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Salute mentale, fari su quantità e qualità dei servizi in Italia

La centralità dei Dipartimenti di Salute Mentale, il nodo delle risorse insufficienti e del personale carente. La Regione Emilia Romagna ha destinato circa 40 milioni di euro nel 2023 per i servizi di salute mentale per 170 mila malati

Motore Sanità, in collaborazione con la sezione emiliano-romagnola della Società Italiana di Psichiatria, ha affrontato il tema insieme al Coordinamento nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale in Italia in un tavolo di approfondimento che si è svolto di recente a Bologna, con il patrocinio de Il Cerchio Fareassieme Onlus e il contributo incondizionato di Angelini Pharma e Project Way e che ha coinvolto professionisti, specialisti ricercatori, associazioni di pazienti e amministratori della cosa pubblica.

Salute mentale, il nodo è nelle risorse: ben al di sotto della soglia del 5% del Fondo sanitario nazionale. Esigue se rapportate agli stanziamenti di altri Paesi europei (l’Italia impiega mediamente meno del 2,9%, contro il 7% della Francia e il 9% della Germania), a fronte di una crescente domanda di servizi ospedalieri e territoriali in un quadro epidemiologico che fa registrare un vero e proprio boom di disturbi, tanto da disegnare una quasi emergenza dopo la pandemia.

Il tema della Salute mentale riveste un’importanza fondamentale all’interno delle politiche regionali – ha raccontato Daniele Marchetti, consigliere regionale dell’Emilia Romagna –; il lavoro da compiere in questo ambito è ancora considerevole. Siamo impegnati nell’assemblea legislativa in una riforma complessiva del servizio sanitario regionale, che includa un nuovo piano per la salute mentale per una maggiore integrazione tra i servizi del Centro di Salute Mentale e i servizi sociosanitari territoriali”.

Una sentenza della Corte Costituzionale – ha aggiunto Alessio Saponaro, responsabile Salute mentale e Dipendenze patologiche Regione Emilia Romagna – ha evidenziato significative differenze negli indicatori di Salute mentale, una variabilità che ha implicazioni cruciali per la gestione e i finanziamenti dei servizi. In Regione Emilia-Romagna, ci stiamo impegnando in collaborazione con la Bocconi per affrontare le difficoltà finanziarie e ridefinire le strategie, ma rimane un’importante sfida garantire risorse adeguate. Stiamo affrontando un aumento preoccupante dei disturbi psichiatrici tra i giovani, ma non stiamo investendo abbastanza in questo settore. Abbiamo anche lavorato su una cartella clinica informatizzata unica per migliorare la comunicazione tra i diversi servizi e promuovere un approccio integrato”.

Pasquale Gerace, consigliere regionale e medico di base ha proposto una breve riflessione sulla legge Basaglia a 40 anni dalla sua approvazione: “L’Emilia-Romagna non è immune da queste sfide, ma ha rinnovato il suo impegno economico destinando circa 40 milioni di euro nel 2023 per i servizi di salute mentale a beneficio di circa 170 mila cittadini, parte di un impegno costante che mira a migliorare i servizi sanitari, compresa l’assistenza alla salute mentale”.

Ad introdurre il tema spinoso della delega del controllo della pericolosità sociale alla psichiatria ci ha pensato Enrico Rossi, responsabile dei rapporti con le Regioni di Motore Sanità facendo riferimento alla legge 81 del 2014 che delega le cure per le persone affette da disturbi mentali, autrici di reati, in strutture detentive, case di cura e custodia o le Rems che sta creando situazioni problematiche per la sicurezza dei lavoratori del settore. “È chiaro che qualcosa non funziona completamente, come confermato anche dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2022, che ha richiesto un riequilibrio nella delega della pericolosità sociale”.

Marco Menchetti, associato di Psichiatria all’Alma Mater Studiorum, Università di Bologna ha ricordato la centralità della cartella clinica elettronica: “La Regione ha istituito tavoli di lavoro per individuare i migliori percorsi e interventi per utenti complessi”.

Qualità e quantità, ossia “Value”, nella cultura anglosassone, sono cruciali per la salute mentale, non si limita al valore economico, ma include l’analisi di una prestazione o di un percorso sanitario – ha aggiunto Fabrizio Starace, presidente della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica – e richiede uno spostamento di prospettiva rispetto alla tradizionale enfasi sulle “evidenze”, da limitare a ciò che è solidamente dimostrato scientificamente ed è essenziale considerare anche il punto di vista del paziente e dei caregiver valutando esiti, risultati attesi e desiderati e confrontandoli con i costi necessari per ottenerli andando oltre la mera riduzione dei sintomi, considerando anche il ripristino delle relazioni significative e delle opportunità di vita”.

