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Napoli, ospedale Pellegrini: paziente in codice rosso muore

Il figlio della vittima finge malore e picchia l’infermiere.

Notte di dolore e di violenza al pronto soccorso dell’ospedale dei Pellegrini a Napoli: “Sabato notte all’incirca all’1:20 – avverte Giuseppe Fedele chirurgo di urgenza, di turno in ospedale – è stato aggredito un infermiere da un parente trasportato in pronto soccrso con un’autoambulanza del 118 in codice rosso. Il paziente è arrivato in arresto cardiaco e nonostante l’attivazione del codice rosso e della manovre rianimative messe in atto non si è riusciti a salvarlo. L’infermiere ha comunicato al parente della vittima l’avvenuto decesso e quello che sembrava un malore si è invece rivelato un modo per far avvicinare il sanitario che ha rimediato un violentissimo pugno al volto con una prognosi di 21 giorni senza contare lo stato ansioso refertato con 5 giorni di prognosi a una sua collega. Siamo ancora una volta esposti a una violenza cieca e ingiustificata. In un ospedale e in particolare in un pronto soccorso, i codici rossi vanno incontro ovviamente anche a esiti infausti. Il paziente era in arresto cardiaco e nonostante lo strenuo impegno per la rianimazione le manovre messe in atto non sono riuscite a recuperare in vita la vittima. Comprendiamo il momento del dolore, non possiamo però tollerare che la risposta a questo frangente sia la violenza. Bisogna mettere il personale sanitario in condizioni di lavorare serenamente e in sicurezza”.

“L’aggressione al Pellegrini – sottolinea Manuel Ruggiero, medico del 118 di Napoli nord che cura la pagina Facebook “Nessuno Tocchi Ippocrate” associazione di cui è presidente – è già la n.9 avvenuta nel 2023, 12 il totale in un mese e mezzo del nuovo anno tra Napoli 1 e Napoli 2 a fronte delle 68 registrate  nel 2022, una fetta molto più ampia di quelle “ufficiali” riportate dall’Osservatorio nazionale di recente convocato a Roma dal ministro della Salute Orazio Schillaci che evidentemente non funziona come dovrebbe. Il ministro della Salute Schillaci aveva annunciato l’istituzione dei posti di Polizia negli ospedali di frontiera. Per ora non ne abbiamo visto traccia”. 

LA REAZIONE

La reazione alla morte del paziente, alla comunicazione del decesso che ha scatenato la reazione violenta ha comprensibilmente provocato nella prima linea del Pellegrini scene di panico. “Il figlio del paziente è caduto al suolo quando gli è stato comunicato che il genitore era morto – continua Ruggiero – ma quando gli infermieri sono accorsi per aiutarlo ad alzarsi  lui, di tutta risposta, ha sferrato un cazzotto in pieno volto all’infermiere urlando la frase: “stavo aspettando il momento giusto per acchiappare uno di voi e colpirlo”. In pratica aveva simulato un malore premeditando in tal modo l’aggressione”. Sono stati allertati i carabinieri e per il professionista 21 giorni di prognosi. Per l’altra infermiera 5 giorni di prognosi per stato ansioso. “Sembrerebbe che l’aggressore abbia già dato problemi al 118 – aggiunge ancora Ruggiero – il vecchio Pellegrini si conferma un ospedale di frontiera, uno dei più pericolosi per il rischio aggressioni, il personale è stremato e la voglia di scappare via verso lavori più tranquilli è tanta. Non ci sentiamo di biasimarli, dopo l’escalation di questi anni la fuga dalla prima linea è la soluzione naturale per autodifesa”.

Giuseppe Fedele, chirurgo di urgenza di lungo corso: nonostante i pochi anni che lo separano dalla pensione, dopo i 35 vissuti in corsia, in prima linea, è ancora legatissimo al suo lavoro ed era di turno l’altra notte al Pellegrini insieme ad altri 11 camici bianchi tra medici e infermieri: “Eravamo tutti costernati. Un’altra infermiera è andata in panico. Ci siamo detti che l’unica soluzione è presentare dimissioni in massa. Lo abbiamo pensato tutti. Questo non è il primo e non sarà l’ultimo episodio. Servono subito provvedimenti esemplari. Ci sono delinquenti che vengono qui e o a ogni ora del giorno e della notte e fanno ciò che vogliono con la prepotenza. Non rispettano nulla e nessuno.

