Il PNRR renderà, in breve tempo, disponibili nuove infrastrutture per la medicina territoriale ma le istituzioni della sanità devono sfruttare questo momento di cambiamento per ripensare a tutta l’organizzazione del SSR.
La missione 6 del PNRR porterà nuovi investimenti per il sistema nazionale, ma inserire le nuove strutture e le nuove risorse all’interno dei modelli di sanità già esistenti non basta per portare quel cambiamento previsto dalla missione 6. Il PNRR renderà, in breve tempo, disponibili nuove infrastrutture per la medicina territoriale ma le istituzioni della sanità devono sfruttare questo momento di cambiamento per ripensare a tutta l’organizzazione del SSR, tutto questo è stato spiegato da Luciano Flor, Direttore Generale Area Sanità e Sociale Regione del Veneto «Il PNRR mette a disposizione del servizio sanitario un finanziamento per investimento strutturale prevalentemente sul territorio. Credo che vada apprezzata l’idea che questa è anche un’occasione per riorganizzare e ripensare la nostra organizzazione agganciando l’intervento strutturale a un intervento organizzativo soprattutto per ripensare alla funzione territoriale integrata con la funzione ospedaliera. L’integrazione – prosegue Flor – può avvenire attraverso le tecnologie oggi disponibili che vanno dalla digitalizzazione delle cartelle cliniche alla telemedicina. Se sapremo oggi sfruttare l’occasione di rinnovare l’organizzazione e crearne una migliore avremo fatto centro. Gli interventi strutturali sono importanti ma non bastano, bisogna avere coraggio e riorganizzare il sistema cercando di dare risposte alle aspettative dei cittadini ponendo al centro del sistema il servizio al cittadino». Il PNRR deve quindi essere un’occasione per ripensare al modello organizzativo del SSR. «Tutto questo – sottolinea Flor – va fatto attraverso un piano ben strutturato e con obiettivi ben delineati e senza voler salvare a tutti costi quello che fino ad ora abbiamo fatto. Credo che accanto a innovazione e tecnologie la parola chiave sia riforme. Bisogna pensare ai setting assistenziali pensando a nuove forme di assistenza perché la parola prossimità e vicinanza non possono essere slogan – conclude il DG – ma devono essere declinati in maniera stabile all’interno del sistema territoriale».