Strumenti e riflessioni per la qualità dei servizi di Salute mentale in Italia, l’esperienza del Progetto QUADIM (qualità nella cura dei disturbi mentali) nei DSM italiani, la Joint Action europea ImpleMENTAL, le pratiche di riabilitazione e poi Epidemiologia e caratteristiche dei dipartimenti di salute mentale, servizi che ascoltano gli utenti esperti nei servizi di salute mentale, supporto del care giver, i focus approfonditi nel corso delle sessioni.

Centrale per migliorare la qualità delle cure, la raccolta e l’elaborazione dei dati: Antonio Lora, già direttore di Dipartimento di Salute mentale della ASST di Lecco ha parlato del progetto QUADIM Qualità della cura nei Disturbi mentali), promosso tramite il Centro di coordinamento del Ministero della Sanità (CCM) da cui è finanziato col coordinamento dalla Regione Lombardia. Lavoro che ha coinvolto anche Teresa Di Fiandra, consulente per l’Istituto Superiore di Sanità e per la Regione Lombardia. “Abbiamo lavorato alla definizione di un set di indicatori per monitorare l’attività dei servizi durante l’implementazione delle pratiche, al fine di valutarne l’efficacia nel lungo termine al fine di garantire un miglioramento costante delle cure offerte. Complessivamente, il nostro obiettivo è quello di promuovere un approccio integrato alla salute mentale in Europa, basato sull’implementazione di buone pratiche e sulla valutazione continua dei risultati”.

Tra i partecipanti rappresentanti dell’Istituto Superiore di Sanità come Teresa di Fiandra, e dell’Istituto Mario Negri come Angelo Barbato. Inoltre, rappresentanti della Regione Lombardia, Emilia-Romagna con Alessio Saponaro, della Regione Lazio e della Regione Sicilia. Fari puntati anche sull’influenza del luogo di residenza: la “lotteria del Codice postale” sulla qualità della cura ricevuta tra le regioni e nell’ambito dello steso territorio.

Gli indicatori proposti da QUADIM sono stati inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) per la Salute Mentale, offrendo uno strumento utile per valutare la qualità dei servizi e guidare le decisioni politiche.

Ad accendere i fari sulle pratiche di riabilitazione in Italia Paola Carozza, direttore del Centro di salute Mentale ovest Asl di Ferrara. La riabilitazione psichiatrica è partita dalla deistituzionalizzazione, dove era vista come recupero di dignità e diritti. Sono emerse criticità legate alla mancanza di struttura e alla resistenza al cambiamento da parte degli operatori. Esistono pregiudizi verso le procedure e le tecniche riabilitative, che spesso derivano da una formazione storica insufficiente. “È cruciale superare la tolleranza verso l’incompetenza e garantire una formazione continua basata sull’evidenza”.

Giuseppe Ducci, direttore del Dipartimento di Salute Mentale Asl Roma1, ha ricordato le norme che disciplinano le attività dei Dsm in Italia. Si parla di 118 unità con un bacino utenza che varia da circa 200.000 a circa 1 milione e mezzo di abitanti. Il 60% sono inclusivi dell’età evolutiva e delle dipendenze. Cosa fanno i dipartimenti di salute mentale in Italia o dovrebbero fare? “Innanzitutto la promozione della salute mentale nelle scuole, nelle famiglie, nei consultori attraverso interventi di educazione sanitaria, stili di vita, igiene e prevenzione eccetera. Poi screening precoci di patologie come la sindrome alcolica fetale, i disturbi postpartum, i disturbi specifici e dello spettro autistico e la DHD (Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività). Fanno anche consulenza, assunzione in cura e soprattutto presa in carico, sia per i disturbi emotivi comuni che per le malattie mentali gravi. Poi, si occupano della restituzione sociale soprattutto attraverso strumenti come il supported housing, il supported employment e la ricostruzione della rete sociale. Il 40% dei pazienti seguiti dai dipartimenti presenta un disturbo mentale grave, quindi schizofrenici, disturbi dell’umore e disturbi della personalità prevalentemente del Cluster B. Il 60% ha un disturbo emotivo comune, presentano una prevalenza maggiore rispetto ai disturbi mentali gravi. Ma è evidente che i dipartimenti svolgono una funzione di secondo livello e quindi la percentuale di disturbi mentali gravi è più ampia di quella che è rappresentata dall’epidemia generale”. Una recentissima enorme metanalisi del 2022 su 192 studi epidemiologici, ha sottolineato Ducci, ci dice che i disturbi mentali più incidenti sono quattro: del neurosviluppo, d’ansia, ossessivo-compulsivi e dell’alimentazione, che hanno dei picchi di insorgenza. L’età è sempre più bassa. L’epigenetica è diventata centrale, in particolare lo studio Caspi sul fattore psicopatologico generale, che ci dice come l’inadeguatezza delle relazioni precoci incide con modalità epigenetiche sullo sviluppo della mente, del cervello e quindi della mente. La prima criticità enorme dei dipartimenti di salute mentale italiani è rappresentata dal personale: abbiamo meno il 40% di quello che viene prescritto dagli standard AGENAS in media, un enorme gap. Non abbiamo nessuna valutazione di esito su scala nazionale e questo è un problema enorme. Non abbiamo il monitoraggio di linee guida e di raccomandazioni. Anche il sistema delle raccomandazioni non è monitorato a livello nazionale in modo adeguato. Soltanto il 60% dei Dipartimenti di salute mentale presenta poi un modello inclusivo, ma anche per altri aspetti ci sono delle grandissime diversità non solo tra regione e regione, ma anche all’interno della stessa regione, tra dipartimento e dipartimento. E poi, abbiamo un’enorme criticità che è rappresentata dall’esplosione dei cosiddetti autori di reato che in molti casi sono pazienti psichiatrici, per modo di dire, nel senso che ormai i grandi disturbi di personalità, ma anche il disturbo antisociale, non può essere considerato come motivo di incapacità e quindi di non punibilità. E questo ricade sui Dipartimenti di salute mentale che oggi si trovano, per un gruppo anche limitato di pazienti, a dover investire risorse amplissime.

