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Tumore del colon, Francesco Selvaggi (Università Vanvitelli di Napoli): «Vi spiego cos’è e come si tratta il tumore che ha colpito Totò Schillaci»

Incidenza, prevenzione e nuove prospettive di cura

C’è tanta apprensione per le condizioni di salute dell’ex azzurro Totò Schillaci, ricoverato nel reparto di Pneumologia dell’ospedale Civico di Palermo. Le sue condizioni sarebbero serie ma stazionarie, stando a quanto riportato dall’Ansa che cita la direzione sanitaria dell’ospedale. A mettere a rischio la salute del campione delle notti magiche è stato un tumore al colon.

Tumore del colon: incidenza, prevenzione e nuove prospettive di cura

Proprio la storia di Totò Schillaci ha acceso un riflettore sul tumore del colon che, è bene sottolinearlo, è una delle neoplasie più diffuse in Italia. Si stima che sia la terza neoplasia per incidenza dopo i tumori alla mammella e alla prostata. Non meraviglia che ogni anno in Italia si registrano circa 50mila nuove diagnosi, con una distribuzione di 27mila casi negli uomini e 23mila nelle donne.

La prognosi: l’importanza della diagnosi precoce

Ma è possibile guarire da un tumore del colon? Gli esperti ci dicono di sì, ma «è fondamentale arrivare ad una diagnosi prima che la situazione sia compromessa», spiega il professor Francesco Selvaggi, ordinario di Chirurgia e primario del reparto di Chirurgia colorettale presso l’Università Vanvitelli di Napoli, un punto di riferimento in Italia per la gestione di queste neoplasie.

Chirurgia personalizzata

Uno dei principali cambiamenti nel trattamento dei tumori colorettali è rappresentato dall’utilizzo della terapia neoadiuvante, una combinazione di chemio e radioterapia che permette di ridurre il volume del tumore prima dell’intervento chirurgico. Questo approccio, noto come Total Neoadjuvant Therapy (TNT), ha rivoluzionato la pratica chirurgica consentendo interventi sempre meno invasivi e più conservativi.«Grazie alla terapia neoadiuvante – spiega Selvaggi – possiamo intervenire in modo mirato, con operazioni meno demolitrici e più rispettose della conservazione dell’organo». Questo consente ai chirurghi di ridurre drasticamente le complicazioni post-operatorie e preservare la qualità della vita dei pazienti. Il risultato è una chirurgia sempre più tarata sulle caratteristiche del paziente, cucita su misura per le specifiche condizioni di ciascun paziente.

Prevenzione e diagnosi precoce

Tuttavia, l’efficacia della chirurgia e delle terapie oncologiche dipende in gran parte dalla diagnosi precoce. Selvaggi sottolinea l’importanza della prevenzione, che può fare la differenza tra un intervento complesso e uno più semplice e risolutivo. La visita specialistica è oggi considerata la prima linea di difesa, seguita da esami più approfonditi in caso di sospetti.

Lo screening di massa, che include la ricerca di sangue occulto nelle feci e, in caso di positività, una colonscopia, è fondamentale per identificare la presenza di polipi, spesso asintomatici, che possono evolvere in tumori maligni. I polipi, infatti, non causano sintomi evidenti, e questo rappresenta uno dei principali ostacoli a una diagnosi tempestiva. Solo in presenza di sanguinamento o di sintomi specifici come anemia, perdita di peso, stanchezza, stitichezza ostinata o diarrea alternata, si può sospettare la presenza di un tumore. Sullo screening di massa, Selvaggi ricorda che in Italia è consigliato dai 50 anni, ma andrebbe anticipato a 45 anni vista l’insorgenza sempre più precoce della malattia.

Immunoterapia neoadiuvante e approcci mininvasivi

Una delle innovazioni più promettenti riguarda l’immunoterapia neoadiuvante, che ha mostrato risultati straordinari per pazienti con specifiche predisposizioni genetiche, come la dMMR (deficit del mismatch repair). Recenti studi presentati all’European Society Medical Oncology (ESMO) di Parigi hanno evidenziato i benefici di questo trattamento per migliorare le probabilità di successo chirurgico e ridurre la necessità di interventi altamente invasivi.

Per alcuni pazienti, inoltre, l’accesso chirurgico avviene per via transrettale, una procedura mininvasiva che riduce il trauma operatorio e accelera il recupero post- intervento. Questa tecnica permette di intervenire sul tumore senza compromettere la funzione dell’organo e limita significativamente le complicazioni post-operatorie, favorendo una ripresa più rapida e una migliore qualità della vita.

Un approccio multidisciplinare

La complessità del trattamento del tumore colorettale richiede un approccio integrato e multidisciplinare, come quello adottato presso il reparto di Selvaggi alla Vanvitelli di Napoli. Qui, i pazienti sono seguiti dai Gruppi Oncologici Multidisciplinari (GOM), che includono non solo chirurghi, ma anche oncologi, radiologi, radioterapisti, anatomopatologi, gastroenterologi e psicologi. Questo approccio coordinato garantisce una gestione ottimale della malattia in tutte le sue fasi, dal momento della diagnosi fino alla completa guarigione o al controllo delle recidive.

Il futuro della chirurgia colorettale

La chirurgia per il tumore del colon e del retto è un campo in continua evoluzione, con tecniche sempre più avanzate che offrono prospettive di cura sempre migliori. «Grazie al supporto della direzione generale guidata dal dottor Ferdinando Russo – conclude Selvaggi – abbiamo realizzato un’offerta assistenziale di altissimo livello, rendendo il nostro reparto un polo di attrazione anche per pazienti provenienti da altre regioni».

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