Telesoccorso, teleassistenza, diagnosi da remoto, stampa 3D per trasformare le maschere da snorkeling in respiratori più funzionali dei caschi C-Pap (Continuous Positive Airway Pressure), Robot dedicati alla assistenza dei pazienti e per finire diverse tecnologie di diagnosi/cura con sistemi di Intelligenza Artificiale e Machine Learning. Il futuro è arrivato improvvisamente grazie a Covid-19? O più semplicemente siamo stati costretti a vederne le potenzialità e l’utilità?
In Corea del Sud già prima della pandemia i robot erano usati per misurare le temperature ai pazienti e distribuire disinfettante per le mani. In USA in alcuni mega-store, si usano già oggi i robot per pulire gli ambienti commerciali. Nella piccola Danimarca la tecnologia dei raggi ultravioletti per disinfettare gli ambienti e gli oggetti in maniera molto profonda attraverso robot, è già stata prodotta (ironia della sorte nella città di Odense la patria del più celebre autore di fiabe al mondo Hans Christian Andersen) e acquistata da strutture sanitarie in Cina e in Europa. Funziona con una tecnologia avanzata che utilizza raggi UV-C pulsati, generati da una lampada allo xeno che garantisce un ampio spettro germicida. Questa raggi combinati con l’ozono, prodotto dall’ossigeno dell’aria, passa attraverso le pareti cellulari di batteri, virus e spore batteriche, danneggiando la loro capacità di replicarsi, impedendone così la riproduzione nell’ambiente.
Addirittura così come Google, sta sviluppando sistemi di intelligenza artificiale che potranno essere usati per molte attività, dal tutoraggio scolastico alla consulenza finanziaria, Mark Zuckerberg di Facebook sta lavorando con l’intelligenza artificiale per rimuovere post giudicati inappropriati sul suo social network, dopo le tante polemiche degli ultimi anni.
Ma c’è da chiedersi se fosse proprio necessario l’arrivo del Coronavirus per vedere applicate queste tecnologie o pensare di utilizzare in vista dell’approssimarsi della fase 2.
Pensiamo a cosa avrebbe potuto fare un sistema di Machine Learning utilizzato per covid-19: forse avrebbe potuto accelerare la comprensione della malattia, gli aspetti legati alla sua diffusione o al suo decorso in diversi fenotipi (cioè l’insieme di tutte le caratteristiche di organismi viventi da quelle morfologico-funzionali, comprensive del comportamento a quelle dettate dalle influenze ambientali) di pazienti, indicando chi sarebbe andato incontro a complicanze. Machine learning infatti funziona insegnando ai computer, ai robot, alle macchine a fare attività imparando dall’esperienza attraverso algoritmi matematici, senza modelli equazioniali predeterminati, che migliorano le loro prestazioni in modo adattativo-esperienziale cioè mano a mano che gli “esempi” da cui apprendere aumentano. Quindi senza necessità di continui complessi aggiornamenti di programmazione. Recenti applicazioni sono già operative in campo oncologico, epidemiologico costruendo modelli previsionali e diagnostici estremamente accurati.
Pensare che il termine Machine Learning oggi sulla bocca di tutti, tra mille aspettative, è nato nel 1959 dallo scienziato USA Arthur Lee Samuel studioso dell’Intelligenza Artificiale.