Per sensibilizzare le Istituzioni, ma anche l’opinione pubblica sul tema, l’Associazione di pazienti Sarknos, il Senatore Antonio De Poli e la Senatrice Paola Binetti hanno organizzato un evento sui “Tumori Rari” presso il Senato della Repubblica
Il 50% dei pazienti affetti da sarcoma arriva ad una diagnosi corretta tardivamente, solo dopo essere stato sottoposto a procedure terapeutiche errate. Più del 40% delle diagnosi istologiche vengono modificate dopo la revisione in un centro specialistico di riferimento. Sono sufficienti due dati per spiegare quanto ancora oggi il percorso che deve affrontare una persona con sarcoma possa essere ad ostacoli: nella maggior parte dei casi la diagnosi corretta viene formulata anche a distanza di un anno dal primo esame diagnostico e procrastinare l’inizio delle cure adeguate si traduce, inevitabilmente, in un peggioramento della prognosi. Ed è proprio per sensibilizzare le Istituzioni, ma anche l’opinione pubblica sul tema che l’Associazione di pazienti Sarknos, il Questore del Senato, il Senatore Antonio De Poli e la Senatrice Paola Binetti hanno organizzato un evento sui “Tumori Rari”, tenutosi nel tardo pomeriggio di ieri presso il Senato della Repubblica.
Cosa sono i sarcomi
“I sarcomi sono tumori dei tessuti connettivi, tessuti ‘di sostegno’ dell’organismo. Vi sono quindi sarcomi delle parti molli, dell’osso e dei visceri – spiega il dottor Sergio Valeri, presidente Sarknos, Responsabile della Chirurgia dei Sarcomi dei Tessuti Molli presso la Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico -. Si tratta di tumori rari – poiché rappresentano circa l’1% di tutti i tumori dell’adulto – che possono presentarsi in cento diverse varianti. Proprio per l’estrema varietà sono ritenuti nemici insidiosi che per essere affrontati nel migliore dei modi devono essere innanzitutto riconosciuti. La diagnosi necessita sempre di una conferma istologica, poiché solo una diagnosi corretta può indirizzare al trattamento più adeguato ad ogni singolo paziente”.
L’approccio multidisciplinare
“Se rara è una malattia non deve essere altrettanto raro il diritto di una persona di curarsi – aggiunge il senatore Antonio De Poli -. Questo deve includere una presa in carico della persona a 360°, per assicurarle la migliore qualità di vita possibile. Il tutto avvalendoci anche delle nuove tecnologie, dalla telemedicina all’intelligenza artificiale, sempre come sostegno e mai in sostituzione del contributo dei professionisti sanitari”. Nel corso dell’evento, infatti, a testimonianza della necessità di un approccio multidisciplinare per la presa in carico di una persona affetta da sarcoma, si sono confrontati non solo oncologi, ma anche esperti di riabilitazione, medici di medicina generale, Istituzioni e pazienti. “La parola d’ordine per la diagnosi e la cura dei tumori rari è multidisciplinarietà – ribadisce Bruno Vincenzi, professore ordinario di Oncologia Medica presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico -. Tale approccio, come dimostrato da studi scientifici, migliora la prognosi e diminuisce i casi di recidiva. Inoltre, più del 40% delle diagnosi istologiche vengono modificate dopo la revisione in un centro di riferimento. Tale approccio multidisciplinare può essere migliorato grazie al supporto della Rete dei Tumori Rari, un vantaggio sia per il medico – che può condividere le sue scelte – che per il paziente”.
Le diagnosi tardive
“Il 50% delle persone affette da sarcoma arriva ad una diagnosi corretta tardivamente, solo dopo essere stato sottoposto a procedure terapeutiche errate. Il principale errore viene commesso in sala operatoria – continua il dottor Valeri -. Il chirurgo che opera una persona affetta da sarcoma, ignaro della reale diagnosi, effettua una procedura chirurgica non adeguata a questa tipologia di tumore raro. Importante anche che tale intervento venga effettuato in un Centro Specializzato di riferimento: numerosi studi scientifici hanno mostrato che i pazienti operati in tali Centri hanno avuto tassi di recidiva decisamente inferiori. Tuttavia, è ad oggi molto difficile definire cosa si intenda per Centro di riferimento, ma senza dubbio è indispensabile che abbia un forte legame con le Associazioni dei Pazienti. Se riuscissimo a frenare la reazione del chirurgo di asportare qualsiasi massa individui, riusciremmo senza dubbio ad effettuare trattamenti più adeguati, perché ‘cuciti’ sulle esigenze del singolo paziente e non frutto di procedure standardizzate”, incalza il Presidente di Sarknos.
