La nuova metodica prende il nome di ‘stimolazione transcranica a corrente alternata’ o ‘tACS’ e consiste in un approccio non invasivo che permette di risincronizzare le ‘onde’ cerebrali alla frequenza corretta – la gamma, che oscilla 40 volte al secondo.
L’Alzheimer è una malattia molto frequente, soprattutto dopo i 65 anni di età. È tra le prime cause di disabilità e al momento non esistono terapie che ne modificano il decorso. La ricerca però per fortuna avanza e dagli Stati Uniti arrivano novità riguardanti farmaci che vanno a rimuovere una sostanza che si accumula nel cervello delle persone affette da questa patologia, che è l’amiloide. “Prima però che questo si traduca in un miglioramento clinico per la maggior parte dei pazienti, passeranno degli anni”, evidenzia il Dottor Alberto Benussi, neurologo e ricercatore Airalzh (Associazione Italiana Ricerca Alzheimer) presso la Clinica Neurologica degli “Spedali Civili” di Brescia diretta dal Prof. Alessandro Padovani. “Quello che noi stiamo facendo con l’Associazione Airalzh, che ha finanziato un progetto di ricerca all’Università degli Studi di Brescia, è andare a ripristinare le “onde” cerebrali che normalmente troviamo nel cervello delle persone sane”.
Stimolazione elettrica transcranica
La nuova metodica prende il nome di ‘stimolazione transcranica a corrente alternata’ o ‘tACS’ e consiste in un approccio non invasivo che permette di risincronizzare le ‘onde’ cerebrali alla frequenza corretta – la gamma, che oscilla 40 volte al secondo. “Nella malattia di Alzheimer questi ritmi cerebrali fisiologici rallentano e ciò si correla anche con il grado di demenza e disabilità”, precisa Benussi. “Nel progetto Airalzh siamo riusciti a reclutare 60 pazienti affetti dalla malattia in forma lieve (divisi equamente tra uomini e donne, con un’età media di 72 anni, ndr.), che hanno partecipato allo studio. Nel corso dello stesso abbiamo osservato come, dopo 60 minuti di stimolazione, vi era un miglioramento cognitivo a breve termine in queste persone, con buone performance di memoria. Quello che stiamo portando avanti adesso, grazie ad Airalzh, ma anche grazie a un nuovo bando del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) di cui è responsabile la Prof.ssa Barbara Borroni, è cercare di ottenere effetti a lungo termine, mediante stimolazione applicata direttamente al domicilio del paziente dal caregiver stesso, ogni giorno, per 4 mesi consecutivi”.
Leggere, studiare e frequentare gli amici è un toccasana
Ad ogni modo, una cosa che va detta è che l’Alzheimer si può prevenire, come ricorda il dottor Benussi: “Pensiamo che in un terzo dei casi circa la patologia possa essere evitata con lo stile di vita. Si è visto che l’attività fisica e un’alimentazione sana ed equilibrata, basata sul modello della dieta mediterranea, sono fattori protettivi, così come anche l’alta scolarità e il mantenersi attivi dal punto di vista sociale e intellettuale. Importante anche trattare tutti i fattori di rischio cardiovascolari – vale a dire la pressione, il diabete e l’obesità – che aumentano le probabilità di sviluppare questa malattia”. Consigli molto importanti, visto e considerato che la malattia di Alzheimer, ma anche tutte le altre forme di demenza, sono un vero e proprio problema di salute pubblica con un forte impatto per il Sistema sanitario, sociale ed economico nazionale (il costo medio annuo per assistere questi pazienti è stato stimato pari a 70.587 euro pro capite, comprensivo dei costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale, di quelli che ricadono direttamente sulle famiglie e dei costi indiretti – gli oneri di assistenza che pesano sui caregiver, i mancati redditi da lavoro dei pazienti.
I numeri
In Italia i malati di Alzheimer sono circa 1 milione. Numeri che fanno riflettere, le cui ricadute sono destinate a diventare più importanti nei prossimi anni: l’incidenza della demenza aumenta esponenzialmente con l’età e l’invecchiamento della popolazione solleva il tema della gestione dei malati. Secondo le proiezioni riportate dal sito del Ministero della salute, nel 2051 ci saranno 280 anziani ogni 100 giovani: i numeri delle malattie croniche legate all’età, tra cui le demenze, sono destinate a salire ancora.