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Interferenti endocrini, cosa sono e come influenzano le funzioni del nostro organismo

Gli avvertimenti dell’Associazione Medici Endocrinologi. Campagna internazionale in occasione del World Hormone Day

Viviamo in un ambiente pervaso da sostanze chimiche invisibili che si introducono nel nostro organismo attraverso l’alimentazione, ma anche per contatto con la pelle e le mucose respiratorie: sono gli interferenti endocrini (EDCs). Quest’anno, l’Associazione Medici Endocrinologi (AME) ha scelto di mettere a fuoco questo tema cruciale, spesso sottovalutato ma di portata epocale. In occasione della quarta edizione della European Hormone Day – che da quest’anno diventa World Hormone Day – in programma oggi, 24 aprile, l’Associazione Medici Endocrinologi (AME) conferma il proprio impegno attraverso l’adesione alla campagna internazionale promossa dalla European Society of Endocrinology (ESE) e dalla ESE Foundation.

La presenza degli interferenti in plastiche, cosmetici, alimenti, acqua potabile e polveri indoor sta contribuendo ad un aumento di patologie croniche, disfunzioni tiroidee, disturbi riproduttivi, obesità e tumori, con effetti particolarmente devastanti su bambini, adolescenti e donne in gravidanza. Una minaccia che riguarda tutti, ma che si fa sentire in modo più acuto nelle fasi più delicate della vita. La dottoressa Simonetta Marucci, Coordinatore della Commissione Rapporti Slow Medicine di AME, spiega con chiarezza: “L’esposizione agli interferenti endocrini è pericolosa in generale, ma durante la gravidanza diventa un vero e proprio rischio. Queste sostanze riescono a penetrare nel DNA del nascituro, modificando l’espressione genetica e trasmettendo queste alterazioni anche alle future generazioni. Il bambino, con una massa corporea molto inferiore rispetto all’adulto, ha un impatto ancora maggiore. Gli inquinanti si concentrano e durano di più nel suo organismo, portando a patologie che variano dal sottosviluppo puberale ai tumori.”

Il ruolo delle plastiche e delle microplastiche: tra inquinamento e rischio sanitario

Uno dei principali veicoli di interferenti endocrini è rappresentato dalle plastiche. Le microplastiche, minuscole particelle derivanti dalla degradazione di materiali plastici più grandi, sono ormai onnipresenti nell’ambiente. Sono entrate nell’aria che respiriamo, nell’acqua che beviamo e nel cibo che consumiamo. Recenti studi hanno evidenziato tracce di microplastiche nel sangue, nella placenta e perfino negli organi interni umani, sollevando seri interrogativi sui loro effetti a lungo termine.

Queste particelle, oltre a rappresentare un problema di inquinamento ambientale, agiscono come veicoli di sostanze chimiche tossiche, tra cui ftalati e bisfenolo A (BPA), noti interferenti endocrini. L’esposizione prolungata a tali sostanze si associa a problemi cardiovascolari, disordini ormonali, infertilità e tumori. Inoltre, le microplastiche possono alterare il microbiota intestinale e favorire processi infiammatori silenziosi, contribuendo così a un quadro clinico complesso e multi-sistemico.

Un rapporto pubblicato sul Journal of the Endocrine Society nel 2018 stima che negli Stati Uniti, solo in quell’anno, l’esposizione a interferenti endocrini contenuti nella plastica abbia generato un costo sanitario di circa 249 miliardi di dollari. Questi costi derivano da patologie quali obesità, diabete, disfunzioni tiroidee, problemi di fertilità e disturbi neurocomportamentali, a ulteriore conferma della portata di questa emergenza sanitaria.

Il caso del BPA: dalla plastica alle lattine, un divieto storico in Europa

Tra gli interferenti più noti e studiati vi è il bisfenolo A (BPA). Questa sostanza, storicamente utilizzata in bottiglie, lattine e utensili da cucina, è stata al centro di una svolta significativa in Europa. A gennaio di quest’anno, l’Unione Europea ha ufficialmente vietato l’uso del BPA nei materiali a contatto con gli alimenti, riconoscendone la pericolosità.

Il BPA è un interferente endocrino che può alterare le funzioni tiroidee, disturbare l’equilibrio riproduttivo e indebolire il sistema immunitario. La sua presenza nel nostro organismo è ormai diffusa: studi recenti rivelano che il 92% degli adulti europei ha livelli di BPA superiori alle soglie di sicurezza stabilite dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA). Inoltre, tracce di BPA sono state trovate nel latte materno e nelle urine di bambini, testimoniando la sua ampia diffusione.

