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Gestione delle malattie croniche: l’importanza di un supporto psicoanalitico

Intervista ad Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana

La psicoanalisi è uno strumento clinico efficace nella gestione delle malattie croniche, con particolare riguardo per la malattia oncologica. Numerose ricerche indicano chiaramente l’importanza di fornire un sostegno psicoanalitico ai pazienti che hanno affrontato patologie importanti anche dopo la guarigione, questo perché la malattia nella fase acuta è sempre traumatica e, quando si cronicizza, è difficile da sostenere fisicamente, ma soprattutto psicologicamente. Ogni malattia importante si accompagna alla paura dell’infermità e della morte, le patologie oncologiche hanno però un’angoscia di morte particolarmente intensa e un’ansia elevata legata ai controlli post-trattamento. Entrambe possono essere difficili da affrontare e da gestire emotivamente.

Dottoressa, potrebbe spiegarci come la psicoanalisi può aiutare i pazienti che devono seguire un percorso di cura particolarmente impegnativo?

“Ogni malattia – spiega Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana – è una sfida emotiva e psicologica, la paura di possibili ricadute può essere opprimente, scatenare episodi depressivi e innescare ansie persecutorie. La psicoanalisi offre uno spazio sicuro in cui i pazienti possono esplorare queste emozioni. Inoltre, è il luogo dove affrontano il trauma della malattia vissuta come un’aggressione dall’interno, dove sviluppano forza interiore e strategie personalizzate per affrontare l’ansia e la paura, in modo da rendere sopportabili gli accertamenti periodici. Il trattamento psicoanalitico permette di entrare in contatto anche con gli aspetti inconsci di sé stessi, aiuta a conciliare la vita di prima (della malattia) con la vita di adesso e a poter pensare al proprio futuro senza negare o rimuovere le preoccupazioni del presente. Aiuta a costruire un futuro in cui le fantasie si possono trasformare in desideri e realizzarli, aprendo alla vita”. 

Come può essere integrato il sostegno psicoanalitico nei protocolli di cura per i pazienti oncologici, che spesso soffrono di più?

“Poiché le patologie oncologiche sono trattamenti complessi che implicano più specialisti – risponde la dottoressa -, lo psicoanalista svolge un ruolo centrale nel supporto psicologico ai pazienti, non solo come psico-oncologi, ma anche come esperti che possano seguire il paziente dopo la fase acuta che è fisicamente dolorosa e mentalmente stressante. Perciò, è necessaria una comunicazione costante e raccordi terapeutici regolari tra gli specialisti che si occupano di pazienti con pregresse patologie oncologiche e i professionisti della salute mentale. Il coinvolgimento di uno psicoanalista può contribuire in modo significativo alla gestione complessiva della malattia e migliorare la qualità di vita dei pazienti”.

Anche dopo la guarigione fisica, molti pazienti continuano a lottare con l’ansia, la depressione e la paura legate alla possibilità di una ricaduta. Perché si verificano questi stati emotivi?

“Tutte le malattie serie sono traumatiche – chiarisce Lucattini. Le patologie oncologiche, in particolare, sono percepite come un attacco e un’ingiustizia accompagnate a fantasie inconsce negative, talvolta spaventose, come dei brutti sogni a occhi aperti. Immaginiamo, come se un “ultracorpo”, un alieno, senza preavviso si fosse installato nel proprio corpo e potenzialmente potesse colonizzarlo. È un’immagine o un pensiero, che desta preoccupazione, stimola fantasie depressive e persecutorie, di avere un nemico interno difficile da sconfiggere. Anche se le cure danno buoni risultati e si arriva ad una guarigione clinica, l’esperienza è così traumatica che ogni volta, all’approssimarsi della data della diagnosi o di ogni controllo, si riattivano ansie, angosce e depressione. Sapere che può accedere aiuta molto ad affrontarlo e superarlo”.

Quanto è importante la comunicazione tra medici e pazienti nel percorso di cura, affinché si crei un efficace rapporto di fiducia, ritenuto da sempre “fondamentale” nella gestione della malattia per un concreto supporto al paziente?

“La comunicazione è un elemento primario nei rapporti umani ed è basilare nella relazione medico-paziente – chiosa la psichiatra. La capacità del medico di comunicare efficacemente con i suoi pazienti e di creare una buona relazione, influenza positivamente la prognosi poiché favorisce una migliore gestione dell’angoscia e una migliore aderenza alle prescrizioni. La cura psicoanalitica si chiama anche talking cure, ovvero la cura attraverso il “parlare con qualcuno”. La talking cure è parte del modo di lavorare anche degli psichiatri psicoterapeuti, ma può essere utilizzato da tutti i medici, anche se non hanno una specifica formazione psicoterapeutica o psicoanalitica. A questo proposito, la formazione psichiatrica e psicoanalitica nel percorso di studio di medicina è purtroppo molto debole e la situazione non migliora durante la specializzazione. Per questo hanno preso piede delle nuove branche interdisciplinari a cui è affidato il compito di spiegare ai medici l’importanza dell’ascolto del paziente, di raccogliere la sua storia (biografia) e le sue esperienze. La psicoanalisi ha la specificità di un ascolto attivo e delle interpretazioni, calibrate sull’età anagrafica ed evolutiva del paziente. L’analista modula i suoi interventi, alterna ascolto e parola raggiungendo il paziente lì dove si trova, facendo da sponda e sostegno al suo personale vissuto. È una terapia centrata sul paziente e basata su una buona relazione umana e professionale”.

Quali consigli si sente di dare per incoraggiare chi soffre a causa di una malattia, a farsi aiutare e a richiedere un supporto psicologico?

“Ogni malattia è un trauma, per cui è naturale sentirsi depressi e disorientati -, replica la dottoressa Lucattini. Chiedere aiuto psicologico per superare il momento di difficoltà non è solo necessario, ma assolutamente naturale. Spesso si ha pudore o difficoltà a parlare con i propri familiari, per desiderio di proteggere e preservare le relazioni affettive, dalla propria depressione o sgomento. Questo non accade con lo psicoanalista o lo psichiatra, poiché c’è una relazione di fiducia, c’è stima e confidenza, ma non ci sono legami affettivi di tipo sentimentale o familiare. Parlare con un’analista aiuta a guardare al futuro con speranza, ravviva le aspettative, riattiva la forza interna per andare oltre le proprie paure, per sottoporsi con costanza alle cure e ai controlli periodici. Ogni patologia ha il suo specialista, i disturbi psicologici ed emotivi trovano nello psichiatra e nello psicoanalista gli specialisti che si prendono cura della mente. Bisogna sempre immaginare la mente come un “organo”, esattamente come tutti gli altri, anche se invisibile agli occhi, e sapere che prendersene cura è il modo migliore per amare sé stessi e chi si ha vicino”.

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