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Morbillo, troppi casi: allarme dell’Istituto superiore di Sanità 

L’infezione virale è la più contagiosa. Preoccupano i dati del Lazio, Sicilia e Toscana. Andreoni: rilanciare la campagna vaccinale 

Quella contro il morbillo è una dieci vaccinazioni obbligatorie dell’infanzia 

Eppure l’Istituto superiore di sanità lancia un allarme: in tre mesi oltre 200 episodi in Italia con un record di casi registrato a febbraio. A preoccupare sono soprattutto le complicanze che possono verificarsi nei pazienti in età adulta

Dall’inizio dell’anno l’aumento dell’incidenza si è registrato soprattutto in alcune aree del Paese: Lazio, Sicilia e Toscana (68% dei casi). Dall’analisi dei dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità, dall’inizio del 2024 e fino alla fine dello scorso marzo sono stati registrati 213 infezioni (34 a gennaio, 93 a febbraio e 86 a marzo) e oltre l’88 per cento dei casi è a carico di persone non vaccinate, 18 importati dall’estero. In termini epidemiologici l’incidenza è attestata a 14,5 casi per milione di abitanti. Un aumento significativo rispetto allo scorso anno quando complessivamente si sono contati lungo lo Stivale in tutto 44 casi. L’incidenza maggiore è stata registrata nel Lazio e sul totale 56 casi (ossia il 26,3%) ha provocato una trasmissione in ambito comunitario o familiare e provocato almeno una complicanza. 

Nell’infezione da morbillo causata da un virus a RNA del genere Morbillivirus (famiglia dei Paramyxoviridae), di cui esiste un unico sierotipo le complicanze più gravi sono la polmonite (che può complicare 1- 6% dei casi) e l’encefalite acuta (0,1% o 1 caso su 1000). Altre complicanze includono l’otite media, la laringotracheobronchite, la diarrea, la disidratazione, la cheratite, la trombocitopenia e le convulsioni febbrili.

Mentre dunque il Covid viene ulteriormente declassato tanto che la cabina di regia del ministero si riunirà una volta al mese anziché ogni settimana altre emergenze infettivologiche si affacciano all’orizzonte.  Il riemergere del morbillo è tra questi non foss’altro per il fatto che rappresenta la malattia virale con il più alto indice di contagiosità conosciuto (un paziente infetto può contagiare fino a 18 persone nelle famiglie e in comunità nella finestra in cui risulta appunto contagioso (da cinque giorno dopo l’avvenuto contatto a una settimana dopo la scomparsa dell’esantema). Solo Sars-Cov-2 in alcune versioni e in alcune fasi della pandemia gli ha conteso questo primato.  In pratica il 90% delle persone suscettibili esposte a una persona infetta contrae la malattia. Chi non si ammala è perché ha una immunità naturale che lo protegge e risulta di fatto refrattario e resistente all’infezione. Il contagio avviene per via aerea, tramite le goccioline respiratorie che si diffondono nell’aria quando il malato tossisce o starnutisce, o toccando gli oggetti contaminati dalle goccioline volatili.

«Come accaduto in altri Paesi europei anche in Italia stiamo registrando un aumento dei casi di morbillo frutto del ridotto tasso di vaccinazione registrato nell’ultimo anno. Ricordiamo che il morbillo ha una letalità che arriva a un decesso ogni mille casi e comunque in età adulta può portare a complicanze gravi. Richiesto dunque il rilancio di una campagna di sensibilizzazione sulla prevenzione vaccinale per riportarla al 95 per cento di copertura». Così Massimo Andreoni, direttore scientifico Simit (Società italiana di malattie infettive). In pratica anche il morbillo risente dello scetticismo verso i vaccini registrato nella fase post-Covid. Se la vaccinazione è obbligatoria per i bambini (dal 2017 insieme alla profilassi contro difterite, tetano, poliomielite ed epatite B lo sono già da molti anni mentre quelle contro pertosse, haemophilus influenzae di tipo b, morbillo, parotite, rosolia e varicella) per le coorti di adulti non vaccinati non ci sono nelle regioni piani di recupero vaccinale e comunque nei paesi Ocse risulta che la vaccinazione anche pediatrica non raggiunge i livelli raccomandati. In Italia la copertura raggiunta nel 2022 è stata del 94 per cento per la prima somministrazione e dell’85 per cento per la seconda e per le seconde si registra un calo di copertura del 3 per cento. Esposti sono soprattutto gli anziani e gli over 40 in generale, cioè quella generazione precedente all’entrata in vigore delle norme sul vaccino diffuso.

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