Il gruppo di pasquale Arpaia dal Cern di Ginevra a Fuorigrotta
I laboratori di Neuroinegneria dell’Università Federico II di Napoli diretti da Pasquale Arpaia sono una punta avanzata a livello internazionale nella realizzazione di interfacce tra cervello e computer senza l’uso di tastiera. Attualmente il centro di ricerca fa parte del Cirmis (Centro interdipartimentale per la ricerca e l’innovazione e il management sanitario) creato sotto la guida della ex presidente della Scuola di Medicina della Federico II, Maria Triassi che attualmente guida un dipartimento assistenziale e presiede il Cirmis e la Fondazione Triassi per il management sanitario.
Il Cirmis porta avanti vari studi: la misura del rischio cardiovascolare in medicina del lavoro, le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale alla qualità della sutura in laparotomia e alla diagnostica delle fratture maxillo-facciali, l’applicazione della Realtà aumentata alla Chirurgia Generale e le interfacce cervello-computer per la terapia robotica dei bambini autistici.
I risultati dei Team congiunti relativi alla strumentazione avanzata per il Pancreas Artificiale sono stati pubblicati su riviste del Gruppo Nature. Il Centro, nato da una iniziativa congiunta dei Dipartimenti di Sanità Pubblica e di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione, promuove e realizza ricerche interdisciplinari e multidisciplinari con l’obiettivo di elaborare modelli e soluzioni innovative per l’ottimizzazione della gestione e della governance dei Servizi e dei Sistemi Sanitari con particolare riguardo all’organizzazione dell’assistenza ospedaliera e territoriale e al monitoraggio della qualità dei servizi sanitari ICT.
Il Cirmis promuove anche il trasferimento di conoscenza attraverso lo svolgimento di attività didattiche integrative, nonché di attività di alta formazione professionalizzante. Partecipano alle attività del neocostituito Centro già più di 40 professori e ricercatori della Federico II espressione dalla Scuola di Medicina e Chirurgia; Agraria e Medicina Veterinaria; Scienze Umane e Sociali; Politecnica delle Scienza di Base. Dal 2014 Arpaia allora ha fondato 4 società di spin-off high-tech per il trasferimento tecnologico alle PMI in Campania e collaborato allo sviluppo di strumenti e simulatori per l’alta formazione medica nel laboratorio creato da Maria Triassi. Ieri una delegazione di scienziati del ramo guidati da Luciana Lorenzon (uno dei massimi clinici europei di neuro-feedback e Antonio Forenza proprietario di Awear, una start up della Silicon Valley che si occupa di sviluppo e ricerca sui neurodispositivi, sono stati in visita a Napoli, ai laboratori del tecnopolo di Fuorigrotta. Arpaia dirige anche il Centro interdipartimentale di ricerca in Management sanitario e innovazione in sanità (Cirmis), di IMPALab e di ARHeMLab nell’ambito del progetto DIETI (Dipartimenti di eccellenza del Miur).
Un’eccellenza, quella espressa da Arpaia, riconosciuta a livello internazionale: attualmente a Napoli dirige un team di giovani ricercatori napoletani tra i più avanzati al mondo nel campo dello sviluppo di interfacce tra cervello umano e sistemi elettronici. Strumenti avanzatissimi con cui presto, praticamente già oggi, è possibile dialogare e utilizzare un computer utilizzando il pensiero al posto della tastiera. “Un mio allievo – avverte il docente napoletano – ha messo a punto un sistema per utilizzare un apple phone senza toccarlo. Strumenti che solo utilizzandoli danno la misura di quanto sia avanzata la ricerca in questo campo”.
L’ultimo suo lavoro è un libro sulle interfacce cervello computer indossabili anche nel quotidiano scritto insieme ad A. Esposito, L. Gargiulo ed N. Moccaldi sulle interfacce cervello-computer con cui ha vinto un importante premio internazionale. “Su una short list di 200 libri di scienze, tecnologie, ingegneria e matematica – spiega lo scienziato napoletano – è stato selezionato da 50 giurati della prestigiosa casa editrice internazionale Taylor & Francis (CRC Press) come il migliore per qualità, rigore, rilevanza per il mercato e descrizione avvincente”. “Il nostro libro sulle interfacce cervello-computer indossabili quotidianamente ha vinto un importante premio internazionale. Su una short list di 200 libri STEM è selezionato da 50 giurati della prestigiosa casa editrice internazionale Taylor & Francis (CRC Press) come il migliore per “qualità, rigore, rilevanza per il mercato e descrizione avvincente”. Dei tre coautori due sono studiosi tornati da Ginevra con Arpaia e Antonio Esposito, giovanissimo, “è un geniale ricercatore che farà molta strada”.
Il primo scoglio quando tornai a Nappli da Ginevra al Cern nel 2014 non fu la difficoltà tecnica. Anzi si aprì immediatamente una porta inattesa: misuravamo i potenziali visivi evocati nel cervello da una sorgente luminosa lampeggiante e attuavamo i menu di uno smartphone. Era il barlume della della fattibilità del BrainPhone di ARHeMlab. Facilmente, con un sistema di acquisizione dati da 200 euro per una elettroencefalografia a bassissima densità di elettrodi. Il primo scoglio vero fu invece convincere il giovane allievo che ce la poteva fare, che ce la stava già facendo. Che lui stava creando un sistema che con una cuffietta per walkman era in grado di far navigare sullo smartphone. Non ci credeva che potesse farcela, che funzionava in laboratorio ma ce l’aveva fatta. La barriera non era sul banco di laboratorio ma nella sua testa.
Il laboratorio non avremmo dovuto chiamarlo Laboratory of Augmented Reality for Health Monitoring (ARHeMlab), ma intitolarlo a lui, alla sua incredulità di poter realizzare il sogno. Oggi siamo un gruppo di Ricerca internazionale di circa 30 persone, eppure il problema resta sempre lo stesso. Sognare, non realizzare. Perché nel fare noi ingegneri siamo maestri”. I nostri sforzi si sono concentrati in questi anni dunque in sistemi di misura per la neuroingegneria, con il chiaro intento di trasferire dal laboratorio tecniche complesse acclamate di BCI, all’uso quotidiano, grazie a sistemi wearable di basso costo. Una sorta di sdoganamento delle tecniche elitarie di punta e di ultima generazione affinché tutti ne possano risultare favoriti.
Questo sforzo è qui illustrato in questo libro a scopo didascalico, così che il lettore ne possa trarre beneficio. Potrei dire che questo libro è il risultato di ciò che abbiamo appreso sul BCI in questi anni. In realtà le tecnologie e le idee con i risultati qui esposti sono solo la punta dell’iceberg. Non perché abbiamo furiosamente lavorato, invasati e contagiati reciprocamente dalla stessa passione, anche su altri temi di ricerca. Ma perché siamo cresciuti e questo cammino ci ha resi diversi. Inestinguibilmente. Come dice la mia amica Sandra Castellani, antropologa e scrittrice: “Non è importante dove arriviamo, ma come camminiamo”.
E noi abbiamo camminato insieme. Dopo i momenti più difficili però, girandoci, dietro di noi non abbiamo trovato le orme di noi tutti, ma solo quelle di Uno. Ed è dunque a questo Uno verso cui noi tendiamo gli archi delle nostre vite per scagliare in avanti la conoscenza dei nostri lettori”.
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