Il contributo dei pazienti
“Il percorso terapeutico che affronta un paziente oncologico deve necessariamente prevedere, oltre alla cura in senso stretto, anche la riabilitazione per assicurare la migliore qualità della vita possibile – assicura
Francesco De Lorenzo, Presidente FAVO -. Il grande successo di FAVO, infatti, è dovuto proprio al ponte di collegamento, un dialogo tra i pazienti e le società scientifiche, che la Federazione ha costruito negli anni. Ci siamo prodigati in modo particolare proprio per i pazienti affetti da tumori rari, dando vita ad una serie di iniziative che negli anni hanno permesso l’istituzione della Rete dei Tumori rari. Successivamente è stato formato un gruppo di lavoro che ha declinato la definizione di ‘Tumori rari’, nonché la raccolta in un sito di tutti i Centri di riferimento presenti sul territorio nazionale, utile ad orientare il paziente”.
L’importanza della riabilitazione
“Dobbiamo indirizzare il paziente al miglior percorso riabilitativo per garantirgli la qualità migliore di vita a cui può auspicare nelle condizioni in cui si trova – commenta Irene Aprile, Direttore del Dipartimento della Riabilitazione Neuromotoria della Fondazione Don Gnocchi, referente della sede di Roma e componente del Consiglio direttivo dell’Associazione Sarknos – . Utilizziamo le nuove tecnologie e la robotica sia nella fase valutativa, utile ad accertare la performance motoria di un paziente sottoposto ad un intervento chirurgico per l’asportazione di un sarcoma, attraverso strumentazioni come l’elettromiografia di superfice e il sistema optoelettronico, che nella fase riabilitativa vera e propria – spiega la dottoressa Aprile -. Attraverso degli scenari di realtà virtuale, ad esempio, è possibile far ‘esercitare’ il paziente a compiere un determinato movimento come se si trovasse nella vita reale. Le stesse tecnologie ci permettono pure di valutare che il percorso riabilitativo stia dando buon esito. Ad esempio – evidenzia la specialista -, attraverso delle speciali pedane possiamo rilevare la pressione esercitata durante la camminata, la lunghezza del passo, la velocità con cui si deambula. Tutte queste capacità del paziente verranno espresse attraverso scale numeriche che permetteranno di avere il punto di partenza e, via via, di valutare i successivi progressi, anche paragonandoli ai valori riferiti ad una ‘fascia di normalità’, ovvero relativi ad un soggetto sano. Altro valore aggiunto offerto dalle nuove tecnologie è la possibilità di seguire il paziente distanza attraverso la tele-riabilitazione: può fare gli esercizi direttamente a casa propria non rinunciando ad un monitoraggio attento e puntuale anche in tempo reale da parte dei professionisti della riabilitazione”, conclude la dottoressa Aprile.
La mozione bipartisan
L’evento dedicato ai “Tumori Rari” è stata anche occasione per discutere della mozione bipartisan, a prima firma del Senatore Orfeo Mazzella, presentata al Senato in occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare. Il testo, sottoscritto da rappresentanti di diverse forze politiche, affronta numerosi aspetti legati alle malattie rare, con particolare attenzione alle misure di sostegno per i pazienti e alle politiche sanitarie. Per i pazienti affetti da patologie rare si chiede in particolare di “garantire su tutto il territorio nazionale accesso tempestivo ed omogeneo alle terapie e agli enti del servizio sanitario nazionale di approvvigionarsi dei farmaci orfani ai sensi del regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, valutando l’ipotesi di un’unica procedura d’acquisto per l’intero fabbisogno nazionale, avvalendosi di centrali di committenza regionali, assicurando l’accesso a farmaci orfani e terapie innovative”. Ancora, di “consolidare la rete nazionale di centri di riferimento specializzati per le malattie rare, in collaborazione con le reti European reference network (ERN), al fine di fornire supporto multidisciplinare ai pazienti e alle loro famiglie, facilitando l’accesso a specialisti anche attraverso i servizi di telemedicina previsti nel PNRR: televisita, teleconsulto e teleconsulenza medico-sanitaria, teleassistenza, telemonitoraggio”.