Tutti ricordano gli episodi degli ultimi anni. Le sparatorie ad altezza d’uomo, i sequestri di ambulanze ed equipaggi. Cosa deve ancora accadere? “Serve il posto di polizia, ci sono ancora i locali occupati un tempo dagli agenti in cui oggi si appoggia il drappello di guardie giurate. In un paese normale il posto di polizia dovrebbe essere allestito nell’arco di 24 ore. Questo ospedale in particolare è inserito in un contesto sociale ad alto rischio. Parliamo di un pubblico servizio salvavita che quotidianamente viene messo alla mercé di veri e propri delinquenti senza che si faccia nulla per modificare questo stato di cose. Siamo tutti professionisti qualificati, dopo una vita di studio e sacrifici, dopo anni di dedizione spesi per salvare la vita degli altri siamo nella condizione di temere ogni volta che andiamo a svolgere un turno. Io sono quasi al termine del mio percorso, pur potendo non ho mai rinunciato a restare in trincea e probabilmente anche dopo una notte terrificante come questa, concluderò qui la mia carriera ma molti giovani la pensano diversamente. Lo stillicidio delle fughe verso altri reparti rischia di diventare un’emorragia inarrestabile.

Dei ragazzi che avevo intorno stanotte non so quanti ne resteranno ancora tra qualche mese o qualche anno. I pronto soccorso degli ospedali sono presìdi di civiltà, oltre che un servizio essenziale per le comunità, una testimonianza concreta di cultura, di società civile, di democrazia che pur tra tante difficoltà testimonia regole, diritti ma anche doveri. Serve un argine al caos, all’anarchia, alla barbarie. alla violenza e alla prevaricazione. La morte di una persona è un dramma, un dolore immenso e talvolta inconsolabile per una famiglia ma nulla può giustificare tanta violenza gratuita. Quando accadono questi episodi il fallimento è di tutti. L’insicurezza, il rischio di subire questa rabbia senza oggetto e senza freni riguarda l’intera collettività. Un retaggio di modalità primitive”.

LA ASL 

Sul caso è intervenuto anche il direttore generale della Asl Napoli 1 Ciro Verdoliva: «Non si può andare avanti in questo modo, servono condanne esemplari e certezza della pena».  «Quello che è accaduto l’latra notte è inaccettabile, ed è inaccettabile che chi dovrebbe intervenire con risolutezza non lo faccia. Servono processi immediati e pene esemplari a carico di chi si macchia di questi reati. Siamo solidali con il nostro personale che ha dovuto subire l’ennesima aggressione e che, nonostante tutto, non ha smesso di dimostrare abnegazione e professionalità». Sono parole di solidarietà, ma anche di ferma condanna, quelle espresse dal direttore generale dell’Asl Napoli 1 Centro, Ciro Verdoliva, nel commentare un nuovo episodio di aggressione avvenuto ai danni del personale infermieristico in servizio. «Nonostante quanto accaduto – sottolinea Verdoliva – le vittime dell’aggressione hanno continuato ad aiutare i colleghi rimasti in servizio, i quali hanno dovuto assistere un uomo raggiunto da colpi di arma da fuoco in una sparatoria oltre a tutti gli altri pazienti». 

Il pugno al volto all’infermiere ha causato un trauma contusivo al cranio maxillo-facciale con ematoma al collo, giudicato guaribile in 21 giorni e un’infermiera, per la quale la prognosi è di 4 giorni. Il tutto, nonostante in pronto soccorso fossero già presenti uomini dell’arma dei carabinieri. I militari dell’arma erano intervenuti prontamente a seguito del protocollo – attivato dall’area triage – previsto proprio per casi come questi, ma non hanno potuto evitare un gesto tanto fulmineo e inatteso. «Prima ancora di pensare di avere presidi delle forze dell’ordine in ospedale – prosegue Verdoliva – è necessario che il legislatore persegua con determinazione la violenza a carico degli operatori della sanità nell’esercizio delle proprie funzioni.

