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Rems di Calvi Risorta, paziente esce e rientra ubriaco, aggredito il personale. Psichiatri: urge una riforma del sistema di cura e custodia degli autori di reati

Un detenuto, paziente psichiatrico, ospite di una Rems a Calvi Risorta, ubriacatosi dopo un’uscita non autorizzata, in assenza della vigilanza da parte della polizia penitenziaria, al rientro ha aggredito alcuni infermieri e distrutto con pietre e altri oggetti contundenti infissi e suppellettili della struttura calmandosi solo all’arrivo delle forze dell’ordine

“Gli operatori di queste Rems – avverte Manuel Ruggiero, medico del 118 e curatore della pagina facebook Nessuno Tocchi Ippocrate – sono spaventati. I detenuti delle Rems, pazienti in custodia con problemi psichici, sono difficilissimi da gestire e spesso autori di gravi reati, tentati suicidi, omicidi o tentati omicidi. Alla Rems in questione gli operatori sanitari non possono essere considerati responsabili della custodia. Nel caso specifico questo paziente aggirando la guardianìa di fiduciari e guardia giurata è uscita dalla struttura per poi rientrato alterato da sostanza stupefacenti. Si tratta di soggetti pericolosi, mine vaganti. Da questa Rems ci sono giunte molte segnalazioni di uscite non autorizzate di pazienti in custodia che aggirano la sorveglianza. Eventi pericolosissimi su cui occorre accendere i fari prima che accade l’irreparabile.

Che le Rems siano poche in tutta Italia e comunque non adeguate alla custodia dei pazienti psichiatrici (che talvolta non lo sono) autori di reato, lo sostiene anche la Società italiana di Psichiatria che di recente ha lanciato  un appello in una tavola rotonda su psichiatria e giustizia che si è svolta a Venezia promossa da Motore Sanità: “Bisogna procedere alla revisione della legge 81 del 2014 – ha sottolineato la presidente della scietòà scientifica di Psichiatria Emi Bondi – e aprire un dialogo con la magistratura per meglio gestire le risorse e indirizzare i provvedimenti”. Un faro potrebbe essere il Progetto pilota messo in campo proprio in Veneto, dei CePAC, strutture accreditate per la custodia di pazienti psichiatrici autori di reato e considerate un esempio di buone pratiche e di snodo fra i Dipartimenti di salute mentale, che hanno in carico persone autori di reato con disturbi di mente, e le Rems. Un modello anche per le altre regioni italiane che sono allo studio anche in Campania.

“In gravi casi di cronaca in cui si verificano efferati delitti che turbano l’opinione pubblica  – come il caso Turetta e l’omicidio di Giulia Cecchettin – ha aggiunto la psichiatra – ma anche in altri gravi reati in cui i comportamenti rompono gli argini della normalità, siamo portati a pensare che sia una persona malata di mente a metterli in atto. In realtà è un errore ricondurli automaticamente ad un disturbo psichiatrico o ad un vizio di mente. Al netto delle valutazioni di merito del singolo caso dobbiamo ricordare che il male esiste, la violenza viene agita continuamente in vari ambiti della nostra società e i disturbi antisociali della personalità non possono essere restituiti alla sicurezza, in termini di pericolosità sociale, da un approccio medicalizzato”. “E’ un dato di fatto – ha aggiunto la psichiatra – che nella nostra società sono più numerosi i cattivi che i matti e ciò pone un problema semmai di prevenzione, sicurezza sociale, cura e custodia a tutto tondo. La psichiatria non può occuparsi dell’ordine pubblico mentre può e deve operare nelle carceri, interagire profondamente con il sistema della giustizia e della reclusione e custodia ai fini della sicurezza e dalla cura di pazienti disturbati ma nell’attuale sistema di interazione della Psichiatria e della Giustizia siamo oltre le nostre possibilità. Servono dunque – ha concluso Bondi – riforme concrete delle articolazioni dei servizi di Salute mentale, sia in ospedale che sul territorio, nelle carceri e negli altri luoghi di custodia come le Rems ma al contempo un adeguamento in termini di quantità e qualità delle dotazioni strumentali, strutturali e di personale in cui effettuare la presa in carico, la cura e la custodia di chi commette reati e di chi, tra questi, è affetto da gravi vizi di mente. La Psichiatria è fuori e dentro le carceri ma senza risorse, personale e strumenti”. 

Andrea Ostellari,sottosegretario al ministero della Giustizia con la delega all’amministrazione penitenziaria, intervenuto al dibattito, ha puntato il dito sulla necessità di istituire una cabina di regia tra Giustizia e Salute su cui ha già trovato la disponibilità del ministro Orazio Schillaci con cui valutare le necessità e urgenze per potenziare la rete delle strutture e agire sulle leve della prevenzione dei reati connessi a profili di personalità più o meno patologici ma anche per potenziare i servizi di cura dentro le carceri.

 “Sono stato chiamato da perito per una trentina di casi di femminicidi – ha aggiunto Rolando Paterniti, criminologo dell’Università degli Studi di Firenze e membro del tavolo nazionale di Sanità e Giustizia – e solo in due casi si trattava di un reato effettuato sotto l’influenza di allucinazioni e gravi incapacità mentali. Bisogna individuare un disturbo severo e profondo di tipo psicotico per dichiarare incapace di intendere e di volere una persona. C’è poi un ricorso eccessivo alla perizia psichiatrica quando è chiaro che invece non è necessaria. Quanto ad alcuni disturbi come quello antisociale della personalità, gli psichiatri non possono curare tutto e tutti e questi sono da considerare non curabili”. Paterniti ha fatto parte del collegio peritale che ha valutato Gianluca Paul Seung, accusato dell’omicidio della psichiatra Barbara Capovani avvenuto lo scorso aprile a Pisa. “Abbiamo riconosciuto nell’imputato la presenza di un disturbo della personalità di tipo narcisistico e paranoideo ma ciò non ha inciso sulla sua capacità di intendere e di volere. E dunque il luogo in cui un profilo deve stare è il carcere. Quanto a gravi fatti di cronaca con efferati delitti vanno assolutamente evitati processi mediatici e spettacolarizzazioni e vanno intervistati i tecnici competenti sulla materia e non opinionisti fuorvianti nella analisi della materia criminologica. Anche la modalità comunicativa è importante e bisogna fare attenzione ai linguaggi per non aumentare – infine – lo stigma nei confronti dei malati di mente”. L’ultimo fatto di cronaca è avvenuto nei giorni scorsi all’ospedale del mare dove un paziente in fase di ricovero in psichiatria con un morso ha staccato di netto un dito a un infermiere. Soggetti violenti in cui non sempre il disturbo è in rapporto di causa ed effetto con l’atto e i l reato commesso su cui il mondo della psichiatria e quello della giustizia devono trovare in una sintesi per stabilire nuove misure e nuove regole per la sicurezza di cittadini, operatori e pazienti al netto dei diritti delle persone ammalate.

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