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Lotta HIV: le strategie messe in atto dall’Emilia Romagna

Lotta HIV: Digitalizzazione, telemedicina, un nuovo Piano sociosanitario e un unico comune denominatore, vietato abbassare la guardia

A causa della pandemia da Covid-19, ci siamo ritrovati con un ulteriore abbassamento dell’attenzione nel confronti della lotta HIV. Eppure l’HIV è tutt’altro che sconfitto. Dati alla mano, la stima nel 2020 è di quasi 40milioni di persone che vivono con il virus.

«Siamo di fronte a un’importante situazione da attenzionare», sottolinea Roberta Mori, Consigliere IV Commissione Politiche per la Salute e Politiche Sociali Regione Emilia-Romagna, nel corso dell’evento “HIV ROMAGNA – UNA PANDEMIA SILENZIOSA” promosso da Motore Sanità. «Per quanto riguarda l’Emilia Romagna, sempre nel corso del 2020, i nuovi casi rilevati tra i residenti sono stati invece 140, rispetto ai 211 dell’anno precedente. L’incidenza per classe di età mostra come le più colpite siano le persone tra i 20 e i 49 anni, prevalentemente maschi.

Sicuramente nella Regione Emilia Romagna giocano un ruolo positivo e da incrementare la capacità dei nostri Sevizi di salute e dei nostri medici di medicina generale di tenere alta la guardia, ma le campagne di informazione e di sensibilizzazione devono essere assolutamente rafforzate, insieme agli indirizzi di prevenzione. L’Emilia Romagna, fra l’altro, va verso il rinnovo del Piano sociale e sanitario regionale, quindi riflessioni che nascono da eventi come questi, dedicati ad aggiornare l’attività territoriale per la prevenzione dell’AIDS e della lotta agli stereotipi, che ancora oggi frenano i progressi per un superamento del contagio da HIV, sono di grande importanza».

«Va recuperata, nei confronti della lotta HIV, un’attenzione particolare in termini di strategie», rilancia Monica Calamai, Direttore Generale  AUSL Ferrara. «Ci sono una serie di strumenti interessanti caratterizzati anche dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). I numeri ci dimostrano che abbiamo abbassato la soglia di attenzione sia dal punto di vista della prevenzione, sia di servizi sul territorio.

È vero che in Regione Emilia Romagna stiamo lavorando a un Piano sociosanitario nuovo, è altrettanto vero che abbiamo un Piano Nazionale della Prevenzione nuovo 20220-2025, che introduce il concetto di HIV e di AIDS, che è ripreso dal nostro Piano regionale prevenzioni. Uno strumento utilizzabile che sta dando bei risultati, e che ci può e ci deve aiutare molto, è rappresentato dalla digitalizzazione e dalla telemedicina».

Smorza gli entusiasmi Cristina Mussini, Professore Ordinario Malattie Infettive, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – Direttore Clinica Malattie Infettive, AOU Policlinico di Modena: «Noi abbiamo una situazione dominata dalla situazione tardiva, che significa che il percorso della diagnosi precoce non funziona», spiega la professoressa.

«Si tratta di un problema mondiale, non soltanto dell’Emilia Romagna. Tanti studi hanno dimostrato che le persone che arrivano con l’AIDS, e durante il periodo Covid ne abbiamo viste tantissimi, sono persone che avevano avuto contatti con il Sistema sanitario nell’anno precedente con tanti medici. Significa che, insieme ai vari esami, dovrebbe essere regolamentato anche il test per l’HIV, essendo una malattia acquisibile». 

Il quadro della situazione a Ravenna è simile a quello dell’Emilia Romagna – e in generale della Romagna -, come conferma Paolo Bassi, Direttore Malattie Infettive – Ospedale di Ravenna AUSL della Romagna.

«Nella nostra area seguiamo circa 1.400 sieropositivi e nel 2021 abbiamo avuto 12 nuovi casi di HIV. Per l’aspetto locale vedo l’estensione sempre più importante delle terapie antiretrovirali. La terapia come prevenzione è stata la vera novità di questi anni. È anche importante la somministrazione dei farmaci all’interno dell’unità operativa, perché ci permette di avere un buon rapporto con il paziente HIV positivo».

C’è poi un’altra questione, sollevata da tutti i relatori presenti all’evento organizzato da Motore Sanità, ovvero lo stigma sociale. Anche su questo c’è ancora molto da lavorare a livello di comunicazione, fagocitata dall’emergenza Covid. Eppure, come sottolineato, anche l’HIV è una pandemia. Una pandemia silenziosa su cui occorre riaccendere i riflettori.

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