Le malattie croniche del fegato sono un’emergenza clinica e assistenziale sia a livello mondiale che nazionale. Nel caso di insufficienza epatica irreversibile il trapianto di fegato rappresenta l’opzione fondamentale salvavita, ma serve la generosità di chi può donare.
Le cause della insufficienza epatica che porta al trapianto di fegato possono essere varie, come ad esempio le infezioni virali (Hcv/Hbu), abuso di alcol, Nash, malattie autoimmuni e malattie oncologiche.
Nel 2019 i trapianti di fegato in Italia sono stati 1.302, con un aumento del 42% rispetto al 1999. I dati sulla sopravvivenza post-trapianto, che pongono l’Italia tra i primi posti in Europa, dimostrano che la rete trapianti sviluppata in Italia è molto efficace.
Nel percorso di cura di questi pazienti che necessitano di trapianto di fegato molte sono le fasi critiche: dal pre-trapianto, con attenta valutazione dell’idoneità a ricevere l’organo e inserimento in lista d’attesa; al trapianto stesso con il percorso di preparazione; alla fase post trapianto di fegato e follow-up, nella quale si monitora l’esito dell’intervento e lo stato di salute del paziente.
Per poter far sì che il trapianto di fegato salvi la vita del maggior numero di persone che ne hanno bisogno è necessario sensibilizzare sulla donazione degli organi perché un famigliare su tre dice no; serve anche una rete più strutturata tra clinici e associazioni di pazienti, una rete del referral oncologico più solida e il riconoscimento dell’epatopatia nei confronti del quale anche il medico di medicina generale deve fare la sua parte.
Paola Binetti, Componente della XII Commissione Permanente (Igiene e Sanità) del Senato della Repubblica portando all’attenzione due temi cruciali: aumentare la cultura della donazione degli organi e potenziare la formazione del medico di medicina generale in funzione di una diagnosi precoce della malattia epatica.
Insomma, è proprio vero il malato di fegato deve superare un percorso ad ostacoli e il trapianto di fegato è l’ostacolo più alto, ma non si può saltare perché per molti è anche l’ultima spiaggia.