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Un’altra ondata pandemica, a rischio la guarigione per i malati oncologici. Lettera aperta dei primari oncologi sugli effetti negativi del Covid

«Un’altra ondata pandemica Covid-19, così si rischia di allontanare la possibilità di guarigione per molti malati oncologici». È l’appello di Luigi Cavanna, presidente del Cipomo, Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri. Appello che è una lettera aperta.

Dopo quasi due anni di pandemia si assiste nuovamente ad una fortissima riduzione di attività diagnostiche e interventi chirurgici per molti pazienti e anche per i malati oncologici. Sicuramente qualcosa non ha funzionato e sarebbe corretto ammetterlo – spiega Luigi Cavanna -. Anche perché le soluzioni per evitare ulteriori ritardi e che i progressi raggiunti in termini di guarigione e di sopravvivenza per i malati oncologici vengano vanificati dalla pandemia ci sono: dal potenziamento reale della medicina territoriale alle cure precoci domiciliari fino all’utilizzo di medici pensionati e medici militare negli Hub vaccinali per far sì che i medici degli ospedali non siano sottratti ad attività fondamentali come la diagnostica”.

L’appello di Cipomo è forte e chiaro: “Cercheremo di tutelare i tanti cittadini che si ammalano di tumore, sono oltre mille ogni giorno, al fine di evitare che di fronte all’ennesima variante di Covid gli ospedali tornino in ginocchio, le diagnosi vengano ritardate e gli interventi chirurgici non eseguiti”.

Luigi Cavanna spiega “Le soluzioni ci sono e devono essere attuate, i mezzi di comunicazione provino a considerare che esistono purtroppo tante altre categorie di malati oltre ai pazienti Covid e molte malattie come il cancro sono tempo dipendenti e mentre un’alta percentuale di malati Covid può essere curata in sede extra ospedaliera, questo non è possibile per chi deve essere operato per un carcinoma del colon, dello stomaco, del polmone, della mammella o di altro tumore”.

Luigi Cavanna

“Sosteniamo – aggiunge Cavanna – che venga finalmente potenziata la medicina territoriale, che si sviluppino una volta per tutte le cure precoci domiciliari, in modo da lasciare liberi gli ospedali. In due anni di pandemia troppa poca ricerca è stata finalizzata alle cure precoci ed i drammatici risultati si stanno vedendo. Chi oggi, a gennaio 2022, ha bisogno dell’ospedale per patologie non Covid-19 rischia di non ricevere una cura adeguata, o comunque di gran lunga inferiore al gennaio 2020 (pre Covid).

Ora sono in commercio farmaci per bocca per le cure precoci a domicilio del Covid, si sviluppino quindi protocolli diagnostico/terapeutici su base scientifica per le cure domiciliari e si raccolgano i dati e si faccia ricerca. La cura precoce domiciliare deve prevedere un approccio multidisciplinare tra medici del territorio, medici specialisti ospedalieri, medici delle unità speciali di continuità assistenziale (Usca). L’obiettivo deve essere quello di ridurre i ricoveri e lasciare liberi gli ospedali per pazienti non Covid.

I vaccini. Negli Hub vaccinali non vengano dirottati i medici degli ospedali, sottratti ad attività fondamentali come la diagnostica (endoscopie, ecografie, ecc) con conseguente impatto molto negativo sui tempi di diagnosi. Si chiamino medici pensionati, si dia l’incarico a medici militari, ecc.

Infine la comunicazione. Troppi “virologi”, terminologia introdotta per il grande pubblico, parlano della pandemia “alzando i toni” l’uno contro l’altro, spesso ridicolizzando chi la pensa diversamente. Non va bene. Abbiamo imparato anni fa, durante le manifestazioni a sostegno della “cura di Bella” che ridicolizzare, parlare con arroganza, non paga, anzi spesso si ottiene l’effetto opposto. Sarebbe opportuno che si parlasse con più umiltà, avendo il coraggio di dire che molti aspetti ancora non si conoscono e qualche volta dire “non lo so”, si deve cercare di unire le persone, infondere tolleranza, fiducia e rispetto, anche per chi la pensa diversamente”.

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