Dopo la fumata nera, a metà aprile, in Conferenza Stato-Regioni sullo schema di decreto riguardante i poteri sostitutivi per risolvere l’impasse dei territori impantanati sui dati delle prestazioni arretrate per visite, esami e ricoveri e sull’impiego e rendicontazione dei fondi stanziati dallo Stato dal 2020 al 2024 e al perdurare dello stallo in vista dello scadere dei 30 giorni utili per trovare un accordo, il premier Giorgia Meloni interviene nel corso del question-time nell’Aula del Senato in risposta a un’interrogazione del capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Francesco Boccia riguardo i provvedimenti sulle liste d’attesa. Come è ormai noto a fine marzo tutte le regioni avrebbero dovuto trasmettere ai tavolo di monitoraggio del ministero della Salute sia i dati relativi alle percentuali di rispetto dei tempi massimi fissati in base alle urgenze delle prestazioni traccianti (una griglia formata da 69 tra visite specialistiche, ricoveri e indagini diagnostiche) sia quelli concernenti l’impiego dei fondi (circa 2 miliardi di euro assegnati alle Regioni dal 2020 al 2024) da dedicare alle sedute straordinarie di visite ed esami, all’impiego delle sale operatorie anche nei fine settimana e alla remunerazione del personale per le prestazioni aggiuntive.
La Campania due giorni fa ha presentato ufficialmente i dati con 213 milioni incassati e interamente spesi di cui 49 assegnati al settore pubblico, che di più non sarebbe riuscito a spendere, e 164 ai privati per adeguare i tetti di spesa) dimostrando di aver superato il 90% di soglia del rispetto dei tempi di attesa massimi per le prestazioni di riferimento. Insieme alla Campania solo il Veneto, la Lombardia e pochi altri si presentano con le carte in regola e hanno impiegato per intero le poste messe a bilancio. Molte altre Regioni hanno deliberatamente dirottato i fondi a copertura degli sbilanci record della Sanità registrati durante gli anni del Covid come hanno scelto di fare Emilia Romagna e Lazio ma non è escluso che anche qualcun altro, con i conti della sanità in profondo rosso, abbia seguito la stessa strada. Non a caso proprio Campania, Lombardia e Lazio sono le uniche regioni ad avere i bilanci della sanità in pareggio da anni.
IL PREMIER
Sulle liste d’attesa “Devo fare io un appello alle Regioni – ha sottolineato dunque la Meloni – noi ogni anno stanziamo delle risorse, non gestiamo quelle risorse per le liste d’attesa, le gestiscono le Regioni. Ma la responsabilità, anche per quello che riguarda voi, deve essere tutta del Governo”. “E allora che cosa ha fatto il Governo – ha aggiunto il premier – ha varato un decreto sulle liste d’attesa e ha chiesto di poter svolgere controlli e monitoraggi, visto che la responsabilità, anche secondo voi, è sempre la nostra. Potendo eventualmente intervenire con dei poteri sostitutivi quando non si riesce a governare le code agli sportelli. Diciamo che cerchiamo di dare una mano. Le Regioni, dico trasversalmente in questo caso, non sono d’accordo, però almeno gli italiani sappiano che abbiamo queste difficoltà perché altrimenti noi siamo semplicemente quelli che devono stanziare i soldi ed essere responsabili di quello che non funziona”. Insomma c’è chi non ha fatto i compiti a casa e prova a nascondersi e chi invece chiama alla lavagna assessori e presidenti non accettando giustifiche. Il quadro generale, regione per regione, non è stato peraltro ancora stilato nei dettagli. L’ultimo report utile è quello della Corte dei conti stilato a novembre del 2024 e aggiornato al giugno dello scorso anno ma già lì si comprende che sul Cup unico regionale, sulla messa in rete e sulla interoperabilità di tutte le agende di prenotazione, sulla finalizzazione e vincolo delle risorse, la situazione è molto eterogenea. E c’è anche chi, come emerso da controlli dei Nas e riportato dalle cronache locali e nazionali nei mesi scorsi, è ricorso a vari trucchi e inganni per mettere le carte a posto. Come nel caso delle cosiddette “liste di galleggiamento”: ossia prenotazioni non tracciate ufficialmente all’atto della richiesta ma tenute a bagnomaria fino a quando non c’è la possibilità di rispettare i tempi fissati dal monitoraggio nazionale. E in effetti i dati trasmessi finora da Regioni e Province autonome risultano spesso parziali e disomogenei e, come sottolineato dal documento della Corte dei conti, non confrontabili fra loro per le diverse metodologie applicate alle stime dei ricoveri e delle prestazioni non erogate, con informazioni che non forniscono sempre quadri aggiornati e completi. Non risulta, inoltre, un meccanismo di acquisizione dati che consenta di valutare l’effettiva applicazione da parte dei soggetti attuatori delle misure previste in materia.
E’ sempre la Corte dei conti a sottolineare nel suo report a novembre dello scorso anno che “Per quanto attiene, invece, al monitoraggio relativo all’utilizzo e alla gestione finanziario-contabile delle risorse stanziate, emerge che la relativa più ampia finalizzazione, normativamente prevista, possa indurre le Regioni ad utilizzarle in via prioritaria per ripianare i loro disavanzi sanitari regionali e, solo residualmente, per abbattere le liste di attesa. Dalla lettura dei dati pervenuti dal Ministero relativi all’utilizzo delle risorse messe a disposizione al 31 dicembre 2023 si rileva che, nonostante l’ammontare non indifferente di disponibilità, il relativo utilizzo appare esiguo”. Una situazione che viste le reticenze a fornire i report aggiornati al 31 marzo di quest’anno potrebbe non essere cambiata in maniera sostanziale.
