Ricercatori dei National Institutes of Health hanno scoperto i segnali biologici che contraddistinguono la sindrome da fatica cronica successiva a un’infezione virale o batterica come la mononucleosi o Covid-19. Alcune anomalie del cervello e del sistema immunitario spiegano i sintomi
Segnali precisi, osservabili e quantificabili indicativi di una anomalia clinica. Indispensabili per una diagnosi, utili per comprendere le manifestazioni e l’evoluzione di una malattia, fondamentali per proporre il trattamento più efficace. In una parola: biomarcatori. Mancavano per la sindrome da fatica cronica (chiamata anche sindrome da encefalomielite mialgica/fatica cronica) e ora potrebbero essere stati trovati.
Così suggerisce uno studio firmato dai ricercatori del National Institutes of Health pubblicato su Nature Communications che hanno cercato scrupolosamente di rintracciare gli elementi distintivi della sindrome da fatica cronica successiva a un’infezione virale o batterica in 17 pazienti con una sintomatologia riconducibile alla sindrome secondo il giudizio indipendente di diversi esperti. Sono emersi alcuni dettagli di un meccanismo patofisiologico preciso che spiegherebbe, in sostanza, come mai le persone affetta dalla sindrome hanno difficoltà a decidere di compiere uno sforzo e a sostenerlo una volta che è stato intrapreso.