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Crisi del personale, gettonisti, scarso ricambio generazionale: i dati dell’indagine Gimbe

Negli ultimi anni il sistema sanitario sta vivendo una crisi del personale sanitario senza precedenti, la situazione si fa sempre più critica, destando preoccupazioni tra esperti e sindacati. La Fondazione Gimbe ha lanciato un allarme: le carenze e le difficoltà che gravano sul Servizio Sanitario Nazionale dipendono da “errori di programmazione”, per via di un “definanziamento sistematico” cui si aggiungono le dinamiche più recenti che hanno demotivato e provocato disaffezione tra i professionisti del settore.

Nino Cartabellotta, presidente Gimbe, viene subito al punto: “Senza un adeguato rilancio delle politiche per il personale sanitario, l’offerta dei servizi sanitari ospedalieri e territoriali sarà sempre più inadeguata rispetto ai bisogni, rendendo impossibile garantire il diritto alla tutela della salute”. Una previsione che invita a riflettere sulla sostenibilità del comparto.

Nel 2023 è raddoppiata la spesa per l’impiego di personale retribuito a gettone, una tipologia di ingaggio più remunerativa, necessaria per colmare i buchi in organico, ma che mostra tutti i suoi limiti. In questa cornice, il ministro Orazio Schillaci, ha cercato di rassicurare l’opinione pubblica, affermando che i recenti interventi normativi sono stati concepiti per rendere più attrattiva la professione del medico, e per migliorare la qualità e l’efficienza del servizio offerto. Tuttavia, le parole del ministro si scontrano con la realtà vissuta da chi presta servizio “in prima linea” negli ospedali e nei poliambulatori: i sindacati giudicano insufficienti le misure introdotte con la legge di Bilancio 2025 e annunciano incontri per decidere le modalità di una eventuale mobilitazione unitaria.

Pierino Di Silverio, segretario del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed, avverte: “Non possiamo continuare a cavarcela con i proclami. Ciò che serve sono azioni concrete, da parte del governo, non solo annunci”. Le parole del leader degli ospedalieri rispecchiano un malessere crescente tra i professionisti della salute, che si sentono sempre più trascurati e sottovalutati.

Se si analizzano i dati forniti da Gimbe si vede che dal 2012 al 2023, il capitolo della spesa sanitaria relativo ai redditi da lavoro dipendente è stato quello maggiormente sacrificato. Cartabellotta ha sottolineato che, in termini assoluti, la spesa per il personale è passata da 36,4 miliardi di euro nel 2012 a 34,7 miliardi nel 2017, per poi risalire a 40,1 miliardi nel 2023. Tuttavia, nonostante questa risalita, in termini percentuali sulla spesa sanitaria totale, il trend mostra una erosione lenta e costante: dal 33,5% nel 2012 al 30,6% nel 2023. I sacrifici hanno un prezzo: 28,1 miliardi di euro in meno destinati, negli anni, alla voce lavoratori dipendenti.

La crisi del personale non è solo una questione economica, ma anche sociale. Le liste d’attesa si allungano, i tempi dedicati alla relazione medico paziente si contraggono, e il morale degli operatori sanitari è a terra. La carenza di personale sufficientemente motivato sta innescando un circolo vizioso che rischia di compromettere irreversibilmente la sfera del welfare, così come l’abbiamo conosciuta finora.

La situazione attuale viene vissuta come una tempesta silenziosa, ma la mobilitazione dei sindacati potrebbe rivelarsi il punto di svolta necessario per riportare l’attenzione su un tema che va affrontato con urgenza. La crisi del personale nel settore sanitario si declina in molteplici forme, una delle quali è rappresentata dall’impiego dei gettonisti. Questo fenomeno, emerso con forza negli ultimi anni, è stato oggetto di analisi approfondite da parte della Fondazione Gimbe, il report ha messo in luce le implicazioni critiche di una pratica diventata ormai consuetudine. Il governo ha tentato di introdurre misure correttive, ma le soluzioni sembrano ancora lontane.

Il problema principale rappresentato dalla carenza di personale sanitario si aggrava in quanto le Regioni non sono in condizioni di aumentare la spesa per assumere dipendenti, a causa dei vincoli di bilancio. Questa situazione ha aperto la strada al fenomeno dei gettonisti, ovvero medici e operatori sanitari assunti tramite agenzie e cooperative. Questi professionisti, pur svolgendo compiti essenziali, vengono remunerati in modo diverso rispetto ai dipendenti a tempo indeterminato, con i costi che vengono rendicontati come spese per beni e servizi.

Un report dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), citato da Gimbe, ha evidenziato che già nel 2019 il fenomeno dei gettonisti era ben radicato, con una spesa complessiva di 580 milioni di euro. Ma i dati più recenti ci dicono che nel solo periodo tra gennaio e agosto 2023, la spesa per questa voce ha raggiunto quota 476 milioni, un valore doppio rispetto all’intero anno 2022. Questo trend solleva interrogativi sulla sostenibilità del sistema sanitario.

Un aspetto paradossale emerge dall’analisi comparativa delle Regioni: quelle in piano di rientro presentano una spesa media per il personale dipendente più alta rispetto alle altre regioni. Per il 2022, si stima che la spesa per unità di personale a livello nazionale si attesti attorno ai 57mila euro, con tutte le Regioni in piano di rientro che mostrano valori superiori alla media nazionale. Questo dato fa riflettere sulla gestione inefficiente delle risorse e sull’incapacità di attrarre e trattenere personale qualificato.

Guido Quici, presidente del sindacato Cimo-Fesmed, è netto: “Senza una inversione di rotta che sappia valorizzare i professionisti, il Servizio sanitario nazionale è destinato al fallimento”. Questo monito sottolinea l’urgenza di adottare misure per affrontare subito la carenza di personale, e che promuovano un ambiente di lavoro sostenibile, capace di attrarre giovani talenti.

In questa ottica, è fondamentale che il governo e le istituzioni sanitarie non si limitino a interventi tampone, ma che avviino riforme strutturali in grado di risolvere le radici del problema. La scommessa è formidabile, e la posta in gioco è alta: il futuro della sanità italiana dipende da scelte lungimiranti, capaci di restituire dignità e valore al lavoro negli ambulatori e in corsia.

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