La Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE) fa chiarezza tra falsi miti, attività consigliate e sport da evitare.
Epilessia e sport è un tema ancora troppo spesso circondato da incertezze, paure e pregiudizi. In passato, le persone con epilessia venivano scoraggiate dal praticare attività fisica, temendo che lo sforzo potesse favorire l’insorgenza di crisi. Oggi, grazie ai progressi della neurologia e a una maggiore attenzione alla qualità della vita, questa visione è superata. L’evidenza scientifica più recente, confermata anche dalle Raccomandazioni della Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE), indica che l’esercizio fisico regolare, scelto in modo adeguato, può avere effetti benefici non solo sulla salute generale, ma anche sulla gestione della malattia. Negli ultimi anni, la comunità scientifica ha iniziato a considerare l’epilessia come una condizione cronica che, nella maggior parte dei casi, può essere compatibile con uno stile di vita attivo. Una componente fondamentale di questo approccio è l’inserimento dell’attività sportiva nel piano di trattamento globale, come parte della strategia di promozione del benessere, dell’autonomia e dell’inclusione sociale.
Indubbi benefici su corpo e mente
Studi recenti hanno suggerito che alcuni tipi di attività aerobica possono contribuire a una maggiore stabilità elettrica del cervello. Il movimento regolare, infatti, ha effetti positivi su fattori come il sonno, lo stress e l’umore, che sono noti trigger delle crisi epilettiche. Inoltre, l’attività fisica può aumentare la neuroplasticità e modulare positivamente la secrezione di neurotrasmettitori, come serotonina e dopamina. Anche la riduzione della sedentarietà ha un ruolo importante. Diversi neurologi sottolineano che la mancanza di attività fisica, soprattutto nei bambini e negli adolescenti, può portare a isolamento sociale, sovrappeso, peggioramento dell’autostima e aumento dell’ansia, tutti fattori che possono avere un impatto negativo sull’andamento della malattia.
Focus su bambini e adolescenti
Il tema di epilessia e sport è particolarmente importante durante l’età evolutiva. Bambini e ragazzi con epilessia hanno spesso difficoltà a inserirsi nei contesti scolastici o ricreativi sportivi per via della paura dei genitori o del personale educativo. In realtà, una corretta informazione e un’attenta valutazione del rischio permettono nella maggior parte dei casi di promuovere la partecipazione. I neurologi pediatrici della LICE raccomandano di non escludere a priori i giovani pazienti dalle attività motorie, ma piuttosto di adattare gli ambienti e informare gli adulti coinvolti. È importante che gli insegnanti di educazione fisica e gli allenatori conoscano la patologia, siano formati sulle principali misure di sicurezza e sappiano come intervenire in caso di crisi.
L’importanza della valutazione individuale
Ogni persona con epilessia ha una storia clinica diversa, per questo parlare di sport in modo generalista può essere fuorviante. Il tipo di crisi, la frequenza, il tempo trascorso dall’ultima crisi, la risposta ai farmaci e l’eventuale presenza di disturbi cognitivi o motori sono tutti fattori che influenzano la scelta dello sport praticabile. In linea generale, chi ha una forma ben controllata da tempo (epilessia in remissione o stabilizzata) può affrontare con maggiore libertà una gamma più ampia di attività. Nei casi di epilessia attiva, invece, sarà necessario considerare con attenzione il contesto e il grado di rischio associato. Ad esempio, un’attività su terraferma in un ambiente controllato (come la camminata, il pilates o il basket amatoriale) comporta rischi decisamente inferiori rispetto a discipline acquatiche o in quota.
Linee guida e quadro normativo
Il tema epilessia e sport è stato affrontato anche a livello normativo e regolatorio, per garantire il diritto allo sport in sicurezza. Le Raccomandazioni congiunte della LICE e della Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI) forniscono indicazioni specifiche su:
- idoneità sportiva per soggetti con epilessia
- modalità di rilascio del certificato medico sportivo agonistico e non agonistico
- criteri di valutazione del rischio individuale
- responsabilità degli operatori sportivi e scolastici
Inoltre, le stesse raccomandazioni pongono l’accento sull’importanza di includere la persona con epilessia nel processo decisionale, promuovendo il protagonismo e la partecipazione consapevole. Questo approccio è in linea con le strategie internazionali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha inserito l’epilessia tra le priorità di salute pubblica.
Formazione e consapevolezza per superare lo stigma
Un altro aspetto chiave nella relazione tra epilessia e sport è la necessità di superare la disinformazione e i falsi miti. Ancora oggi molte persone credono erroneamente che l’attività fisica possa “scatenare” crisi o che la persona con epilessia debba vivere in una condizione di protezione costante. Questo atteggiamento iperprotettivo, seppur in buona fede, può causare danni psicologici, alimentando senso di esclusione, dipendenza e sfiducia nelle proprie capacità. Per contrastare questa situazione, diverse associazioni e fondazioni, tra cui la Fondazione LICE, promuovono campagne di informazione rivolte al pubblico generale, agli educatori, ai dirigenti sportivi e agli operatori sanitari. Un esempio recente è il cortometraggio Fuori dall’acqua, che racconta la storia di un giovane nuotatore con epilessia, mostrando le difficoltà, ma anche la determinazione e la conquista dell’autonomia attraverso lo sport.
Accesso allo sport e barriere sociali
Anche quando l’attività sportiva è compatibile con il quadro clinico, le persone con epilessia possono incontrare ostacoli nella partecipazione a competizioni ufficiali, tornei o semplici attività amatoriali. In alcuni casi, le società sportive pongono limitazioni per timore di responsabilità legali; in altri, i genitori degli altri bambini manifestano opposizione, per ignoranza o pregiudizio. L’inclusione vera passa quindi anche da un lavoro sulle barriere sociali e culturali, affinché l’epilessia non venga più vissuta come un tabù. Educare all’empatia, diffondere conoscenza e normalizzare la condizione sono passaggi fondamentali per garantire pari opportunità nell’accesso allo sport.