È necessario che si intervenga in analogia a come lo si è giustamente fatto nei confronti della violenza contro le donne. Serve certezza della pena con processi rapidi e condanne esemplari, altrimenti questi “animali” continueranno ad imperversare nei nostri ospedali con il rischio che, prima o poi, ci si trovi a piangere un morto».  «Che siano proiettili, pugni, schiaffi o insulti, ogni colpo è un colpo che alla fine si ritorce contro tutta la collettività. Solitamente si dice “continuiamo a lavorare a testa bassa”, io invece dico che continuiamo a lavorare tutti insieme “a testa alta”; continuando a onorare il nostro motto “una Squadra al lavoro per garantire salute”. Una parte della popolazione si sente al di sopra della legge, c’è un senso di impunità, ed è su questo aspetto che bisogna assolutamente lavorare. Facciamo in modo che medici e infermieri siano eroi solo per il fatto di salvare vite umane, non per aver sacrificato la propria». 

GLI INFERMIERI

“Gli infermieri svolgono un essenziale servizio di pubblica utilità e solo per questo finora abbiamo garantito assistenza senza mai fermarci, anche operando in situazioni difficili, aggressioni e violenze comprese. Ma ora siamo allo stremo. Non sono bastati fin qui le denunce, gli appelli, gli allarmi lanciati alle forze dell’ordine e di Governo del territorio. Forse si attende il caso eclatante. Oppure che gli infermieri, esasperati e frustrati, incrocino le braccia per difendere il diritto all’integrità fisica, al rispetto, a  lavorare senza essere continuamente aggrediti, minacciati, offesi e vituperati”.

E’ quanto ha detto la presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Napoli Teresa Rea, appena informata della duplice aggressione ai danni di due infermieri avvenuta la notte scorsa, all’Ospedale dei Pellegrini. “Ringrazio il direttore generale dell’Asl Napoli 1, ingegnere Ciro Verdoliva, per la solidarietà manifestata e per la precisa presa di posizione contro ogni forma di violenza ai danni degli infermieri”, ha aggiunto la Presidente Rea, esprimendo “piena solidarietà dell’Ordine ai colleghi aggrediti“. Una vicinanza  – ha detto infine -che apprezziamo, ma che non attenua i sentimenti di rabbia, di paura e di sfiducia che pesano sui colleghi dell’ospedale dei Pellegrini e in tutti quelli che operano nei pronto soccorso dei nosocomi napoletani. A essi va la vicinanza e la comprensione di tutta la professione, messa ogni giorno alla prova da condizioni di lavoro ormai insostenibili”.

EPISODIO A FIRENZE

Ma l’allarme ospedali giunge da tutta Italia: «Gli episodi di violenza contro gli infermieri e tutto il personale sanitario sono in crescita ed è un dato intollerabile. Occorrono provvedimenti urgenti». Così David Nucci, presidente di Opi Firenze-Pistoia commenta l’episodio dell’infermiera presa a calci al pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria Annunziata di Bagno a Ripoli (Firenze). «A nome del nostro Ordine esprimiamo tutta la solidarietà alla collega che ha dovuto subire una tale aggressione – aggiunge in una nota -. Gli infermieri sono professionisti che dovrebbero essere messi in condizione di svolgere serenamente il proprio lavoro, non possono diventare la valvola di sfogo per eventuali inefficienze e ritardi del sistema. Sfogo da parte dei pazienti e dei loro familiari che, sia chiaro, resta in ogni caso del tutto ingiustificabile, come ogni violenza, stante le problematiche che a volte possono verificarsi». Per Nucci, «purtroppo continuiamo a essere costantemente esposti ad aggressioni e insulti, soprattutto quando prestiamo servizio in turni notturni».

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