Quali possono essere le innovazioni dei Dipartimenti di salute mentale, a fronte sia degli aspetti critici sia delle conoscenze che si sono verificate? Innanzitutto, creare servizi orientati alla presa in carico dalla nascita ai 25 anni, cioè coprire tutta la fase più importante dello sviluppo mentale, sia nella fase legata all’ambito familiare, che è quella dalla nascita alla pubertà, e sia quella legata al contatto con i coetanei, che quella dalla pubertà ai 25 anni. Creare servizi dedicati ad alcune patologie, in particolare puntare l’accento sulle patologie peripartum e sul maltreatment che non è il maltrattamento, ma l’inadeguatezza genitoriale precoce che deriva in molti casi da patologie peripartum e prepartum. I servizi dovrebbero essere integrati in tutte le fasi dell’intervento, mettere insieme competenze e servizi nella valutazione anche nel trattamento perché ormai la comorbilità inestricabile è la regola. Creare poi servizi di psichiatria forense senza dover subire magistrati e periti che in molti casi si muovono secondo modalità che non sono adeguate al funzionamento dei dipartimenti. Cominciare a muoversi verso la realtà virtuale e la realtà aumentata, cure con realtà virtuale per la riabilitazione sulla Working Memory, sulle stime cognitive. E poi andare verso l’inclusione della disabilità degli adulti e degli anziani che nei distretti non funziona.

Significativi anche gli interventi sui Servizi che ascoltano gli utenti di Fabio Lucchi, Direttore psichiatria Sud dell’Ausl di Bologna e sul contributo degli esperti in supporto tra pari di Marco Trevia, Direttore di Servizio Salute Mentale a Reggio Emilia, di Andrea Puecher, Presidente “Il Cerchiofareassieme” Onlus.

Infine la questione organizzativa affrontata da Michele Sanza, direttore DSM DP Forlì-Cesena e Marco Menchetti, associato di Psichiatria dipartimento di Scienze biomediche e Neuromotorie Alma Mater Studiorum Università di Bologna, con Sanza che si è soffermato sulla diffusione delle terapie Evidence based per il disturbo bordeline di personalità che colpisce circa l’1,3-1,4% della popolazione negli Stati Uniti e leggermente meno in Europa. “Disturbo che sembra manifestarsi maggiormente con i cambiamenti sociali, legati alla disregolazione emotiva, emersi soprattutto tra i giovani dopo il lockdown, con comportamenti alimentari disfunzionali, autolesionismo, aggressività e ritiro sociale”.

Quindi, il disturbo borderline resta un problema rilevante di salute pubblica, soprattutto per i servizi di salute mentale che devono ancora sviluppare competenze specifiche nella convinzione che i disturbi di personalità siano immutabili e non trattabili. Al contrario possono evolvere naturalmente e rispondere a trattamenti psicosociali, come le psicoterapie strutturate. Tuttavia, c’è ancora una sfida nel tradurre questa conoscenza nella pratica clinica effettiva, non solo per i disturbi di personalità ma anche per altre psicopatologie. Infine le nuove frontiere dell’urgenza psichiatrica in ospedale affrontate da Roberto Zanfini, direttore del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura Ravenna AUSL della Romagna, il nuovo controllo sociale affidato a Enrico Zanalda, Direttore DISM ASLTO 3 e AOU San Luigi Gonzaga, Torino e le conclusioni affidate a Emi Bondi, Presidente SIP (Società Italiana di Psichiatria) e Nadia Magnani, Segretaria SIEP (Società Italiana Epidemiologia Psichiatrica). “Il numero di persone coinvolte nei servizi, sia come utenti che come autori di reato, è notevolmente aumentato – ha detto Bondi – rispetto al periodo precedente alla legge 81. Affrontare questa situazione richiede non solo maggiori risorse a livello di servizi per prevenire situazioni di disagio e difficoltà, ma anche un approccio più completo in termini di cura, terapia e riabilitazione”.

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