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Quando il sovrappeso diventa obesità: segni premonitori e fattori di rischio della malattia

L’obesità è diventata un tema di crescente importanza nel campo della salute pubblica, definita da molti esperti come una epidemia silenziosa. Oggi, oltre un miliardo di persone nel mondo è in sovrappeso e rischia di continuare prendere peso fino al punto di non ritorno. Recentemente, una commissione internazionale di esperti, supportata da 75 società scientifiche, ha pubblicato un documento fondamentale, su The Lancet Diabetes & Endocrinology, documento che apporta significative modifiche alla definizione e ai parametri diagnostici dell’obesità.

La nuova definizione di obesità
Tradizionalmente, l’obesità è stata diagnosticata attraverso l’Indice di Massa Corporea (BMI), una misura che, sebbene utile, presenta diverse limitazioni. Gli esperti ora avvertono che il BMI non è un indicatore affidabile di salute o malattia e può portare a diagnosi errate. La nuova guida diagnostica include la misurazione della circonferenza vita e l’analisi della composizione corporea tramite la scansione DEXA, una tecnica che misura la densità ossea e la distribuzione del grasso corporeo.

La commissione ha distinto tra due tipi di obesità:

– Obesità clinica: considerata una malattia cronica vera e propria, associata a disfunzioni organiche e sintomi clinici.
– Obesità pre-clinica: caratterizzata da un aumento di peso che non ha ancora portato a problematiche di salute significative, sebbene presenti un grado variabile di rischio.

Questa distinzione è cruciale per garantire trattamenti personalizzati e prevenire la sovradiagnosi, un problema che può derivare da una classificazione imprecisa delle condizioni di salute dei pazienti.

I criteri diagnostici
Il documento pubblicato elenca 18 criteri diagnostici per l’obesità clinica negli adulti, e 13 specifici per bambini e adolescenti. Tra i principali segnali d’allerta identificati, troviamo:

Dispnea (affanno): un sintomo comune che può indicare problemi respiratori associati all’obesità.
Insufficienza cardiaca: una condizione grave che richiede attenzione immediata.
Dolore alle articolazioni: in particolare, al ginocchio e all’anca, può limitare la mobilità del paziente.
Alterazioni ossee nei giovani: possono compromettere lo sviluppo fisico.
Questi criteri permettono di identificare in modo più preciso quando il sovrappeso sfocia in una condizione patologica, aprendo la strada a interventi tempestivi mirati.

L’importanza di un approccio personalizzato
L’obesità non è solo una questione di peso; è influenzata da fattori genetici, ambientali e comportamentali. Un trattamento efficace deve quindi considerare la varietà di fattori di rischio associati e adattarsi alle esigenze specifiche di ciascun individuo.

Come affermato dagli esperti, “La salute non è solo una questione di numeri sulla bilancia. È fondamentale comprendere il contesto complessivo della vita di una persona per affrontare l’obesità in modo efficace”.

Il riconoscimento dell’obesità come malattia cronica sta guadagnando terreno, e con esso la necessità di una diagnosi e un trattamento più accurati. Il presidente della commissione degli esperti, Francesco Rubino, del King’s College di Londra, sottolinea come le evidenze scientifiche attuali smentiscano la visione tradizionale dell’obesità. “Alcuni individui con obesità possono mantenere una normale funzione d’organo e un buono stato di salute globale, anche a lungo termine; mentre altri mostrano segni di malattia grave subito”, spiega il medico. Questa osservazione illustra la necessità di un approccio personalizzato al trattamento dell’obesità, che tenga conto delle differenze individuali nel metabolismo e nella distribuzione del grasso corporeo.

La ridefinizione del sovrappeso, e dell’obesità clinicamente patologica, consente di distinguere tra le persone che necessitano di interventi immediati e quelle che potrebbero beneficiare di strategie a lungo termine per la riduzione del rischio.

Robert Eckel, dell’Università del Colorado, mette in luce un concetto chiave: il superamento dell’ indice di massa corporea (BMI) come parametro di valutazione per l’obesità. “Abbiamo persone che possono accumulare grasso in eccesso in aree più pericolose, come il punto vita o attorno agli organi vitali, senza necessariamente avere un BMI che le identifichi come obese”, sottolinea lo specialista. Questo indica che l’assenza di un BMI elevato non garantisce l’assenza di rischi per la salute. Pertanto, è essenziale sviluppare metodi di valutazione più completi che considerino la distribuzione del grasso corporeo e altri indicatori.

Geltrude Mingrone, direttrice dell’unità operativa Patologie dell’Obesità del Policlinico Universitario Gemelli di Roma, afferma che il riconoscimento dell’obesità clinica potrebbe contribuire a ridurre lo stigma associato a questa condizione. “Definire i livelli essenziali di assistenza e garantire trattamenti adeguati è un passo fondamentale”, afferma la professoressa.

Joe Nadglowski, rappresentante dei pazienti di Obesity Action Coalition USA e membro della Commissione, ribadisce da parte sua l’urgenza di migliorare la formazione degli operatori sanitari e dei decisori politici riguardo all’obesità. “È cruciale affrontare lo stigma e promuovere una maggiore consapevolezza tra coloro che si occupano della salute pubblica”, conclude. Solo attraverso un approccio educativo e informativo sarà possibile garantire che le persone con obesità ricevano il supporto e le cure necessarie.

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