposta tempestiva in termini di cure e assistenza favorendo l’accessibilità ai servizi di salute mentale, al fine di ridurre la durata di una malattia non trattata.

  • Aggiornamento e formazione continua del personale sanitario

Sostenere le persone che soffrono di disturbi della Salute Mentale e le loro famiglie nel percorso di recupero del benessere e della pienezza di vita. Il terzo settore può svolgere un ruolo cruciale nella integrazione socio-sanitaria. I progetti terapeutico riabilitativi dei dipartimenti di salute mentale possono godere del supporto degli enti di terzo settore, che svolge un ruolo di cerniera importante tra l’ente pubblico e il territorio, per cercare di amplificare quelle opportunità di abitare autonoma, di lavoro, di sostegno alla socialità e sensibilizzare la comunità per superare stigma e pregiudizio.

  • REMS

È fondamentale promuovere un approccio multidimensionale e integrato, in cui il trattamento terapeutico viene armonicamente combinato con la gestione della sicurezza, creando così un ambiente che non solo promuove il benessere e la riabilitazione dei pazienti affetti da disturbi mentali, ma al contempo garantisce la protezione e la serenità della comunità circostante. Questo modello operativo non si limita a rispondere alle esigenze cliniche individuali, ma considera anche le implicazioni sociali, etiche e legali di ogni intervento, mirando a favorire il reinserimento sociale dei pazienti attraverso percorsi terapeutici personalizzati, monitorati da un’équipe multidisciplinare che collabora attivamente per prevenire il rischio di recidive e per sostenere il recupero psico-sociale.

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