Sono 64milioni le persone con scompenso cardiaco nel mondo di cui più della metà ha scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata. Lo scompenso cardiaco è la prima causa di ricovero in ospedale; la durata media dei ricoveri è di 9 giorni e nel 2020 ha causato 125mila ospedalizzazioni in Italia. Sempre nel nostro Paese, negli ultimi 5 anni è stato registrato un incremento dei ricoveri del 40%, e arriva a 2,5 miliardi di euro il totale della spesa sostenuta dal Servizio sanitario nazionale all’anno per pazienti affetti da scompenso cardiaco, l’85% di questa cifra si riferisce a spese di ricovero. Nel primo anno di follow-up un paziente scompensato determina un costo diretto annuale di 11.864 euro.
Secondo Salvatore Di Somma, Responsabile dei Punti di assistenza territoriale e telemedicina dell’ASL di Latina, sullo scompenso cardiaco c’è ancora molto da fare, in particolare sul piano della sensibilizzazione e dell’informazione: le associazioni pazienti possono avere un ruolo decisivo in questo.
Secondo il medico, bisogna aiutare il paziente ad essere più consapevole e a gestire in prima persona la patologia, lo scompenso cardiaco. Grazie all’attività di AISC-Associazione italiana scompensati cardiaci, di cui fa parte, oggi alcune farmacie italiane sono punti di conoscenza sullo scompenso cardiaco e di diffusione di materiale sulla gestione della patologia.
Le associazioni pazienti entrano in gioco anche quando si parla di tecnologia perché secondo il dottor Di Somma, attraverso la telemedicina il paziente si può sentire accudito, controllato, telemonitorato, attraverso la centrale gestita da personale infermieristico; AISC, che crede nella telemedicina, entra di nuovo in campo per insegnare ai pazienti l’uso delle nuove tecnologie.
Per quanto riguarda, i nuovi farmaci, in particolare l’arrivo degli SGLT2i, farmaci hanno dimostrato di essere aggiuntivi all’efficacia nel ridurre sia la mortalità per scompenso cardiaco (a cinque anni dall’evento acuto è molto alta, paragonabile ad alcune forme di cancro, se non peggiore, e può arrivare anche al 30%) sia le ospedalizzazioni, ma esistono due problemi.
Il primo problema riguarda la prescrivibilità di questi farmaci, che dovrebbe essere allargata il più possibile sul territorio cercando di evitare di ricorrere al piano terapeutico, secondo il dottor Di Somma. “E poi c’è l’aggiunta di nuovi farmaci, che rischia che la terapia non venga seguita come dovrebbe: AISC può essere di supporto nel convincere il paziente ad essere quanto più possibile aderente alla cura salvavita”, conclude il medico.
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