Sei medici su 10 sono donne ma questo rapporto non è rappresentato in misura analoga nei ruoli apicali e di direzione del sistema sanitario e negli organi rappresentativi della professione. La professione del medico si tinge sempre di più di rosa, ma secondo l’Ordine dei medici di Torino c’è ancora molto da fare per fare in modo che le donne medico siano rappresentate nei ruoli apicali, come accade per i colleghi medici.
La professione del medico si tinge sempre di più di rosa. A dirlo è l’Ordine dei medici di Torino che ha snocciolato numeri in occasione dell’assemblea degli iscritti, in cui è stata presentata l’attività svolta e è stato votato il rendiconto consuntivo 2022: dei 371 nuovi medici iscritti all’Ordine di Torino lo scorso anno, 217 sono donne (il 58,5%) e 154 uomini, con una leggera prevalenza anche fra gli odontoiatri – 22 su 41, il 53,5%.
Tale percentuale rispecchia quanto sta accadendo ormai da molti anni: quella del medico si conferma infatti una professione sempre più femminile. È questa la fotografia della situazione fornita durante l’assemblea degli iscritti dell’Ordine dei medici di Torino, in cui è stata presentata l’attività svolta e è stato votato il rendiconto consuntivo 2022.
E ancora numeri a disegnare il volto della medicina piemontese. Sul totale degli iscritti di tutte le età (al 31 dicembre scorso), il 50,5% della componente medica è di sesso femminile, ma il dato scorporato per fasce anagrafiche rivela che fra gli iscritti over 60 le donne sono appena il 37,5%, mentre sotto i 60 anni sono il 59,3%, con un trend ormai costante nel tempo: il 59,6% fra gli under 30, il 60% fra 31 e 40 anni, il 58,8% fra 41 e 60 anni. Per inciso, anche fra gli odontoiatri, dove invece gli uomini tradizionalmente sono molto più numerosi, sotto i 30 anni le donne sono in maggioranza, il 53%.
Secondo la dottoressa Rosella Zerbi, consigliera segretaria dell’Ordine dei medici di Torino, sei medici su dieci sono donne ma questo rapporto non è rappresentato in misura analoga nei ruoli apicali e di direzione del sistema sanitario e negli organi rappresentativi della professione. Così l’appello arriva forte e chiaro: “E’ il momento di superare le condizioni culturali che generano questa disparità: la consapevolezza è almeno il primo passo”.
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