Questa normativa rappresenta un passo importante nella tutela della salute pubblica, spingendo l’industria a sviluppare materiali alternativi più sicuri e sostenibili. Ma la battaglia contro il BPA non si ferma qui: è necessaria una vigilanza costante e una riduzione delle fonti di contaminazione.

Nuovi limiti ai PFAS: l’Italia rafforza la tutela delle acque potabili

Altra categoria di sostanze sotto stretta sorveglianza sono i PFAS (composti poli- e perfluoroalchilici). Utilizzati in numerosi processi industriali e prodotti di consumo come rivestimenti antiaderenti, tessuti impermeabili e schiume antincendio, i PFAS sono noti per la loro persistenza nell’ambiente e il loro potenziale impatto sulla salute umana.

A inizio 2025, il Governo italiano ha introdotto nuovi limiti per la presenza di PFAS nelle acque potabili, segnando un importante passo avanti nella regolamentazione di queste sostanze. La normativa stabilisce un valore massimo di 20 nanogrammi per litro per la somma di quattro PFAS considerati tra i più pericolosi (PFOA, PFOS, PFNA e PFHXS), in linea con le raccomandazioni dell’EFSA del 2020. Per la prima volta, inoltre, si fissa un limite di 10 microgrammi per litro per il TFA (acido trifluoroacetico), una sostanza finora non regolamentata ma frequentemente rilevata nelle acque potabili.

Se da un lato questa normativa risponde alle crescenti evidenze scientifiche sui rischi dei PFAS, dall’altro ha scatenato un acceso dibattito tra le organizzazioni ambientaliste, che chiedono un divieto totale di produzione e utilizzo di queste sostanze, auspicando un obiettivo di “zero tecnico” nella contaminazione delle acque. La strada verso una regolamentazione più severa è ancora lunga, ma l’Italia si posiziona come uno dei Paesi più attivi in Europa in questa battaglia.

Effetti sulla tiroide e sullo sviluppo cognitivo: un allarme che non può essere ignorato

Gli interferenti endocrini non colpiscono solo gli organi riproduttivi o il sistema cardiovascolare. Uno degli aspetti più preoccupanti riguarda il loro effetto sulla funzione tiroidea e lo sviluppo cerebrale. Secondo i dati raccolti dall’AME, sostanze come il perclorato e il tiocianato, presenti in fertilizzanti, fumo di sigaretta e alcuni alimenti, possono inibire l’assorbimento dello iodio, essenziale per la produzione degli ormoni tiroidei.

Questi ormoni sono fondamentali per il metabolismo, la crescita e lo sviluppo cerebrale. La loro alterazione può portare a problemi come riduzione del quoziente intellettivo nei bambini, alterazioni epigenetiche e disturbi comportamentali. La capacità degli interferenti endocrini di attraversare la placenta e influenzare il sistema endocrino del feto rende questa minaccia ancora più grave, specialmente in un’epoca in cui la prevenzione e la tutela della salute dei più vulnerabili dovrebbe essere prioritaria.

Come spiega Andrea Frasoldati, presidente dell’AME, “gli ormoni sono sostanze chimiche prodotte dal nostro corpo, rilasciate nel sangue e che agiscono come messaggeri per regolare funzioni vitali come crescita, metabolismo, riproduzione e umore. La loro disfunzione, causata da sostanze chimiche presenti nell’ambiente, può avere conseguenze devastanti sulla salute a breve e lungo termine”. L’associazione invita tutti a riflettere sull’importanza di adottare stili di vita più salubri e di ridurre l’esposizione a queste sostanze, in un’ottica di prevenzione che coinvolge cittadini, legislatori e industria.

Il quadro che emerge è chiaro e preoccupante: gli interferenti endocrini sono ovunque, invisibili ma estremamente dannosi. La loro presenza in plastica, cibo, acqua e prodotti di uso quotidiano rappresenta un rischio concreto per la salute pubblica e per il futuro delle prossime generazioni. La comunità scientifica, le istituzioni e le organizzazioni sanitarie sono chiamate a collaborare per rafforzare le normative, promuovere la ricerca e sensibilizzare l’opinione pubblica.

In occasione del World Hormone Day, diventa ancora più urgente ricordare che il benessere ormonale è alla base di molte funzioni vitali e che la prevenzione inizia dalla consapevolezza. Ridurre l’esposizione agli interferenti endocrini significa tutelare la nostra salute, quella dei nostri figli e delle generazioni future, in un mondo dove la chimica può diventare il nostro alleato o il nostro peggior nemico.

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