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Diastasi addominale: non solo un problema estetico

Intervista ad Alessandro Carrara, Direttore Unità operativa chirurgia generale – Rovereto e Arco.

La Diastasi dei retti storicamente non è mai stata considerata dalla comunità chirurgica una patologia degna di trattamento”, denuncia Alessandro Carrara, Direttore Unità Operativa Chirurgia Generale – Rovereto e Arco, nel corso dell’evento “LA GOVERNANCE DELLA DIASTASI ADDOMINALE” – promosso da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di BD. “Ancora oggi – continua Carrara – la maggior parte dei testi sacri della chirurgia non ne parla affatto. È stata considerata un problema prettamente estetico e non se ne è mai capita la problematica funzionale che comporta. Eppure è un problema che riguarda quasi il 50% delle donne pluripare oltre i 50 anni. Queste donne soffrono spesso di lombalgia, incontinenza urinaria, dispepsia, gonfiore addominale. Un corteo di sintomi che ne danneggiano fortemente la qualità di vita. Spesso questi sintomi vengono inquadrati come effetti di una disfunzione del singolo apparato e pertanto i medici curanti inviano le pazienti ad una serie di visite specialistiche da urologo, gastroenterologo, ortopedico, neurochirurgo senza ottenere apprezzabili risultati in molti dei casi, perché sfugge che alla base di tutto c’è una disfunzione della muscolatura addominale, quello che in America viene definito ‘abdominal core’. È evidente la perdita di tempo e di risorse che questo comporta per le pazienti e per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Va aggiunto un altro dato statistico molto rilevante: in quasi il 90% delle diastasi dei retti coesiste un’ernia della linea mediana (ombelicale o epigastrica) ‘conditio sine qua non’, e la chirurgia non è prevista dal nostro SSN. Molto spesso l’intervento che viene proposto a queste pazienti è la riparazione della sola ernia con o senza protesi. Ma dati di letteratura ci dimostrano che la riparazione di un’ernia della linea mediana nel contesto di una diastasi è gravata da un 30% di recidive in più, se contestualmente non viene eseguita anche la riparazione della diastasi stessa. Questo vuol dire che una quantità inaccettabile di queste pazienti dovrà essere nuovamente ricoverata e operata per recidiva erniaria. Un intervento non banale, eseguito su un campo anatomicamente già alterato dalla precedente chirurgia, con un’ulteriore incremento del tasso di recidiva. Un danno importante tanto per le pazienti quanto per il SSN. Non dimentichiamo infine che il problema riguarda anche gli uomini che, per accumulo di adipe viscerale, possono avere una distensione cronica della loro parete addominale. La tensione cronica porta inevitabilmente a un cedimento della linea mediana. E nel tempo, persistendo la distensione, questo cedimento può progredire arrivando a raggiungere dimensioni notevoli spesso associandosi a una o più voluminose ernie della linea mediana. Quadri insomma che richiedono un intervento a quel punto complesso e gravato da rilevanti tassi di recidiva e complicanze. Questi sono i motivi per i quali la diastasi dei retti merita un corretto inquadramento chirurgico e un adeguato trattamento quando si associa a un’ernia mediana, o quando la distanza tra i muscoli retti supera abbondantemente il limite fisiologico”.

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